La Jornada 19 giugno 2005
Nonostante i ritiri annunciati, l'azione degli effettivi militari non è diminuita
CHIAPAS: PERFINO LE COMUNITÀ PRIISTE MOSTRANO INSOFFERENZA PER LA PRESENZA DELL'ESERCITO

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Chenalho, Chis. 18 giugno - Le manifestazioni di malcontento per la militarizzazione delle comunità indigene stanno aumentando anche nelle colonie priiste, presuntamene "alleate" delle truppe federali. Tuttavia, a Chenalhó nessuno sa perché l'Esercito federale ha rimosso i suoi accampamenti di Los Chorros e X'oyep, comunità di questo municipio tzotzil, e tanto meno se questi movimenti sono in relazione con il ritiro di altre quattro posizioni castrensi fuori della zona di conflitto, nei municipi di Bochil ed Ixtapa (vicini agli Altos, in direzione di Tuxtla Gutiérrez) oltre a Suchiate e Huixtla (nella lontana regione di confine a sud dello stato).

Oltre a dire che i movimenti rispondono a questioni "interne" della Segreteria della Difesa Nazionale, le autorità castrensi non hanno offerto nessuna spiegazione sui fatti riportati dai mezzi di comunicazione e che hanno prodotto un'inquietudine mal dissimulata tra le autorità municipali ufficiali priiste (ed anche perrediste, come nel caso di Bochil).

Paradossalmente, questi ritiri isolati sono serviti per ricordare, un'altra volta, quanto sia militarizzata la regione indigena del Chiapas, in maniera permanente da più di 10 anni. Di 114 posizioni militari registrate in Chiapas attualmente, 94 si trovano nella cosiddetta zona di conflitto e coincidono con i territori indigeni (secondo i rilevamenti eseguiti dal Centro di Analisi Politica e Ricerche Sociali ed Economiche tra il 2004 e 2005).

Durante i sei anni di presidenza Fox, le truppe federali hanno adottato una certa "invisibilità" rimuovendo diversi posti di blocco. Ma, contrariamente a quanto si vuole dare ad intendere, l'Esercito federale non ha mai ritirato le sue truppe dal Chiapas. Solo a Chenalhó ci sono nove postazioni (se togliamo le due abbandonate), e se si considera il suo ridotto territorio è, più delle vallate della selva Lacandona, il territorio più militarizzato del paese.

Naturalmente, il rifiuto della presenza militare è stato una costante delle comunità e dei municipi ribelli. Anche di organizzazioni indipendenti come Las Abejas e Xi'Nich, e progressivamente di organizzazioni filogovernative come ARIC Indipendente. La novità è che ora sono le comunità priiste - cioè, quelle che veramente convivono con i soldati - quelle che manifestano dissenso. Succede ad Emiliano Zapata (Tila), Monte Libano (Ocosingo), Vicente Guerrero (Las Margaritas) e a Los Chorros e Yabteclum (Chenalhó).

La cintura di comunità priiste che circonda il municipio autonomo zapatista di San Pedro Polhó mostra, di fatto, che sono parte di una colonia militare nella forma, come si vede a Yabteclum, Majomut, Acteal, Las Limas e Takiukum.

"Influenzano la vita quotidiana di tutti", dice Porfirio, abitante di Tzajalucum che esita a definirsi priista, ma che sicuramente lo è. "Stanno lì (i soldati). Si avvicinano alle case. Alcuni li ricevono. Forse, non si può fare diversamente. La gente non è contenta. Ne traggono beneficio solo pochi che vendono loro cibo ed altre cose".

Interrogato sull'impatto dei programmi sociali del governo, risponde che "non bastano a risolvere i nostri bisogni, ed a volte non arrivano". Invece, furgoncini nuovi con il logo del programma Oportunidades e del governo federale vanno e vengono per Los Altos, come i camion con materiale di costruzione.

Fuori dei territori autonomi, sembrerebbe che la politica si riduca alla gestione di denaro, programmi e progetti governativi. I deputati di PRI e PRD, il delegato per il dialogo, Luis H. Alvarez, i delegati del governo statale ed i presidenti municipali sono lì per questo, o almeno così dicono. Ma le carenze ancestrali non si risolvono, ma peggiorano.

Migranti morti

Non esistono ancora dati ufficiali sulla migrazione lavorativa degli indigeni tzotziles ne Los Altos, ma tutto indica che Chenalhó è il maggiore espulsore di manodopera dopo Chamula. Un dato drammatico: comunità priiste di questo municipio hanno ricevuto recentemente i cadaveri di sei giovani, morti nel tentativo per attraversare la frontiera con gli Stati Uniti.

Le controversie sul lavoro ed i lavoratori del settore salute hanno rivelato, collateralmente, i progressi dell'autonomia zapatista in entrambi gli ambiti. Succede lì dove non ci sono "programmi" né grandi investimenti, dove nessun funzionario si intromette nelle decisioni comunitarie, dove gli indigeni non stanno più ad aspettare gli "aiuti" del governo (il pozzo senza fondo delle comunità filogovernative).

Addirittura, martedì scorso, il segretario generale della sezione 50 del Sindacato Nazionale dei Lavoratori della Sanità, Victor Hugo Zavaleta Ruiz, ha dichiarato che i servizi delle comunità zapatiste "sono un esempio per i servizi sanitari che offre il governo", ed ha pure azzardato che "gli indici di malattia dovrebbero essere inferiori tra chi riceve assistenza dal sistema sanitario governativo".

Lo scontento del personale istituzionale per la mancanza di medicine, personale generico e specializzato, ha provocato pesanti proteste nelle settimane scorse. Così, le parole di Zavaleta Ruiz sono interessanti. Gli zapatisti, ha dichiarato, "non si rivolgono ai centri di salute pubblici, ma vanno dai loro perché hanno personale medico per l'assistenza dei pazienti delle comunità" [Cuarto Poder, 15 giugno].

Il leader sindacale ha encomiato in particolare la clinica di Oventic, assicurando che gli zapatisti, attraverso le giunte di buon governo, "formano tecnici a livello scientifico per l'assistenza sanitaria di base. Li formano molto bene affinché l'assistenza sia completa".

Al di là delle prese di posizione contro il governo statale, queste dichiarazioni (che sia in ambito sanitario che educativo non sono isolate ma solo le più recenti), rivelano che perfino dalle file governative si riconosce che l'autonomia degli indigeni sta dimostrando che un altro modo è possibile.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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