La Jornada - domenica 14 agosto 2005
Riunione dei popoli indigeni convocata dall'EZLN
MOLTI MONDI, UNA SOLA RICHIESTA: LA FINE DELL'OPPRESSIONE
Oltre 51 organizzazioni del paese manifestano il loro sostegno alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Comunità autonoma zapatista Javier Hernández, Chis., 13 agosto - Avvolto dalla forza aerea wixárika dei tanti colori che adornano il suo bianco abito, elegante e quotidiano, il delegato di Santa Catarina Cuexcomatitlán, Jalisco, è stato forse l'oratore più breve del lungo giorno di riunione dei popoli indigeni svoltasi oggi nella periferia della comunità tzeltal Carmen Pataté, convocata dall'EZLN: "Io credo che siamo milioni noi che stiamo lottando e dobbiamo continuare a resistere agli oppressori. Non credo che ci potranno vincere".

Decine di aeroplani supersonici volteggiavano in tutte le direzioni nel tessuto sintetico dai vivaci colori verde, rosso, giallo, ecc., mentre si congratulava con le giunte di buon governo zapatiste che hanno adottato due anni fa una forma di governo che i wixaritari (o huicholes) hanno praticato "per migliaia di anni". L'indigeno è giunto qui come arriva in qualunque posto per lontano che sia: tranquillo, fresco, attento come un detective. Mi ha fatto piacere rivederlo.

Lui è stato solo uno delle decine di portavoce, dirigenti e delegati di 51 organizzazioni, provenienti da quasi tutte le entità indigene del paese. Senza eccezione, tutti si sono uniti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, nonostante alcuni avessero qualche osservazione o riserva, come l'OIDHO e il CIPO-Flores Magón, di Oaxaca.

Con l'eloquenza di chi parla del reale dalla realtà, uno dopo l'altro, i partecipanti hanno rivolto messaggi rilevanti, dolorosi e forti. Al di là del risentimento storico, hanno mostrato di avere le stesse rivendicazioni, e nelle loro bocche non suonava forzata il parola "fratello".

P'urépechas, nahuas di molti stati, mixtecos, zapotecos, mayas, nanhñú, mazahuas, triquis, huicholes, amuzgos, cuicatecos, rarámuris, yaquis, totonacos (che hanno spiegato che nella loro lingua "naco" significa "cuore" e che i naqueen ne vanno orgogliosi: "ringraziamo che ci chiama nacos"), tzeltales, mixes, zoques, tzotziles, pames, huastecos, choles, amuzgos, tlapanecos.... Praticamente, tutti membri del Congresso Nazionale Indigeno (CNI).

Con il volto coperto, i comandanti e le comandanti della Commissione Sesta hanno ascoltato il rappresentante di Nurío che diceva: "La vostra parola è la nostra". E se si pensa che per questo i messaggi siano stati ripetitivi, si incorre in un errore.

Ogni popolo è un mondo. Ed oggi, qui, tra tutti, hanno enumerato la totalità dell'agenda indigena nazionale. Come si è chiesta una rappresentante otomí in uno degli interventi più forti della giornata: "Che c'è di male in quello che facciamo, se tutti abbiamo le stesse rivendicazioni?".

Appartenente al Blocco delle Organizzazioni Indigene di Città del Messico e indossando un abito blu elettrico, ha raccontato rapidamente la storia del suo popolo nel Distretto Federale: "Nel 1940 i nostri nonni sono venuti qui a cercare lavoro. Si sono imbattuti in gente che non ti ascolta, che non ti capisce, che non sa quello che vuoi. Non avevano dove vivere. I nostri nonni erano commercianti, operai, muratori, scaricatori, lustrascarpe. Ci discriminarono. L'unica cosa che abbiamo ottenuto è stato il rifiuto. La gente pensa che siamo mostri. Pensa che siamo gente che non pensa".

Il subcomandante Marcos ha perfino smesso di prendere appunti per ascoltare meglio questa donna agli antipodi dello stereotipo televisivo dell'India María. Lei ha proseguito: "Nel 1970 abbiamo iniziato una lotta con i nostri padri per difendere i nostri diritti. Non abbiamo rubato. Con molto orgoglio. Abbiamo lavorato per vivere degnamente".

Ha ammesso: "Siamo stati molto lenti, ma nel 1994, qui i compagni presenti hanno sacrificato molte vite per tutti noi, indigeni e non indigeni. Siamo stati attenti ai compagni (zapatisti). Ci interessa questa lotta perché è di tutti". Ha ricordato che la sua organizzazione era nel CNI a Nurío, la sua partecipazione alle carovane, le sue visite nelle comunità zapatiste, i suoi incontri con i comandanti indigeni ed i governi autonomi, e la "parola che portiamo nelle nostre comunità". "Con l'allerta rossa non ci siamo fermati. Siamo stati in attesa dei comunicati". Ed ha concluso: "Lottiamo per le stesse rivendicazioni di educazione, casa, salute. Lottiamo per la libertà, per la giustizia e per la democrazia".

Ha fatto riferimento al momento attuale di Città del Messico i cui governanti "sono i perni" per reprimere gli indigeni e fanno leggi, fanno decreti. Cita la Legge Civica che è servita per scacciare la gente dalle strade. C'è un decreto per il recupero di Città del Messico pensato per sgomberare e derubare i lavoratori indios.

Le lotte di tutti

È stato costante il rifiuto dei tre partiti politici che governano il paese e gli stati. Le critiche e denunce più numerose e più forti sono arrivate da Oaxaca: carcerati, morti, feriti, sgomberati, attacchi paramilitari, esilio, ingiustizia istituzionale. OIDHO, UNOSJO, Servicios del Pueblo Mixe e Santiago Xanica, sebbene da posizioni opposte, sono giunti sempre alle stesse conclusioni. Il governo di Ulises Ruiz e del suo predecessore, José Murat, sono stati "nemici dei popoli", come ha stimmatizzato uno di loro. La OIDHO ha definito lo stato "un laboratorio di Madrazo nel quadro del Piano Puebla-Panama".

Il CIPO, dopo aver contestato all'EZLN ed al CNI di non prestare sufficiente attenzione alla pesante repressione in cui vivono, ma dichiarandosi zapatista "perché siamo emarginati", ha appoggiato la Sesta Dichiarazione. "Come non essere vicino a voi, se siamo uguali?". Ha sottolineato l'attuale "visibilità" del movimento indigeno nazionale la cui "radice non è nella sollevazione zapatista, che ne è invece la sintesi. L'origine del movimento indigeno è nei popoli e si traduce nella sopravvivenza. Siamo professionisti della sopravvivenza e dello sterminio". Ed ha concluso con i punti chiave di un programma comune di lotta: resistenza all'offensiva del governo e dei neoliberisti, appoggio comune nel progetto di autonomia, nel territorio come base, nel movimento sociale come strumento e nell'autonomia come piattaforma.

Hanno narrato i loro sforzi e le loro sofferenze, gli autonomi di Suljaá (Xochistlahuaca), la polizia comunitaria del Coordinamento Regionale delle Autorità Comunitarie di Guerrero, i nahuas di Tuxpan (Jalisco), i totonacas di Semilla Nueva nella catena montuosa di Puebla, le organizzazioni di Ilamtlán e Huayacocotla a Veracruz. Anche i chinamperos di Xochimilco, i contadini di Milpa Alta, gli indigeni della Zona Rosa e del Centro Storico di Città del Messico.

Speciale impatto hanno avuto i comuneros di Nurío (Michoacan), gli autonomisti di Zirahuén, i portavoce di Nazione P'urépecha, di Ireta e di Paracho. Mentre i mazahuas dello Stato del Messico hanno assunto un tono spirituale nel terreno loro proprio, i nanhñú di Haciendo Camino, chiedendo permesso "all'anima del vento", hanno narrato il loro passaggio da peones sotto capoccia ad operai di maquiladora sotto supervisori ed hanno diffidando dei partiti politici (PRI, PAN e PRD) e delle elezioni, come quelle di alcune settimane fa quando una bassa percentuale della popolazione ha votato per eleggere il governatore.

Il Foro Maya Peninsulare di Yucatan, Campeche e Quintana Roo si è espresso per "la difesa dell'autonomia di fatto". Dal Chiapas si sono uniti alla convocazione zapatista Las Abejas, Yomblej, il Consiglio Culturale Mankame, le autorità di Nicolás Ruiz, gruppi non zapatisti di Bachajón, Tila, Simojovel, Pantelhó. Una donna di Chilón ha chiesto alla comandancia di aiutare nella ricerca di accordi tra membri di diverse organizzazioni.

Il CNI ha elencato le leggi sulle privatizzazioni e contro la sovranità nazionale che hanno approvato recentemente i tre partiti che governano. In materia di diritti indigeni: acqua, mais, biosicurezza, accesso alle risorse genetiche ed altro.

Al calar della sera, nella comunità zapatista Javier Hernández, chiamata così in onore di un combattente caduto nel gennaio del 1994, i partecipanti continuavano a raccontare le proprie esperienze, a fare proposte ed a unirsi all'appello zapatista.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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