Subcomandante Marcos
Su come cominciò tutto il mondo *

Dato che questa è la riunione dei popoli indios e delle organizzazioni indigene, allora tentiamo di parlare nel nostro modo, tra indigeni, tra popoli indios. Ed un po' si tratta della storia che raccontano i nostri antenati maya, di come incominciò tutto il mondo.

Allora dicono che - raccontano i nostri antichi - all'inizio non c'è niente e poi il mondo comincia a camminare, inizia a camminare quando appare la parola. Ma non è che la parola appaia così, la parola - dicono gli antichi - incomincia a pensarsi da se stessa, dentro – dicono – inizia a riflettere. Per mezzo della parola, i primi dei, quelli che hanno formato il mondo, incominciano a consultarsi tra di loro, si parlano, si mettono d’accordo e si riflettono.

Ed allora, dato che sono già d’accordo, si uniscono, uniscono il loro pensiero ed è così che il mondo si mette a camminare. Così incominciò tutto, con la parola che si pensa dentro, cioè che si riflette nel cuore che è lo specchio dentro, per guardarci così come siamo. E poi dopo c’è stata la parola che s’incontra con l'altra parola.

Non litigava la prima parola, non vuole dominare, non vuole vincere l'altra parola e questo è perché la prima parola che esce incontra una parola che è come se fosse sua sorella, perché è uguale anche se è differente. Cioè ha la stessa radice, è ramo o è foglia dell'albero del mondo. Cioè la prima parola non era sola, ma c'era un'altra parola e - secondo questo pensiero che è quello dei nostri antichi maya - il mondo incomincia a nascere quando quella prima parola e quella seconda parola si incontrano e non discutono, ma si trovano e si mettono d’accordo perché si rispettano mutuamente e si parlano e si ascoltano.

Allora c'è accordo, perché la parola prima non nasce sola, ma ha l'udito e con l'udito, ascoltando, è così che cominciano a crescere le prime parole perché si mettono d’accordo e le prime parole che s’incontrarono, si misero d’accordo e prima pensarono il mondo e dopo lo fecero. Cioè non è che si misero a fare subito il mondo coi suoi fiumi, le sue montagne, i suoi animali, la sua notte, il suo giorno, il suo sole, la sua luna ed il suo mais, i suoi uomini e le sue donne: le prime parole prima pensarono e dopo fecero.

Però poi risulta che è saltato fuori qualcuno che dice d’essere migliore degli altri e che vuole comandare, vuole avere di più e di meglio degli altri e così quello che vuole comandare di più, allora ruba agli altri, toglie loro ciò che hanno a forza, toglie ciò che è degli altri, ciò che hanno, cioè - come si dice - li spoglia, il che vuole dire che toglie loro ciò che possiedono. Ed allora dato che li domina e domina anche il loro lavoro, li spoglia di ciò che producono, cioè – come si dice - li sfrutta. E così nacque quello che ha di più e meglio. Non nacque perché arrivò, ma grazie allo spogliamento ed allo sfruttamento e lì è iniziato - come si dice - il problema, perché come è saltato fuori chi vuole dominare e domina, è anche saltato fuori chi non si lascia dominare. E così la storia del mondo è la storia di questa lotta, tra quelli che vogliono dominare per imporre la loro parola ed il loro modo, togliendo le ricchezze agli altri, e quelli che non si lasciano dominare, cioè che si ribellano.

E questi che si ribellano - e si chiamano ribelli - non è che vogliano essere loro quelli che dominano, ma vogliono che tutti siano uguali senza che ci sia chi ha di più e chi di meno. Senza che ci sia chi ha perché ruba e sfrutta e chi non ha perché lo derubarono e lo sfruttarono. Questi ribelli vogliono che noi siamo rami e foglie dell'albero del mondo, ognuno al suo posto e a modo suo. Questo è quello che raccontano i nostri antenati maya. Gli indigeni maya che per primi popolarono queste terre. E questo modo si andò trapassando ai loro figli ed alle figlie, ai nipoti ed alle nipoti e così da un tempo all’altro, cioè - come dicono - da una generazione all’altra, e rimase così il modo tra gli indigeni maya che hanno vari nomi e la cui casa va dallo Yucatan e dal Guatemala, a Campeche, Tabasco, Quintana Roo e anche qui al nostro stato che è il Chiapas.

Allora ciò che è successo è che ci è rimasto il modo - come dicono - ed allora dato che noi zapatisti - che siamo chiamati pure neozapatisti, cioè che siamo come degli zapatisti nuovi - abbiamo pure noi quel modo ossia prima pensiamo dentro di noi al mondo che bisogna fare e dopo tiriamo fuori la parola e cerchiamo altre parole sorelle e cerchiamo se c'è accordo parlando ed ascoltando e così la parola si fa man mano grande ed il mondo che pensiamo anche lui si sta facendo grande. Ma non ci è toccato oramai il principio del mondo, ci è toccato che c’è chi spoglia e sfrutta e c’è chi si ribella e vuole la liberazione ed allora abbiamo scelto di stare dalla parte di quelli che lottano per la libertà, dalla parte di quelli che sono dominati e sono derubati e sono sfruttati.

Così dato che la storia è questa, i compagni e le compagne delle organizzazioni indigene la conoscono già perché l'abbiamo percorsa insieme già per un buon tratto. Ed insieme abbiamo visto che bisogna unirci e metterci d’accordo e così è nato il Congresso Nazionale Indigeno - così si chiama. E si sono fatti accordi e marce e mobilitazioni e coloro che comandano e dominano non hanno voluto riconoscere la nostra parola, su come siamo. Così ognuno è tornato a pensare e sono nate nuove lotte per presentare il nostro modo, anche se le leggi dei ricchi non lo riconoscono, e questo perché speriamo che i fratelli e le sorelle che arrivano da altre parti, di altri popoli indios e di altre organizzazioni indigene ci parlino un po'.

* Racconto letto nel secondo incontro preparatorio per l'altra campagna.


(traduzione del Comitato Chiapas di Torino)

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