Sabato 13 agosto 2005
Comunità Javier Hernández
Parole di benvenuto del Comandante Gustavo
Buongiorno a tutti e a tutte. Benvenuti fratelli e sorelle indigene di tutto il Messico. A nome dei miei compagni comandanti del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ringrazio tutti i popoli indios del Messico che sono venuti qui, in questo posto, rispondendo all’invito della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona.
Salutiamo tutti e tutte le organizzazioni indigene che si trovano qui con noi. Siamo qui per ascoltare la vostra parola, per informare il villaggio dove stiamo per lavorare e gli altri del Comitato Clandestino Rivoluzionario. E vi ricordiamo di rispettare gli accordi col villaggio fino dove si può andare, per i servizi ed a lavarvi. Speriamo che siate contenti, anche se vi abbiamo accolto poveramente, ma siamo molto felici con voi. È tutto per oggi. Passiamo la parola alla comandante Kelly.
Parole di benvenuto della Comandante Kelly
Buongiorno a tutte e a tutti. A nome delle mie compagne comandanti del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, diamo npstro più cordiale benvenuto a tutte le donne dei popoli indios del Messico. Ci auguriamo tutte come donne di avere il diritto di partecipare, a fare qualsiasi tipo di lavoro; il diritto di governarci e di organizzarci come donne. Devono rispettare la nostra cultura, le nostre lingue come donne quali siamo. Impariamo a lottare insieme, a camminare per avere la forza di fare i nostri lavori. Esigiamo che rispettino i nostri diritti come indigene. Per questo stiamo lottando per le tredici rivendicazioni. Per questo stiamo organizzando la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, per camminare insieme. Speriamo che siate contenti e allegri. Noi siamo qui per ascoltare le vostre parole e le vostre opinioni. È tutto. Grazie mille.
E diamo anche la parola al compagno Subcomandante Insurgente Marcos.
Buongiorno. Siate tutti benvenuti. Chiediamo per favore ai ragazzi e alle ragazze della stampa che rimangano al loro posto e che non interrompano, perché poi litigate. Rispettiamo il lavoro di tutti e vi chiediamo anche di rispettare la riunione.
Chiediamo ai fratelli che sono convocati a questa riunione: organizzazioni indigene, popoli indios e persone e organizzazioni che accompagnano la loro lotta di alzarsi per favore. Vi chiediamo di ricordare due fratelli che sono morti e che dal ’94, e perfino da prima, erano nella lotta per i popoli indios. Si tratta del fratello Efrén Capiz, dei compagni e delle compagne dell’Uniόn de Comuneros Emiliano Zapata de Michoacán e del fratello Pedro de Haro, maracame dei fratelli wixaricari, dei huicholes. Chiediamo un minuto di silenzio compagni (…)
Grazie compagni.
Bene compagni e compagne che venite da varie parti della repubblica e da varie organizzazioni indigene. Per prima cosa vogliamo parlarvi di questo posto dove siamo. Prima dell’insurrezione del ’94 questa era un latifondo. Si chiamava San Juan. Il latifondista faceva lavorare i braccianti, faceva loro ripulire i prati per farci i pascoli e diceva loro che non li avrebbe pagati finché non vedeva il lavoro fatto. Quindi i fratelli ripulivano i prati, ma il latifondista tardava a venire e, quando arrivava, la sterpaglia era di nuovo cresciuta. Allora diceva: no, non avete ripulito bene. E non li pagava ed erano giornate e giornate di lavoro e di inganni per non pagarli. Questo era quello che il latifondista faceva loro. Siccome non c’era acqua, i compagni dovevano fare dei pozzi per poter prendere l’acqua. Il latifondista non permetteva loro di camminare sui campi ed alla fine permise solo loro di passare per un dirupo. Inoltre li lasciava senza acqua e li trattava pure come animali, anzi peggio che animali, perché neanche gli animali ci passavano per quel dirupo. Proibì alla gente del posto di attraversare il suo terreno e dette l’ordine ai mandriani di inseguire la gente del villaggio che passava sul suo terreno, ossia che passava di lì. Voi potete vedere come nel villaggio ci siano molti maiali. A volte entravano nel terreno del latifondo. I mandriani allora prendevano i maiali, li uccidevano e se li mangiavano. E non c’era né indennizzo né niente.
Nel 1994, il primo di gennaio, il latifondista fuggì. La finca rimase lì in sospeso in attesa di vedere a quali accordi si arrivava col governo. Alla fine gli Accordi di San Andrés non vennero rispettati e la Commissione Agraria del Municipio Autonomo Ribelle Zapatista, il municipio qui accanto che si chiama Francisco Gόmez, divise la terra fra i contadini senza terra di vari villaggi e gli mise il nome di Javier Hernández. Javier Hernández era un compagno di qui di Carmen Pataté, sergente delle Milizie dell’EZLN che sparì nei combattimenti di Ocosingo nel gennaio del ’94. È uno dei vari compagni che pensiamo siano morti e che sono apparsi nelle prime foto del ’94 con uno sparo alla testa. L’esercito federale non ha mai detto quello che è successo con questi compagni. Da allora è scomparso. Noi pensiamo che sia morto nel combattimento e che il suo corpo sia stato seppellito in una fossa comune. Questa è la storia del posto dove siamo, compagni. Siate quindi benvenuti. Il nome, vi ricordo, è Javier Hernández. Era un latifondo, ora è proprietà dei contadini.
Vi spieghiamo come è il formato di questa riunione, compagni. Inizialmente parliamo noi, spieghiamo più o meno alcuni punti della Sesta che forse sono rimasti in sospeso, e poi ci fermiamo un po’. Dopo, la seconda volta che ci riuniamo, dieci o quindici minuti dopo, allora ascoltiamo la vostra parola, il vostro pensiero, quello che portano le organizzazioni e i popoli indios e le organizzazioni che sostengono, che hanno aderito alla Sesta Dichiarazione. Sappiamo che ci sono altri osservatori, gente che è arrivata. Siete benvenuti, ma vi chiediamo di rispettare la parola di coloro che già sono d’accordo perché è con loro che lavoreremo.
Bene, quindi, per cominciare, vi voglio raccontare una storia.
Dato che questa è la riunione dei popoli indios e delle organizzazioni indigene, allora tentiamo di parlare nel nostro modo, tra indigeni, tra popoli indios. Ed un po' si tratta della storia che raccontano i nostri antenati maya, di come incominciò tutto il mondo.
Allora dicono che - raccontano i nostri antichi - all'inizio non c'è niente e poi il mondo comincia a camminare, inizia a camminare quando appare la parola. Ma non è che la parola appaia così, la parola - dicono gli antichi - incomincia a pensarsi da se stessa, dentro – dicono – inizia a riflettere. Per mezzo della parola, i primi dei, quelli che hanno formato il mondo, incominciano a consultarsi tra di loro, si parlano, si mettono d’accordo e si riflettono.
Ed allora, dato che sono già d’accordo, si uniscono, uniscono il loro pensiero ed è così che il mondo si mette a camminare. Così incominciò tutto, con la parola che si pensa dentro, cioè che si riflette nel cuore che è lo specchio dentro, per guardarci così come siamo. E poi dopo c’è stata la parola che s’incontra con l'altra parola.
Non litigava la prima parola, non vuole dominare, non vuole vincere l'altra parola e questo è perché la prima parola che esce incontra una parola che è come se fosse sua sorella, perché è uguale anche se è differente. Cioè ha la stessa radice, è ramo o è foglia dell'albero del mondo. Cioè la prima parola non era sola, ma c'era un'altra parola e - secondo questo pensiero che è quello dei nostri antichi maya - il mondo incomincia a nascere quando quella prima parola e quella seconda parola si incontrano e non discutono, ma si trovano e si mettono d’accordo perché si rispettano mutuamente e si parlano e si ascoltano.
Allora c'è accordo, perché la parola prima non nasce sola, ma ha l'udito e con l'udito, ascoltando, è così che cominciano a crescere le prime parole perché si mettono d’accordo e le prime parole che s’incontrarono, si misero d’accordo e prima pensarono il mondo e dopo lo fecero. Cioè non è che si misero a fare subito il mondo coi suoi fiumi, le sue montagne, i suoi animali, la sua notte, il suo giorno, il suo sole, la sua luna ed il suo mais, i suoi uomini e le sue donne: le prime parole prima pensarono e dopo fecero.
Però poi risulta che è saltato fuori qualcuno che dice d’essere migliore degli altri e che vuole comandare, vuole avere di più e di meglio degli altri e così quello che vuole comandare di più, allora ruba agli altri, toglie loro ciò che hanno a forza, toglie ciò che è degli altri, ciò che hanno, cioè - come si dice - li spoglia, il che vuole dire che toglie loro ciò che possiedono. Ed allora dato che li domina e domina anche il loro lavoro, li spoglia di ciò che producono, cioè – come si dice - li sfrutta. E così nacque quello che ha di più e meglio. Non nacque perché arrivò, ma grazie allo spogliamento ed allo sfruttamento e lì è iniziato - come si dice - il problema, perché come è saltato fuori chi vuole dominare e domina, è anche saltato fuori chi non si lascia dominare. E così la storia del mondo è la storia di questa lotta, tra quelli che vogliono dominare per imporre la loro parola ed il loro modo, togliendo le ricchezze agli altri, e quelli che non si lasciano dominare, cioè che si ribellano.
E questi che si ribellano - e si chiamano ribelli - non è che vogliano essere loro quelli che dominano, ma vogliono che tutti siano uguali senza che ci sia chi ha di più e chi di meno. Senza che ci sia chi ha perché ruba e sfrutta e chi non ha perché lo derubarono e lo sfruttarono. Questi ribelli vogliono che noi siamo rami e foglie dell'albero del mondo, ognuno al suo posto e a modo suo. Questo è quello che raccontano i nostri antenati maya. Gli indigeni maya che per primi popolarono queste terre. E questo modo si andò trapassando ai loro figli ed alle figlie, ai nipoti ed alle nipoti e così da un tempo all’altro, cioè - come dicono - da una generazione all’altra, e rimase così il modo tra gli indigeni maya che hanno vari nomi e la cui casa va dallo Yucatan e dal Guatemala, a Campeche, Tabasco, Quintana Roo e anche qui al nostro stato che è il Chiapas.
Allora ciò che è successo è che ci è rimasto il modo - come dicono - ed allora dato che noi zapatisti - che siamo chiamati pure neozapatisti, cioè che siamo come degli zapatisti nuovi - abbiamo pure noi quel modo ossia prima pensiamo dentro di noi al mondo che bisogna fare e dopo tiriamo fuori la parola e cerchiamo altre parole sorelle e cerchiamo se c'è accordo parlando ed ascoltando e così la parola si fa man mano grande ed il mondo che pensiamo anche lui si sta facendo grande. Ma non ci è toccato oramai il principio del mondo, ci è toccato che c’è chi spoglia e sfrutta e c’è chi si ribella e vuole la liberazione ed allora abbiamo scelto di stare dalla parte di quelli che lottano per la libertà, dalla parte di quelli che sono dominati e sono derubati e sono sfruttati.
Così dato che la storia è questa, i compagni e le compagne delle organizzazioni indigene la conoscono già perché l'abbiamo percorsa insieme già per un buon tratto. Ed insieme abbiamo visto che bisogna unirci e metterci d’accordo e così è nato il Congresso Nazionale Indigeno - così si chiama. E si sono fatti accordi e marce e mobilitazioni e coloro che comandano e dominano non hanno voluto riconoscere la nostra parola, su come siamo. Così ognuno è tornato a pensare e sono nate nuove lotte per presentare il nostro modo, anche se le leggi dei ricchi non lo riconoscono, e questo perché speriamo che i fratelli e le sorelle che arrivano da altre parti, di altri popoli indios e di altre organizzazioni indigene ci parlino un po'.
Quindi quello che è successo fino ad ora compagni e compagne è che abbiamo guardando verso l’alto, verso i governanti per vedere se ci riconoscevano, ma abbiamo visto che non è successo. Allora abbiamo spostato lo sguardo verso il basso, perché l’abbiamo visto chiaramente che se guardiamo verso l’alto non ci sono risposte buone; ci sono soli inganni, bugie, burle e disprezzo, che è quello che abbiamo ricevuto dai partiti politici che ora si stanno disputando la presidenza della repubblica: il Partito Rivoluzionario Istituzionale, Il Partito di Azione Nazionale e il Partito della Rivoluzione Democratica.
Non abbiamo guardato verso il basso velocemente, ma ci siamo soffermati a guardare, ascoltare, a sentire colui che cammina in basso. Allora, abbiamo visto che ovunque c’è gente come noi. A volte indigeni e a volte non indigeni che sono fottuti come noi, come si dice, sfruttati. Ma abbiamo anche visto che non si arrendono, che lottano, ossia che si ribellano e, siccome ci siamo soffermati a guardare, abbiamo visto che lì ci sono pensieri che si chiamano di sinistra, che è il modo in cui si definisce chi vuole che finisca lo sfruttamento e che cambino le cose per il bene di tutti, non come ora, che solo alcuni hanno.
Compagni e compagne dei popoli indios e delle organizzazioni indigene, più o meno è così come vogliamo spiegarvi quello che è successo in tutto questo tempo. Come abbiamo già spiegato, abbiamo fatto molti progressi insieme a voi, principalmente con voi. C’è stata molta gente in Messico e nel mondo che ci ha appoggiato, ma con voi abbiamo sentito che eravamo la stessa cosa e che insieme dovevamo lottare per i nostri diritti. Disgraziatamente, i politici non hanno ascoltato. Noi non aspetteremo più di vedere se ora impareranno o se ora ascolteranno. Pensiamo che dobbiamo fare un’altra cosa, perché se non la facciamo non ci sarà più casa per tutti, come diciamo noi, cioè La Patria.
Allora abbiamo pensato di prendere questo pensiero della Sesta Dichiarazione per unirci con molti altri popoli ancora, con molta gente insomma, che è fottuta e che si sta ribellando e abbiamo pensato nella nostra analisi che bisogna fare un’altra cosa, come abbiamo detto. Ma non è più come prima, compagni, ossia che l’EZLN tira fuori un’iniziativa e poi si vede chi la segue e chi no. Noi nella Sesta abbiamo detto che faremo un’altra campagna ed abbiamo invitato tutti ad aderire, abbiamo invitato le organizzazioni politiche di sinistra, che non siano però registrate, cioè che non stiano pensando a chi sarà il presidente della repubblica. E allora abbiamo detto: cercheremo un’altra cosa. Perciò in queste riunioni che stiamo facendo (ora vi informerò di quello che è successo nell’altra riunione di modo che lo immagazziniate nei vostri pensieri). Dopo la fine di queste riunioni, il 16 settembre, che sarà l’ultima dove ci riuniremo tutti, allora lì, fino a lì e non oltre noi staremo qui di fronte e voi ci ascoltate e noi vi riceviamo e voi venite. Ma a partire da quella data noi vi consegniamo tutto. Finisce il fatto che l’EZLN è colui che convoca e, quindi, tutti noi che ci siamo messi d’accordo, ci metteremo d’accordo su ciò che segue: su dove ci riuniremo, su chi sarà a dare la parola, su come si organizzeranno i temi. A partire da quel momento, diciamo noi, non sarà più l’EZLN che convoca e che aggrega, ma chi convoca saranno tutte le organizzazioni e le persone ed i gruppi ed i collettivi che sono d’accordo con questo percorso.
Quindi, compagni e compagne, non bisogna disperarsi se ci sono molte parole o se sembra che non ci sia accordo. Perché mancano ancora molte riunioni, devono ancora venire i fratelli delle organizzazioni sociali, quelli delle organizzazioni non governative, artistiche, scientifiche, culturali e le persone individuali, che sono molte. Ora vi informo velocemente.
Dunque compagni, come procede la Sesta. Ora, al dieci di agosto, di organizzazioni politiche ce ne sono 48 che aderiscono alla Sesta. Il primo di agosto erano 30, ossia hanno aderito altre 18. Di organizzazioni indigene ce ne erano 32, ora ce ne sono 60. Di organizzazioni sociali ce n’erano 47, ora ce ne sono 58. Di organizzazioni non governative, collettivi e gruppi ce n’erano 210, ora sono 248. Di singoli c’erano 690 persone, ora sono 895. Ossia, si procede a poco a poco. In base a come si andrà chiarendo la parola, che è quello che cerchiamo, vediamo se aderiranno altre persone ancora. Oppure alcuni diranno di no, non è la mia strada, è meglio se vado per un’altra strada. Così è come procede ora compagni e compagne.
Bene, vi stavo parlando di come abbiamo analizzato ciò che è successo dopo la legge indigena, dopo che i partiti politici non l’hanno appoggiata. Quindi abbiamo pensato che siamo arrivati fino a lì con la sola lotta indigena, compagni. Stiamo perciò invitandovi perché abbiamo camminato insieme tutti questi dodici anni per i diritti e la cultura indigena e con questo continueremo, ma ora pensiamo che dobbiamo unirci ad altre lotte, con le lotte dei lavoratori della città e della campagna. Perché speriamo che, dopo tutte quelle lotte che abbiamo visto in questi quattro anni, forse possiamo fare un accordo e cominciare a camminare insieme. Il problema è questo: vogliamo parlarvi chiaro.
Voi sapete qual è la storia di questo paese. Noi indigeni, siamo venuti su bene per caricare, per lavorare e per lottare. Sempre che ci sia un movimento: la Guerra di indipendenza per esempio, la Rivoluzione, la guerra contro la Francia, la resistenza con gli Stati Uniti, tutto questo. Quelli che pagano di più e i più decisi ed i più duri sono sempre gli indigeni. Ma quando tutto finisce, sono quelli di cui nessuno ricorda. Per questo vediamo allora che si succedono movimenti, rivoluzioni, cambiamenti e per i popoli indios non succede niente, tutto continua uguale. Come se ci usassero per un periodo e poi non servite più fino alla prossima.
Allora quello che pensiamo è che dobbiamo assicurarci bene il nostro posto, quello che, come indigeni, abbiamo conquistato e che non dobbiamo perdere in nessun modo. Come EZLN ciò che abbiamo fatto in tutto questo tempo di lotta è che, alla fine di tutto, anche se ci distruggono, rimanga qualcosa per i popoli indios che ci hanno appoggiato.
Ora compagni ci uniremo con molte organizzazioni. Se siete d’accordo. Organizzazioni di sinistra, organizzazioni che lavorano con operai, con contadini, con gli abitanti della città, con molta gente. Nessuno rispetterà il nostro posto se non siamo noi a farlo rispettare. Per questo stiamo invitando in particolar modo organizzazioni e popoli indios, perché in questa altra campagna e nella Sesta facciamo, ora sì, una squadra a parte, a parte dagli altri. Non per litigare né niente di tutto ciò, ma per lavorare, però insieme, sia l’EZLN che le vostre organizzazioni staremo sempre attenti, che non si dimentichi un’altra volta, come in altre lotte del nostro paese, il lavoro dei popoli indios e le sue richieste ed i suoi diritti. Se non facciamo così, succede che poi si stabiliscono migliori salari, che va bene, alloggi degni, che va bene, tutto questo cioè, che sono le richieste dei contadini: crediti, appoggi per la campagna, che sono cose giuste e che bisogna esigere.
Però se alla fine rimangono ancora i nostri diritti come popoli indios, la risposta alla nostra cultura, alle nostre modalità, se rimangono un’altra volta da una parte… questo non possiamo permetterlo. Dobbiamo tornare in ogni momento a pianificare, un’altra volta, con questi fratelli con i quali ci uniamo nella lotta, che a parte di tutto questo per cui lottiamo insieme, a parte, noi lottiamo come indigeni.
E allo stesso tempo, come ha spiegato qui la comandante Kelly, a parte, anche ci sono le donne. Così come le donne, all’interno dell’EZLN, dicono: va bene, lottiamo come indigene, però a parte noi lottiamo per i nostri diritti come donne. Non possiamo permettere che in questo movimento che si sta creando, che sta nascendo e che noi vediamo che sta crescendo… anche se c’è chi dice che siamo pagati da Salinas e da Madrazo e da Marta Sahagún, già avete visto i vestiti di Marta Sahagún che non ha potuto vendere, ora li stanno vendendo gli zapatisti, ma non si vendono comunque... Bene, questo è un altro problema...
No compagni e compagne, si vede che il movimento sta crescendo. Abbiamo pensato, a causa di quanto è stato detto nella riunione passata, che c’è gente che si ritirerà. Abbiamo perfino detto a quelli di Rebeldίa di mettere un altro indirizzo che dica: sempre no. Forse qualcuno che ha aderito, che dice di no, che così no, e allora si ritira. E no compagni, altri hanno aderito, più gente. Così stiamo conoscendo organizzazioni che prima non conoscevamo, persone che prima non conoscevamo e alle quali stiamo offrendo e porteremo avanti quello che ora vi dico: rispetto e trattamento da uguali. Quello che vi sto dicendo ora, e così l’ho raccontato alle prime persone con le quali ci siamo riuniti è: noi per prima cosa stiamo con i popoli indios, perché la nostra lotta a parte come popoli indios non è ancora terminata.
E le compagne comandanti che partiranno difenderanno e cercheranno inoltre di conquistare i diritti come donne e come indigene. Queste cose che ci costano molto lavoro: mantenere bene ciò che riguarda l’indigeno e le donne, le compagne zapatiste, fra noi, all’interno del nostro maschilismo, che ci hanno formato; ci stanno portando via questa idea, non possiamo lasciarlo ora e pensare non ora, che la cosa più importante è che cambi il sistema, che ci siano buoni salari, che finisca il neoliberalismo, tutto questo. Anche questo è importante, ma è anche importante non perdere le nostre richieste. Quindi, vi diciamo chiaramente che vi abbiamo invitato a parte di tutto questo che faremo, che, come voglia l’altra campagna, sempre ci riuniremo a parte come popoli indios, per vedere i nostri problemi, come indigeni e che non lasceremo questo. Perché se lo lasciamo ora, ora sì che si ripeterà la storia di sempre. Alla fine ci saranno cambiamenti e i popoli indios rimarranno un’altra volta nell’angolo, a chiedere limosina o a far si che gli altri si burlino di loro per il loro modo, per la loro forma di parlare, per la loro cultura.
Quindi questo, chiaramente, ve lo diciamo ora. Questo è il nostro piano, che non stiamo nascondendo, lo diciamo a qualsiasi persona, quindi la proposta che vogliamo farvi è chiedervi per favore, così come lo abbiamo chiesto alle organizzazioni politiche, di insegnarci come è il vostro modo, degli operai, dei contadini, dei coloni. Vogliamo quindi chiedere a voi delle organizzazioni indigene e dei popoli indios e ad altri che non sono potuti venire ma che appoggiano la Sesta, che quando partirà, quando comincerà l’altra campagna e passerà da luoghi dove c’è la vostra presenza, la nostra delegazione vuole vivere con voi, come popoli indios. Per esempio, faccio un esempio. Se andiamo a Michoacán, invece di andare a dormire a Morelia e mangiare lì, perché impiegheremmo molto tempo, non pensate che è come la marcia indigena, alcuni giorni e ce ne andiamo, questa campagna durerà anni. Quindi preferiamo arrivare con i fratelli purépechas e da lì andiamo a Morelia, da altre parti, e così in ogni parte. Non possiamo arrivare e dire, ora vediamo che fanno, sono già qui con la mia valigia. Per questo vi chiediamo se siete d’accordo, così facciamo un piano. Che sia come Congresso Nazionale Indigena o come altre organizzazioni che si uniscono in questi punti dove ci sono organizzazioni indigene, sia questo il centro del CNI e zapatista per unirsi con gli altri fratelli e per fare il lavoro dell’altra campagna.
Questo è quello che volevamo dirvi. Per questo vi chiediamo che quando parlerete, quando parlerete con i vostri compagni delle altre organizzazioni e delle vostre, perché vi ricordiate che vi chiediamo di andare e di consultarvi, che presentiate quindi, questa richiesta dell’EZLN. Andate e ditegli, fratelli e sorelle, dicono gli zapatisti che quando passano di qua, vogliono arrivare qui nel nostro popolo e dormire con noi e mangiare con noi e il resto che si fa con noi, ossia, andare in bagno, eccetera. Chiedono quindi se siamo d’accordo. Allora organizziamoci così, ma bisogna pensare che non è che arrivano un giorno e se ne vanno, ma che staranno qui vari giorni, settimane, forse mesi, dipende da come procede il lavoro. Quindi questo è quello che vi chiediamo, perché vediate nelle vostre organizzazioni come fare. E se già avete alcuni accordi o proposte, bene, ora ci direte la vostra parola, ditecela.
Un’altra cosa compagni. In ogni riunione abbiamo detto chiaramente quello che sta succedendo e quando parliamo con qualcuno, gli diciamo: questo che stai dicendo, il tuo pensiero, lo rendiamo pubblico e così tutti si informano di quello che sta succedendo. Allora vi diciamo cosa abbiamo visto dalla riunione con le organizzazioni politiche. Perché quello che di più è venuto fuori dalle notizie è che se stanno con tutto e che nos va a partir eso. Io ho messo biip e non l’hanno messo alla televisione, non hanno neanche messo en la madre, bene. Questo, quindi, è come è successo quello che è successo, compagni, un piccolo riassunto in modo che potete pensare e parlare.
Da quello che abbiamo visto, il tema di Andrés Manuel Lόpez Obrador e delle elezioni è stato il più discusso. Ma non c’è stato un grande dibattito. Ossia, non c’è stata contesa. La maggioranza diceva che non consisteva nell’appoggiare Lόpez Obrador. In effetti solo due o tre hanno detto che bisognava appoggiarlo. Sono stati ascoltati. Ma la grande maggioranza dice di no. Che per questa strada non ci sono soluzioni, che non è la strada. Di quelli che dicono di no, che sono la maggioranza, alcuni dicono che bisogna appoggiare un candidato indipendente, ossia, fare un altro candidato. Altri dicono che bisogna dire alla gente di non votare. Altri dicono che le elezioni non sono un problema, perché l’altra campagna ha un altro obiettivo, un altro tempo e un altro modo. Che tutto ciò che riguarda le elezioni finisce il sei di luglio e l’altra campagna va più lontano perché è per diversi anni. Queste sono più o meno le tre posizioni che sono state pronunciate nella prima riunione delle organizzazioni politiche di sinistra che c’e stata.
Dove invece c’è stata discussione e si vede che è ciò che più importa, così pensiamo noi, alle organizzazioni politiche, è come si farà per organizzare un fronte di massa. Dove ci sono gli operai, i contadini, gli studenti, i coloni, i maestri, tanta gente insomma, come dicono loro. Per questo si dice di massa, no? Così come si cita la Promotora contro il Neoliberalismo o il Fronte Sindacale Contadino Indigena e Popolare, o quell’altro che viene chiamato il Dialogo Nazionale. Quindi si nota che quello che pensano queste organizzazioni politiche è che quello che segue non è fare una grande organizzazione di sinistra, cioè un nuovo partito di sinistra al quale aderiscano tutti. Notiamo che questo non è il loro pensiero. Che il loro pensiero è piuttosto fare un fronte grande nel quale confluiscano organizzazioni sociali, politiche e chiunque sia in linea al loro modo e al loro pensiero, ma facendo un accordo. Noi vediamo che le organizzazioni politiche di sinistra ora stanno pensando questo. Vi abbiamo avvisato, perché poi lo vedremo tutti insieme.
Quindi questo è quello che dicono. Ora la cosa più importante nella lotta è fare un fronte di massa, nel quale confluiscano organizzazioni di ogni tipo che lottano contro il neoliberalismo. Abbiamo visto da quelle parole che hanno pronunciato che ci sono cinque posizioni. Ci sono alcuni che pensano che bisogna aderire a quello che già c’è. Per esempio c’è La Promotora contro il Neoliberalismo, c’è il Fronte questo che ha un nome molto lungo e che loro chiamano Frentote, così lo chiamano, no? e l’altro è il Dialogo Nazionale. In queste tre cose c’è quello che dicono, i charros. Hernández Juárez…cioè, coloro che non sono mero della lotta. Quindi quello che dicono è che ciò che bisogna fare secondo il loro pensiero è che l’altra campagna, ossia, tutte le organizzazioni che stanno con la Sesta, devono mettersi lì e far uscire questi…eccetera. Ossia, questa gente, cattiva. E che rimanga quindi solo pura gente di sinistra. È un pensiero che hanno. Altri dicono che questo della Promotora, il Frontone e il Dialogo Nazionale, che è rimasto come addormentato, come se sono andati un po’ avanti e poi come se sono rimasti ad aspettare. Quindi, che l’altra campagna deve entrargli per svegliarlo un’altra volta e continui ad andare avanti. Questa è un’altra posizione. La terza posizione dice che questo è già passato. Il suo tempo è già passato e ha già fatto il suo lavoro, ma ora no, ora quello che segue è che bisogna fare qualcosa di nuovo, dice. Forse un fronte di massa nel quale confluisca molta gente che sta con la lotta ma qualcosa di nuovo, di differente, e che quindi l’altra campagna deve chiamare a questo qualcosa di nuovo.
C’è dell’altro, la quarta posizione dice: alcune cose ormai no, però altre cose sì. Per esempio, dicono che il Frentote ormai no, ma la Promotora sì. O al contrario, la Promotora no e il Frentote sì. Ossia, alcune cose sì e altre no. E altri compagni e compagne pensano di no, che questo non è il problema dell’altra campagna; che l’altra campagna è uno spazio per l’azione e per la discussione nella lotta contro il neoliberalismo. Che è uno spazio dove ognuno arriva e si mette d’accordo per fare azioni e discutere idee. Che sia tollerante, includente che se qualcuno parla, che non gli saltino addosso e lo prendano a calci o ciò che sia, ma che lo ascoltino e che i diversi pensieri che sono contro il neoliberalismo e per la liberazione, vengano accolti. Dicono che non ci siano strutture rigide, né comandi, né coordinazioni, ma che sia uno spazio che si chiama orizzontale, ossia che tutti uguali, non c’è chi sta al di sopra.
Queste sono le idee che abbiamo visto in quell’occasione. Noi le stiamo passando a tutti coloro che parleranno e inoltre stiamo inviando tramite la rivista Rebeldίa la posta dove ci sono le informazioni per tutti, perché vediate. Ve lo dico chiaramente, perché arriverà il giorno, quando ci uniremo tutti, in cui ci saranno questi problemi e ci chiederete qual è il nostro pensiero. Se a questo aderiamo, se a quest’altro aderiamo e allora in base a quale sia l’accordo della maggioranza è come partirà. Perché queste parole che vi ho detto è che ci stanno dicendo, perché diciate, bene, ora tu come EZLN, dici che è meglio questo o dici che è meglio quest’altro o che questo è la cosa più urgente. E noi vi rispondiamo di no, che già abbiamo deciso che l’accordo deve essere l’accordo di tutti, non più solamente dell’EZLN.
Quindi al momento che ci chiederete tutto questo,e in più le proposte o le discussioni che escono di qui e dalle organizzazioni sociali, non governative e dalle persone, non è che diremo noi, ma bisogna discutere e tirar fuori l’accordo fra tutti. Questo è il piano dell’altra campagna. Se cominciamo che solamente uno parla e gli altri seguono, cominciamo subito male. Quindi quello che vi stiamo offrendo quando vi parliamo, vi offriamo rispetto e trattamento da uguali, è questo. Allo stesso modo vale il pensiero del comandante Gustavo, che è colui che vi ha dato il benvenuto, o la comandante Kelly, che è colei che vi ha dato il benvenuto, che quello del compagno e della compagna che sono là dietro, che non so se mi stanno ascoltando perché il suono è un po’ rustico. E’ uguale. Non è che vale di più lui o vale di più lei dei compagni che sono là.
Quindi, allo stesso modo vale il vostro pensiero e allo stesso modo dobbiamo raggiungere l’accordo fra tutti. Questo è quello che vi abbiamo offerto quando vi abbiamo convocato alla Sesta e credo che dalla nostra parte verrà compiuto. E sempre esigeremo che la gente che vuole fare un’altra cosa, che non faccia così. Sempre difenderemo la parola, il posto, l’azione e il pensiero di tutti noi che siamo d’accordo con questa strada. Non dispiacetevi se ora l’EZLN sarà un’organizzazione politica e dirà chi comanda e i militanti e daranno un credenziale. No compagni, continueremo come sempre, difendendo lo spazio di partecipazione, rispettando le organizzazioni e l’accordo che abbiamo raggiunto fra tutti, questo lo portiamo avanti.
Dunque compagni e compagne questo più o meno è come procede ora. Ci sono altri compagni e compagne che non sono con Sesta, che sono interessati a vedere dove va. Ci sono alcuni che stanno aspettando di vedere se si fa un’organizzazione grande di sinistra, quindi non aderiscono, o sì aderiscono e ci sono altri che dicono, no, se vedessi che è come prima che ognuno in una linea generale dice il suo pensiero, alcuni fanno opere di teatro, altri fanno film, altri fanno marce, altri convegni, altri riunioni, allora si aderiamo.
Quindi tutte queste discussioni servono per dire cosa siamo, ma ora il siamo è più grande, non solo EZLN. E perché altra gente là fuori, cioè che non sono con la Sesta, dica si aderisce al “siamo” o rimane con il “loro”. Così sarà. Ossia, il lavoro non è nient’altro che essere venuti, avere detto la nostra parola, ma ora dobbiamo cominciare a discutere nelle nostre organizzazioni e gruppi. Per questo ci sono i comandanti, perché questo stanno dicendo ai popoli: il loro pensiero è questo, stanno dicendo questo e questo e questi pensano una cosa e questi pensano diversamente. Arriverà il giorno in cui dovremmo dire è meglio questo o è meglio quest’altro. E in base a qual è l’accordo della maggioranza. Allora vi chiediamo per favore che quando andate a informare le vostre organizzazioni di come è andata, diteli anche, se aderiamo, dobbiamo discutere e dobbiamo giungere ad un accordo perché là ci diranno che pensiamo.
Questa è la nostra parola compagni e compagne delle organizzazioni indigene e dei popoli indios. Vi ripeto, siate benvenuti, ora ci fermiamo un momento e poi continueremo. Per favore chiediamo ai compagni e alle compagne di Rebeldίa, per favore, quelli che diranno la loro parola, che si appuntino. Ricominceremo subito e allora voi prendete la parola, passerete qui a turni, tutti vi ascoltiamo e poi alla fine faremo un riassunto. Ogni tanto ci fermeremo, per andare al bagno o a prendere un tacos, da mangiare, e poi continuiamo, ora ci fermiamo. Grazie mille.
(traduzione di Elisa Puggelli)