La Jornada - Domenica 11 settembre 2005
LA SESTA RIUNIONE PREPARATORIA È STATA LA PIÙ POLITICA E LA PIÙ DIRETTA DI TUTTE
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Villaggio autonomo zapatista Javier Hernandez, Chis. 10 settembre - Inaspettatamente, la sesta riunione della Sesta, per gli "altri" e quelli che "non hanno potuto venire prima", è risultata essere la più politica e la più diretta di tutte. In certo qual senso rappresenta non l'ultima preparatoria, ma già il primo risultato dell'altra campagna zapatista. Gli interventi e gli atteggiamenti lasciano la sensazione di qualcosa che è in marcia.

Curiosamente, ciò che pareva dispersivo ed amorfo prende forma e contenuto nel terreno degli "altri". L'elenco di partecipanti è il più diversificato che ci sia, ma la maggioranza indica con chiarezza e "nerbo" ciò che si aspettano dall'altra campagna centinaia di organizzazioni (circa 800) e le oltre mille persone che hanno sottoscritto la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona in quest'estate di sole e pioggia.

Solo da Oaxaca un autobus ha portato i rappresentanti di 20 organizzazioni indigene, magistrali, studentesche, sociali, culturali e controculturali. Danno un'idea del resto. Sebbene siano arrivati molti individui, la dinamica non è individuale né solitaria oggi a Javier Hernández. Predominano gruppi, collettivi, reti. Si domandano cose come: che cosa avrebbe fatto in questo presente il nonno Marx? o, come strutturare un programma di azione nazionale che sia antineoliberista, democratico, di sinistra?

Molti del centinaio di oratori sembrano sapere che cosa vogliono, o almeno dicono chiaramente quello che non vogliono. "Non più pastrocchi con il PAN", proclama, per esempio, l'Alleanza Braceroproa. All'inizio della sessione il subcomandante Marcos aveva fatto riferimento al "dibattito irregolare avvenuto" nelle preparatorie dell'altra campagna. La "sfida delle parole e dei modi" sembrerebbe incamminarsi "in basso e a sinistra" verso una sintesi. Un programma.

"La lotta dei nostri padri"

Curiosamente, è anche una riunione di incontri su terreni precisi e definiti. Così, l'organizzazione HIJOS, con le sue sezioni del Messico e dell’Argentina, è stata ansiosamente cercata da Haidi Giuliani, madre di Carlo Giuliani, il ragazzo assassinato dalla polizia a Genova nel febbraio del 2003 durante la riunione del G-8 [errore di data: 20 luglio 2001 - n.d.t.].

Lei, osservatrice della riunione della Sesta, è ora un'attivista importante della sinistra italiana, e non ha potuto resistere al discorso dei giovani "figli di prigionieri e desaparecidos politici dell'America Latina" che hanno riconosciuto nello zapatismo "una continuazione della lotta dei nostri padri" e che ai ribelli indigeni devono "molto per come siamo adesso e per il modo in cui lavoriamo. La Sesta ci dà la possibilità di oltrepassare le frontiere".

Questi "figli dell'amore rivoluzionario", che indossano magliette nere con le sigle della loro organizzazione, nipoti delle Madri di Plaza de Mayo e di altre note nonne, hanno detto di non essere "figli del dolore, ma della lotta", che "alimenta la nostra memoria a partire dall'allegria". Solo in Messico ci sono 500 desaparecidos politici, hanno comunicato. "Siamo orgogliosi della lotta dei nostri padri", vittime "non della guerra sporca ma del terrorismo di Stato".

Il Laboratorio di Costruzione del Socialismo (Tacoso) ha presentato un'agguerrita "agenda per l'altra campagna" in termini più marxisti-leninisti che zapatisti, ma con volontà di convergenza: "La generalità dello slogan dell'EZLN dà fondamento al suo successo, ma è anche il suo limite fino a prima della Sesta". Si discutono i modi per realizzarla "e si afferma la strategia di alleanze e solidarietà fuori dei partiti politici ufficiali finanziati dallo Stato. Ma una volta precisato il rifiuto del potere dello Stato e dei suoi partiti, compresa la sedicente sinistra, ciò che è necessario è concretizzare le priorità per l'altra campagna, che è quella disinteressata alle candidature presidenziali, per far conoscere le proposte per costruire l'alternativa alla globalizzazione capitalista".

Il Tacoso ha aggiunto: "Qualcuno renderà conto delle dolorose peripezie per arrivare alla regione 'dove comanda il popolo ed il governo ubbidisce', come proclamano i cartelloni all'entrata dei villaggi organizzati nelle giunte di buon governo e nei caracoles. Tutti sono stati ascoltati con infinita pazienza. La giornata dell'ultimo sabato di agosto, per esempio, è iniziata alle 10 della mattina e si è conclusa alle 5 dell'alba, senza che la comandancia dell'EZLN si muovesse, tentennasse o desse segni di noia. Da tutto questo, il 16 settembre dovrà uscire non solo un pronunciamento simbolico, ma un'agenda dove si preciserà l'altra campagna".

Nel frattempo, la Commissione Sesta della comandancia zapatista nella selva tzeltal continua a farsi il callo. Come in ognuno degli otto giorni da quando sono incominciate le riunioni preparatorie dell'altra campagna zapatista, i comandanti incappucciati appaiono in fila indiana, oggi da ponente, si dirigono verso il luogo dell'incontro ed occupano i loro posti al tavolo della presidenza della riunione.

La gente applaude, lancia slogan, si avvicina, dà loro la mano. I comandanti indigeni, otto donne ed otto uomini, sorridono con gli occhi senza trattenersi. I giornalisti ed i partecipanti che vogliono vedere da vicino il subcomandante Marcos, si sono già appostati sul lato orientale della piccola spianata dove si tiene la riunione. Dopo qualche minuto, da dietro una collina esce la colonna di insurgenti dell'EZLN che scorta il subcomandante.

Decine di persone e telecamere si affollano al passaggio degli zapatisti armati che occupano il loro posto, dietro la Commissione Sesta (il suo comando civile) e la riunione ha inizio. Seguendo le modalità stabilite, un comandante ed una comandante rivolgono alcune semplici parole di benvenuto ed il subcomandante Marcos legge un messaggio ai presenti.

Subito ha inizio la marcia o la successione di parole che la gente ha portato dai propri luoghi fino alla selva Lacandona. Ucizoni ed il collettivo Cloache Comunicanti, la Scuola di Giornalismo Autonomo Narconews e le madri dei desaparecidos di Chihuahua, il Gruppo Civile di Acámbaro, la società cooperativa Ambiente Pulito, la Rete Oaxaqueña Zapatista, Zacatecanos per la Pace, l'organizzazione Maíz, gruppi parrocchiali e studenteschi di diversi stati, i cineasti di Perfil Urbano e donne in difesa dell'aborto, dei diritti delle lesbiche, per la giustizia per le morte di Juárez.

Il Blocco di Forza Proletaria esprime "il fastidio della società per le pratiche dei partiti politici" e si pronuncia per "la costruzione di un governo democratico e popolare". Il gruppo di Conservazione Sociale del Patrimonio Culturale espone la sua critica alla consegna delle risorse storiche e culturali alla trivialità imprenditoriale ed al capitale multinazionale.

Si ripete molte volte la parola "sovranità" durante i discorsi. Ed anche se non è una riunione di organizzazioni culturali, ci sono più cantori e trovatori che nelle sessioni precedenti. Con la sesta della Sesta si percepisce maggior calore politico. Si recuperano i metodi educativi di Paulo Freire ed il saggio di Un proletariato senza testa, di José Revueltas, la lettura contemporanea di Ricardo Flores Magón insieme a quella di Noam Chomsky e di Toni Negri.

All'imbrunire, Marcos dà lettura della lettera di Tai, una ragazza che non ha potuto essere presente ma che ha molto da dire, come "rappresentante di se stessa" e in rappresentanza di molti studenti disprezzati, sfruttati. "Anche noi giovani siamo in basso. Repressi e soffocati intellettualmente ed artisticamente, sottovalutati, ignorati ed in un mucchio di occasioni oggetto di imposizioni arbitrarie, manipolazioni ideologiche e sfruttamento".

Ma "siamo anche i futuri messicani. Il futuro muratore, la futura avvocata, il futuro scrittore, la futura politica. In molte occasioni, i futuri corrotti, i futuri burocratici irresponsabili, e perché non dirlo, il futuro Fox, il futuro Peje, il futuro innominabile. Siamo, dunque, in basso, siamo nelle radici del Messico per diventare presto i suoi sostenitori nella difesa del nostro paese. Se vogliamo incominciare a trasformarci, bisogna mettersi di lena ad organizzarci per ottenere i cambiamenti che vogliamo".

Non bisogna aspettare di essere deputati per cambiare le cose, legge Marcos. "Bisogna cambiarle, ora, quando ancora si è giovani, senza molto potere, ma con sogni ed illusioni. Non seguiamo il sentiero dei nostri predecessori, abbiamo già visto dove porta. Non sentite questo peso sulle spalle? questa voce che vi sussurra nelle notti 'già basta'?"

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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