La Jornada 11 luglio 2005
A tre settimane dell'allerta rossa, impressionante silenzio nelle comunità ribelli
SECONDO IL GOVERNO "NON STA SUCCEDENDO NULLA" MA LA GUERRA CONTRO LO ZAPATISMO PERSISTE
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Ocosingo, Chis., 10 luglio - Tre settimane di allerta rossa generale. Avvicinarsi alle comunità ribelli significa trovare un silenzio tenace ed impressionante. O esasperante, secondo come lo si veda. Un non dire niente tale che neppure conferma o smentisce il "non sta succedendo niente, è tutto tranquillo" del governo, adesso tanto loquace sull'argomento.

La resistenza, un'altra volta e come sempre, è il cuore del problema nella "in altri tempi chiamata zona di conflitto" (secondo la nuova formula del delegato per il dialogo e la negoziazione - non più di "pace e riconciliazione" - Luis H. Alvarez, che alcuni giorni fa è stato da queste parti a distribuire doni e ricevere petizioni). Il dialogatore ufficiale dà ad intendere che non c'è più "conflitto". Se le cose stanno così, le oltre 100 postazioni dell'Esercito Messicano, per caso sono in vacanza in una zona tranquilla e "normale"? O se ci sfreghiamo gli occhi, forse spariscono, insieme ai casi di tortura da parte della polizia, come accaduto a Yabteclum lo stesso giorno in cui è stata decretata l'allerta rossa ribelle.

La guerra di bassa intensità in Chiapas sembra scorrere lentamente, impercettibile. Ma non si ferma.

L'opinione pubblica può dimenticarla; le comunità la provano quotidianamente nella propria carne.

Il quadro è complicato. Oltre alla militarizzazione profonda, ci sono gruppi paramilitari attivati (in generale, gli stessi di prima); ci sarà anche chi dice solo in forma latente, ma nessuno può negare la loro esistenza a Tila, Sabanilla, Palenque, Chilón, Chenalhó, eccetera.

Nelle sue azioni, il governo federale ha sottovalutato l'allerta rossa dell'EZLN. Continua la risistemazione tattica di postazioni militari iniziata due mesi fa a Chenalhó, dove si trova visibilmente impantanata. Nello stesso tempo, si realizzano e continuano movimenti di truppe verso la "prima" zona di conflitto per "pratica ed esercitazioni" a Rancho Nuevo e dintorni.

Sulla stessa linea, il delegato governativo Luis H. Alvarez ha realizzato la sua undicesima visita in un anno nella prima settimana di luglio. Ha visitato Monte Libano, uno dei posti più "normali" di Ocosingo e di tutto lo stato: centro di prostituzione, enclave militare, paramilitare e priista all'entrata dei Montes Azules e l'ultima valle della Selva Lacandona,
nella regione della fiume Perla. Per aumentare la suggestione, Alvarez ha visitato anche la comunità chiamata Absalón Castellanos, vicina al capoluogo municipale di Altamirano.

Secondo la versione del suo ufficio, il funzionario ha tenuto incontri "con rappresentanti di organizzazioni contadine indigene e con abitanti di comunità ad alto indice di emarginazione. Alvarez ha ribadito la disponibilità del governo federale di portare avanti con loro un dialogo rispettoso e rispondere alle loro legittime richieste di aiuto". Lo accompagnavano i presidenti municipali di Ocosingo, Matías Morales Hernández, e di Altamirano, Pedro Rodríguez Hernández.

E poiché esce fuori il nome dall'ex governatore ed ex prigioniero di guerra dell'EZLN Absalón Castellanos Domínguez, bisogna dire che il generale è uno dei molti che recentemente hanno salutato un presunto "addio alle armi" dei ribelli inventato dalla televisione.

La Jornada questa settimana ha visitato diverse località della "in altri tempi" zona di conflitto. I municipi autonomi mantengono proibito l'accesso alle loro sedi, e gli uffici dei consigli, come nelle cinque giunte di governo nei caracoles, restano chiusi. Si percepisce una certa attività solo nei caracoles dove al loro interno funzionano cliniche autonome (Oventic e La Garrucha). Gli altri caracoles sono deserti, ma non necessariamente abbandonati.

Tutto indica che gli zapatisti hanno dato una svolta alla loro autonomia per proteggere le loro strutture di governo in un momento di rischio e di cambiamento. Al contrario, niente indica che i governi autonomi abbiano smesso di funzionare. Semplicemente hanno smesso di farlo in presenza di chi arriva nei loro uffici, come è accaduto nell'agosto del 2003 ed il 19 giugno di quest anno.

Diversi gruppi e persone della società civile che lavoravano con le comunità autonome fin dall'inizio dell'allerta rossa, restano in attesa tanto in Chiapas come in diverse parti del Messico e all'estero. In forma anticlimatica e silenziosa, le comunità zapatiste portano all'estremo il loro funzionamento autonomo.

Annunciando un'iniziativa politica di portata nazionale ed internazionale, l'EZLN non ha detto che le comunità abbandonavano la resistenza. Non ne avrebbero motivo. Gli accordi di San Andrés continuano a non essere applicati. La militarizzazione è sostenuta e attiva. L'accerchiamento economico è spettacolare. La contrainsurgencia è mascherata da una diffusa operazione istituzionale di "lavoro sociale" ed investimento per lo sviluppo.

Balza agli occhi l'investimento spettacolare nei municipi filogovernativi "leali" il cui paradigma sarebbe Oxchuc, bastione priista nel bene e nel male, e da vari anni territorio privato di una famiglia rappresentata per il momento dal sindaco María Gloria Sánchez Gómez. Un caso di arricchimento coniugale inspiegabile che farà molto parlare in futuro, ma la cui impunità sembra garantita, coperto da una vistosa opera urbana e stradale, l'edificazione di un auditorium municipale monumentalmente e la distribuzione clientelare di serbatoi e materiali da costruzione. In aggiunta, copre un rete "a tentacoli" del trasporto pubblico che ha monopolizzato l'importante tratta San Cristóbal de Las Casas-Ocosingo.

Nel frattempo, municipi ribelli come San Pedro Polhó, San Andrés Sakamch'en de los Pobres, San Juan de La Libertad, Ernesto Che Guevara o Primero de Enero restano chiusi, non immobili. È curioso che proprio ora che gli zapatisti annunciano un'iniziativa che cerca di andare oltre il movimento indigeno, ci rimandino di nuovo ai "tempi indigeni" di cui si parlava tanto durante i dialoghi di San Andrés, intorno al 1996. Forse il lettore se lo ricorderà. Però a dispetto di tutto, la resistenza, l'autonomia, l'allerta rossa e la nuova iniziativa politica si materializzano in territori prevalentemente indigeni.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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