La Jornada - Giovedì 10 marzo 2005
In un manifesto pubblico chiedono rispetto dei loro diritti collettivi ed accesso ai servizi
Donne indigene denunciano persecuzione e discriminazione

ALMA E. MUÑOZ

Donne indigene del mondo hanno denunciato che devono confrontarsi con una situazione molto critica, aggravata dalla militarizzazione crescente e dalla violenza di genere - incluse violenze e traffico di persone dentro le loro comunità - dovute alle azioni controinsurgenti nei conflitti armati.

Mediante un manifesto pubblico, le donne indigene hanno denunciato che gli strumenti macroeconomici ignorano i loro diritti collettivi e limitano loro l'accesso ai servizi di base.

"Abbiamo verificato che l'impoverimento e la discriminazione di genere, etnica e razziale incrementano i rischi per la salute e (per questo) ci appelliamo ai governi affinché adempiano agli impegni da loro assunti di assicurare servizi sanitari accessibili, culturalmente appropriati e di alta qualità, includendo i diritti alla salute sessuale e riproduttiva", così come risposte efficaci alla prevenzione ed alla lotta contro l'aids ed altre malattie che "si ripercuotono sproporzionatamente" nelle comunità emarginate.

Diffuso in Messico dall'Assemblea Nazionale Indigena Pluralista per l'Autonomia (ANIPA), il testo espone lo sconforto delle indigene perché il processo del pieno riconoscimento dei diritti indigeni è lento, nonostante che per secoli "abbiamo lottato contro il genocidio, gli sfollamenti, la militarizzazione, la colonizzazione e l'assimilazione forzata, preservando le nostre culture, identità, i nostri idiomi e le nostre forme di vita come popoli diversi".

Come parte delle denunce presentate, hanno segnalato che i loro popoli sono stati oggetti di "furto sistematico" del loro sapere relativo alla medicina tradizionale, "e a questo hanno contribuito le recenti norme internazionali dell'Organizzazione Internazionale del Commercio, che non riconoscono la proprietà intellettuale collettiva e favoriscono la pirateria da parte di singoli individui e di corporazioni".

Inoltre, hanno riconosciuto nel loro documento che "l'uso irrazionale e monetarista" della natura ha contribuito a cambiamenti climatici globali, che minacciano il pianeta, le implicazioni di tutto ciò sono particolarmente dannose per le etnie, specialmente inondazioni, deforestazione, desertificazione, disgelo dei ghiacciai, erosioni e contaminazione di terre ed acque.

In questo contesto, indigene del Perú, di Colombia, Ecuador, Cile, Brasile, Messico, Paraguay, Bolivia, Filippine, Indonesia, Tailandia e Guatemala, tra le altre nazioni presenti, hanno insistito sul fatto che si sono assunte un ruolo fondamentale nella preservazione del patrimonio culturale dei loro popoli e nella produzione di alimenti nelle loro comunità.

"Siamo praticanti di medicina, farmacologia, botanica, nutrizione e riproduttrici della tecnologia agricola che promuove la diversità, elemento centrale per il mantenimento della biodiversità nel mondo. Siamo pure protettrici dei nostri territori ed abbiamo diritto al dominio sulla proprietà".

Hanno invitato i governi a lavorare congiuntamente perché "possediamo sufficienti conocenze per combattere la povertà nelle nostre comunità e possiamo condividerli" per arrivare alla definizione di strategie di sviluppo sostenibile dentro e fuori le nostre comunità.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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