L’altra campagna si presenta come alternativa strategica per la ri-costituzione della nazione messicana dalla prospettiva degli oppressi e degli sfruttati, e a partire da una pratica politica che rompa con la cultura del caudillismo e la delega dei poteri e dei saperi ad una classe politica professionale. Ciò nonostante, dalla presenza alla riunione convocata dall’EZLN con le organizzazioni non governative emergono le seguenti riflessioni, che hanno una preoccupazione centrale basilare: la società civile e la politica anti-sistema è pronta a portare avanti l’altra campagna?
L’effettivo non toglie il festivo. È necessario riconsiderare se le relazioni autoreferenziali e senza limite di tempo sono il modo migliore per portar avanti un dialogo, una discussione o un incontro. Non si tratta di sottomettere nessuno (molto meno i giovani) al controllo di una disciplina carente di entusiasmo, di creatività artistica e di modalità diverse di comunicare idee e proposte. Ciononostante, la stessa esperienza zapatista, durante il processo che ha portato alla firma degli accordi di San Andrés, mostra che i tavoli di lavoro a tema, con oratori limitati dalla democrazia del tempo, si sono rivelati non solo fruttifere nei risultati, ma anzi sono diventati formatori di un nuovo tipo collettivo di dibattito che prende in considerazione tutti i partecipanti e non solo chi fa uso e abuso della parola.
Smettere di guardarsi l’ombelico. La grande sfida che rappresenta l’altra campagna è trascendere la cosa propria, pensare in modi di articolazione comunale, regionale, nazionale, internazionale, settoriale, nell’ambito del territorio come spazio di lotte e resistenze, e nella profondità dell’azione politica specifica di ogni organizzazione. Non è sufficiente far conoscere con profusione quello che si fa, ma proporre che fare con organizzazioni simili o diverse per sviluppare o potenziare il lavoro in comune.
Né avanguardia né populismo. In innumerevoli occasioni l’EZLN ha dichiarato di non voler assumere un ruolo di avanguardia nella lotta di liberazione del popolo messicano. Ciò nonostante, è un fatto oggettivo che il neozapatismo sia l’unica organizzazione nazionale con l’autorità morale e politica di promuovere l’altra campagna in modo autorevole. Questo comporta responsabilità addizionali e per questo è molto importante proteggere ogni passo e ogni iniziativa che i maya zapatisti compiono, come fattore agglutinante di questo grande sforzo di ricostruzione nazionale. L’insieme del movimento nel suo rapporto con l’EZLN deve rispettare questa realtà senza cadere nel tallonamento o nell’assolutismo, ma riconoscendo la singolarità dell’impegno e della generosità dello zapatismo, assumendo i rischi e le responsabilità che questo implica. Molto spesso si dimentica che l’EZLN e le sue comunità di appoggio soffrono della permanente aggressione dello Stato, delle sue forze repressive e di intelligence, così come dei corpi paramilitari a sua disposizione.
Per la liberazione nazionale e per l’autonomie indigene. Un’interpretazione sbagliata della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona potrebbe essere quella che gli zapatisti con l’altra campagna abbandonino la lotta per l’autogoverno e i processi autonomisti dei popoli indigeni. Proprio perché l’EZLN è fermamente vincolato alla causa indigena è necessario far il salto verso una resistenza anticapitalista, dato che le corporazioni neoliberali sono nemiche per antonomasia delle autonomie e pretendono d’impadronirsi dei territori, delle risorse naturali e strategiche degli indigeni. Il consolidamento delle autonomie passa attraverso la trasformazione del paese e della società, e la formazione di una forza politica nazionale potente e capace di stabilire le autonomie come parte essenziale di una nuova costituzionalità. Non sono gli zapatisti i “superati”, ma coloro che insistono a ridurli entro i limiti del localismo, dell’ecologismo e dell’indianismo. I popoli indigeni nelle loro comunità, regioni, città e spazi di migrazione sono attori attivi della questione sociale e nazionale, protagonisti contemporanei della resistenza anticapitalista per la democrazia, la giustizia e il socialismo.
Non è possibile dividere ciò che è già diviso. Coloro che considerano che l’altra campagna tolga forza alla sinistra istituzionale e diminuisca le sue possibilità di trionfo elettorale nel 2006 non prendono in considerazione che è stato proprio il Partito della Rivoluzione Democratica ad aver causato lungo questi anni la separazione di questo organismo politico dalla società messicana. Sono stati i tradimenti, gli opportunismi, la corruzione, il sequestro dei suoi organismi direttivi da parte di gruppi d’interesse, l’abbandono dei principi fondatori ciò che ha portato discredito e disintegrazione nelle fila dei suoi militanti e simpatizzanti, molti dei quali hanno optato per la separazione o la rinuncia. Non sono i suoi detrattori i responsabili del suo scarso o nullo posizionamento in intere regioni del paese e della perdita di influenza in altre; dell’assenza di lavoro politico nei settori operaio, contadino, studentesco e urbano-popolare; della protesta dei popoli indios per la sua incoerenza, la sua mancanza di interesse e le sue strumentalizzazioni. Se qualcuno ha danneggiato la sinistra di questo paese sono stati quelli che hanno denigrato la politica e l’esercizio del buon governo.
La strada si fa camminando. La maggior sfida dell’altra campagna è ricostruire la cultura e la pratica politica con il proposito di essere all’altezza delle necessità del momento storico che stiamo vivendo, nel quale è necessario definire una direzione distinta per la nostra patria e stabilire un impegno centrato nell’azione collettiva di ampio respiro. Segue la mia adesione pubblica all’altra campagna.
(tradotto da Elisa Puggelli)

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