IL MANIFESTO - 9 APRILE 2005
Messico, giocata killer Fox-Pri
Il Congresso toglie l'immunità a Lopez Obrador, candidato presidenziale favorito
GIANNI PROIETTIS - CITTÀ DEL MESSICO

Definita "una frattura storica" e "un colpo di stato preventivo", la votazione di giovedì scorso, con cui il Congresso messicano ha tolto l'immunità al sindaco di Città del Messico, Andrés Manuel Lopez Obrador - 360 voti contro 127 - apre scenari inquietanti e precipita il paese in una crisi politica di eccezionale gravità. Con questa decisione, orchestrata dal governo Fox e dal suo partito - il Pan, Partido de Accion Nacional - con la complicità del Pri - il Partido Revolucionario Institucional scalzato dalla presidenza ma non dal potere nel 2000 -, si pretende di escludere AMLO, il popolarissimo sindaco della capitale, dalle elezioni presidenziali del luglio 2006. Elezioni in cui, secondo tutte le inchieste, sarebbe il candidato con più possibilità di successo.

Ordita per un anno nell'oscurità dai settori più reazionari del Pan e dalle frange più corrotte del Pri, la conventio ad xcludendum ha un padrino d'eccezione: l'ex-presidente Carlos Salinas de Gortari, che continua a influire pesantemente, dal suo
autoesilio in Irlanda, sulla politica e la finanza messicana.

L'imputazione che porterà Lopez Obrador, uno dei fondatori ed ex-presidente del Prd, il Partido de la Revolución Democrática, di centro-sinistra, davanti a un giudice ordinario è chiaramente pretestuosa. Lo si accusa di non aver rispettato una sentenza che ordinava di sospendere la costruzione di una strada di accesso a un ospedale, la quale passava su terreni privati. Niente in confronto alle accuse - mai arrivate in tribunale - di finanziamenti stranieri alla campagna elettorale di Fox. O ai sospetti di malversazione che gravano su Vamos Mexico!, un'organizzazione creata da Marta Fox, primera dama con ambizioni presidenziali. Niente ancora, in confronto allo scandalo di Pemex, la compagnia petrolifera dello stato che serviva da cassa elettorale del Pri. Ma abbastanza da provocare la perdita dei diritti politici del più popolare dei presidenziabili.

È stata proprio la crescente popolarità di AMLO, che si è disimpegnato molto bene como sindaco della capitale più popolosa e problematica del mondo, a provocare il patto scellerato fra il Pri e il Pan, ansiosi di dividersi il potere in un clima di reciproca impunità, senza nessun terzo incomodo di mezzo. Sulla stampa messicana, c'è già chi chiama "Prian" - Pri più Pan - questa nefasta diarchia, che in preda alla sua ossessione sta precipitando il paese in una pericolosa instabilità. A niente sono servite le voci, anche autorevoli, che dall'estero cercavano di scongiurare la minaccia. Prima della votazione parlamentare di giovedì, il Washington Post ha avvertito che la decisione del desafuero avrebbe rappresentato "un disastro per il sistema politico messicano e forse per la sua stabilità a lungo termine". E Wall Street, la grande finanza internazionale che il governo Fox compiace normalmente senza condizioni, si è mostrata molto preoccupata dagli sviluppi della situazione. I due maggiori partiti, soddisfatti da quella che sembra una classica vittoria di Pirro, non sembrano preoccuparsene.

Evidentemente calcolano che con una dose misurata di repressione e la costosa propaganda televisiva già in atto riusciranno a controllare le inevitabili reazioni popolari e a scaricare uno sull'altro i costi poltici dell'operazione. Ma potrebbero avere sbagliato i conti. Nella sua autodifesa di fronte al Congresso, giovedì, Lopez Obrador ha accusato esplicitamente il governo del presidente Fox e la Corte suprema di aver tramato ed eseguito la sporca operazione che lo ha portato sul banco degli imputati e si è dichiarato completamente innocente. Prima di andare al palazzo di San Lazaro, sede del parlamento, AMLO era stato allo Zocalo, la storica piazza di Città del Messico, dove aveva convocato i suoi sostenitori per una manifestazione di protesta.

Davanti a una folla di 350 mila persone, ha fatto appello alla "resistenza civile e pacifica", ad agire con misura e moderazione, a non cadere in provocazioni e a costituirsi in comitati cittadini d'appoggio. A Roma, dove si trovava per le esequie del papa, il presidente Fox si lasciava andare a dichiarazioni tronfie e ipocrite del tipo "il desafuero dimostra che in Messico è la legge che prevale", forse senza rendersi conto che quella sua giocata, anziché chiudere, ha aperto la partita. Una partita molto rischiosa.

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home