La Jornada – supplemento della domenica Masiosare – 7 agosto 2005
I bambini impaccatori, necessari per il sostegno di migliaia di famiglie
I cerini di Wal-Mart
Jesús Ramírez Cuevas

Nella Città del Messico sono circa 9 mila i minorenni che lavorano come impaccatori nei self-service. Due terzi lo fanno in negozi della catena Wal-Mart. La maggioranza proviene da famiglie povere e contribuisce alle entrate della casa. Non hanno salario, contratto oltre prestazioni, ricevono solo mance dai clienti. La maggioranza studia ed il lavoro nuoce alla loro frequenza scolastica. Anche se autorità ed imprese smentiscono questo fatto, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro lo considera un esempio di sfruttamento infantile. Un'investigazione affronta la problematica delle loro condizioni lavorative e familiari, così come quella delle indebite pratiche imprenditoriali.

Javier ha 14 anni, studia il terzo anno della secondaria e da 12 mesi lavora come impaccatore nel negozio Wal-Mart di Plaza Oriente, in direzione Iztapalapa. Suo padre non vive in casa e sua madre ha perso il suo impiego e così, come suo fratello maggiore, studia e lavora per mantenere la famiglia.

Il suo non è un caso molto comune. Javier ha una borsa di studio per i suoi buoni voti e pratica Tae Kwon Do, per cui è occupato tutto il giorno. Al mattino va a scuola, all’uscita torna a casa per cambiarsi e mettersi l'uniforme di lavoro. Dalle due alle cinque del pomeriggio si affanna nel negozio, dopo si allena col karaté. Dopo aver cenato, fa i compiti fino a notte avanzata.

Per ogni bambino impaccatore ci sono una storia e molte similitudini. La testimonianza di Javier fa parte di un'investigazione intitolata "Etica corporativa e pratiche indebite in Messico: il lavoro degli impaccatori di Wal Mart", realizzata da Ricardo Ramírez, Carmen Zambrano ed Iván Zamora, studenti della Facoltà di Amministrazione dell'Università Autonoma Metropolitana Iztapalapa, con la coordinazione del dottor Eduardo Ibarra Colado.

Dai dodici anni, Javier aiutava la mamma a vendere vestiti di marca, ma le cattive condizioni lavorative la fecero rinunciare, cosicché i due fratelli hanno dovuto andare a lavorare. Il maggiore è dipendente della Mc Donald´s e studia alle superiori.

Le contrarietà hanno unito molto la famiglia. "Noi tre usciamo, mangiamo insieme e conversiamo. A volte facciamo sport, noi alleniamo nella Città Sportiva e mia mamma corre", commenta Javier.

I 600 pesos mensili della sua borsa di studio li dà alla mamma. "Le do un po' più di quello che guadagno nel negozio per le spese e conservo i soldi per trasporti, libri o per quello di cui posso aver bisogno. Per questo motivo lavoro cinque ore e quando posso faccio il doppio turno". Nel negozio guadagna una media di 80 pesos giornalieri, ma il sabato e la domenica può arrivare fino a 200 (nei giorni festivi, come i suoi compagni, può arrivare fino a 300).

Come molti altri bambini, ogni giorno Javier scambia la sua uniforme a quadri della secondaria coi pantaloni neri, la blusa bianca a maniche lunghe, la cravatta, il grembiule e il berretto di Wal-Mart.

Gli impaccatori dei supermercati, meglio conosciuti come cerini, non hanno contratto, stipendio di base né alcuna facilitazione, ciononostante sono obbligati dall'impresa a delle regole formali come se fossero assunti: coprono un orario, hanno delle responsabilità e sono perfino puniti se infrangono le regole.

Questi bambini sono obbligati a lavorare a 14 o 15 anni per le scarse entrate delle loro famiglie, cioè per la povertà. Secondo il profilo delineato dagli investigatori a partire dalle interviste con i cerini, "sono figli di madre sola o quando si tratta di famiglie tradizionali, il padre ha un lavoro precario; nel caso di famiglie grandi sono vari quelli che contribuiscono alle entrate". Questi bambini riescono ad apportare tra il 30 ed il 70% delle entrate delle loro famiglie.

Il quadro legale vigente è deficiente nel regolare il lavoro di questi minorenni, "permette che le imprese approfittino delle condizioni di vita dei bambini per utilizzarli a proprio beneficio", afferma l'investigazione.

Esiste un accordo tra il governo del Distretto Federale (DF) e l'Associazione Nazionale dei Negozi Self-service e Dipartimentali (ANTAD), firmato nel 1999, col quale si pretendeva di proteggerli, ma nei fatti non è rispettato. Nell'accordo c'è scritto che il lavoro è un "appoggio" affinché i minorenni continuino i loro studi.

"Nonostante ciò, i bambini impaccatori continuano ad essere molto vulnerabili", dice l'investigazione della UAM, ma paragonando con quello che succede in altri settori, sono fra i pochi minori lavoratori che contano con qualche protezione legale.

Il lavoro degli impaccatori nei self-service è considerato dall’Unicef come una delle attività classificata come sfruttamento infantile da parte delle imprese.

Un rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) calcola che in Messico esistono 3,5 milioni di bambini che lavorano. "Il lavoro infantile si continua a tollerare, si accetta come se fosse naturale ed è in gran parte invisibile perché spesso è circondato da un muro di silenzio, d’indifferenza e di apatia", ribadisce l'OIL in un documento inviato al Senato messicano. In realtà, l'organismo internazionale lotta per la sparizione totale di qualunque tipo di lavoro infantile.

Il Codice Internazionale del Lavoro stabilisce che i minorenni possano lavorare unicamente nell'industria familiare, "a patto che il lavoro non sia nocivo per la loro età, lo sviluppo e l’educazione. Il lavoro infantile limita lo sviluppo dei bambini, la loro permanenza nel sistema educativo e colpisce la loro crescita psicologica, fisica e sociale".

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, approvata dall'Unicef nel 1989, garantisce l'accesso dei bambini ad alimentazione, salute, educazione e benessere in generale, ma per la loro precaria situazione economica, migliaia di famiglie messicane dipendono dal lavoro infantile.

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La Direzione Generale del Lavoro e della Previsione Sociale (DGTPS) del Distretto Federale nell'ultimo lustro ha concesso una media di 12 mila permessi annuali a minori tra i 14 ed i 15 anni che cercano lavoro come impaccatori nei magazzini dipartimentali (circa 70 permessi al giorno). Più della metà dei bambini provengono da famiglie povere che vivono con un salario minimo, sostengono le analisi di quella dipendenza.

Attualmente, ci sono novemila minori impaccatori registrati nel Distretto Federale, secondo i dati della DGTPS: circa il 70 % lavora in self-service del Gruppo Cifra Wal-Mart (Sam's Club, Bodegas Aurrerá, Superama e Wal-Mart).

Un dato rivelatore è quello delle entrate che percepiscono gli impaccatori, 2 mila cento pesos mensili in media (tra i 60 ed i 100 pesos giornalieri, fino a due salari minimi), che sono superiori a quelli di molti stipendi percepiti dagli adulti. Tuttavia, si tratta di benefici temporanei, perché il limite d’età degli impaccatori è di 16 anni (salvo nella Comercial Mexicana ed in Gigante).

Contrariamente ai propositi enunciati dalle autorità, il lavoro degli impaccatori li allontana dalla scuola e riduce le loro opportunità. "Le imprese non s’impegnano assolutamente rispetto ai bambini o alla loro adempienza scolastica", segnala l'indagine della UAM.

Per lavorare come cerini, la DGTPS esige certi requisiti: oltre ad avere tra i 14 ed i 16 anni, hanno bisogno del permesso dei genitori e di un certificato di studi. La dipendenza fa loro un esame psicologico e fisico molto sommario, secondo gli stessi impaccatori. Nonostante ciò, l'istituzione ha scoperto cinque problemi frequenti in quei bambini: carie, cure dentarie difettose, sofferenze oftalmiche, parassitosi e scabbia. Inoltre, il 25 % dei bambini registra un abbassamento di peso, per le deficienze alimentari.

"Pratiche indebite" di Wal-Mart

Emblema dell'economia globalizzata, Wal-Mart è una delle corporazioni transnazionali più grandi del mondo e con il maggior numero di impiegati: 1,14 milioni. È l'economia 19 del pianeta, con un’entrata annuale di 300 mila milioni di dollari. Inoltre, è la maggiore impresa di vendite dirette al consumatore in Stati Uniti, Canada e Messico.

Nel nostro paese ha 694 sedi, delle quali 323 sono nella zona metropolitana della Valle del Messico. Ad un ritmo vertiginoso, la catena sta inaugurando un negozio nuovo alla settimana e conta con più di 109 mila impiegati.

Wal-Mart controlla il 30 % del mercato dei self-service in Messico e quasi il 6 % delle vendite al minuto (Wal Mart, 2005).

Le pratiche dell'impresa eludono l'etica imprenditoriale e qualsiasi responsabilità sociale, "impone condizioni alle comunità dove si stabilisce, ai fornitori, agli impiegati, alla concorrenza e perfino ai governi", segnalano gli investigatori della UAM.

Per quanto riguarda i suoi lavoratori, che chiama "soci", sono note le sue violazioni ai loro diritti ed i bassi salari (del 26% minori degli altri impieghi simili, segnala l'investigatrice Silvia Ribeiro). E questo quadro include la situazione degli impaccatori.

La sua politica di "prezzi bassi sempre", è reale fino a che non spariscono tutti i concorrenti, poi eleva i prezzi "fino ad un 30%" - ha denunciato l'ANTAD, dalla quale Wal Mart si è ritirata già alcuni anni fa.

La proliferazione di grandi centri commerciali, self-service e dipartimentali ha fatto chiudere i negozi tradizionali (nel 2002 hanno chiuso cinquemila piccoli negozi e si sono persi 18 mila posti di lavoro).

Wal-Mart ha cominciato ad operare nel nostro paese nel 1991. Attualmente controlla diverse imprese di vendita (Sam's Club, Bodegas Aurrerá, Wal Mart, Superama, Suburbia) e tre catene di ristoranti (VIPS, El Portón, Ragazzi).

Condizioni di lavoro

L'investigazione degli studenti della UAM si è basata su interviste a 27 bambini impaccatori, sull'osservazione del loro lavoro e su conversazioni con supervisori di Wal-Mart.

I bambini che lavorano come impaccatori devono comprare l'uniforme richiesta dall'impresa (mentre invece la legge obbliga le imprese a procurarle senza costo) e molte volte lavorano legalmente più delle sei ore permesse (ci sono tre turni di cinque ore ognuno).

Anche se il negozio sarebbe tenuto a far fare ai bambini mezz'ora di lavoro e mezz'ora di riposo, in molti casi (il 33%) lavorano più di 5 ore continuate, dipendendo dall'affluenza dei clienti. Quasi la metà ammette inoltre di lavorare per due turni per guadagnare di più.

Questo lavoro della UAM documenta che "Wal-Mart abusa del lavoro infantile non concedendo un riposo adeguato, non permettendo agli impaccatori di mangiare né pagando loro gli straordinari, ricorrendo a pratiche indebite". "Le condizioni nelle quali lavora l'impaccatore sono l'ideale delle politiche di Wal-Mart, con l'obbligo di compiere un orario, di usare l’uniforme, ma senza godere di un salario, senza diritti né protezione alcuna".

I self-service non vogliono riconoscere una relazione lavorativa con gli impaccatori "perché eleverebbe i costi”, paradossalmente uno dei requisiti che esige ai bambini è di presentare una "domanda di lavoro".

Secondo l'investigazione, prima di "assumere" i bambini, le imprese preferiscono chiedere ai clienti o al cassiere che si facciano carico di impacchettare i prodotti o di contrattare personale di maggior età che potrebbe fare altre funzioni. Wal-Mart sta tentando di arrivare a nuove tecnologie che elimineranno pure i cassieri.

I bambini non hanno ferie e se mancano tre giorni al mese li mettono in malattia, benché permettano loro di assentarsi se hanno un compito a scuola. Se rompono una merce, la devono pagare.

Profilo degli impaccatori

Laura lavora per pagare i suoi studi nel Conalep, dove studia informatica. Sua madre e sua sorella lavorano, ma suo padre non vive in casa, e lei consegna settimanalmente 300 pesos alla mamma, il resto lo usa per la scuola e per le sue spese. "Se non lavorassi, non potrei studiare", spiega.

Ha iniziato un anno e mezzo fa ma sta per finire perché compierà 16 anni, cosicché Laura pensa di andare alla Comercial dove sono ammessi fino ai 18 anni.

Gli investigatori dicono che in una famiglia minima, l'entrata di un impaccatore può coprire fino al 90% delle spese di base della casa. Nel caso delle madri sole con un impiego non qualificato, i minorenni passano da un lavoro precario ad un altro, come Joel che lavora da quando aveva otto anni. Inoltre la maggioranza dei lavori dei genitori sono informali (commercianti, idraulici, cuochi, muratori).

I cerini, oltre a coprire le loro necessità di base con le loro entrate (scarpe, vestiti, alimentazione, trasporto, scuola), devono contribuire alle spese familiari.

Con l’orario flessibile nel negozio, i bambini devono ripartire il loro tempo di lavoro con i compiti scolastici, sacrificando il fine settimana ed il tempo libero, cioè giochi, convivenza con amici e familiari e riposo.

I ritmi di entrata ed uscita dal lavoro e dalla scuola impedisce loro di rispettare orari adeguati per i pasti: la maggioranza va al negozio di mattina senza aver fatto colazione o al pomeriggio senza aver mangiato, ma li puniscono se mangiano lì.

D'altra parte, gli impaccatori sono obbligati a studiare. La verifica avviene ogni sei mesi, quando rinnovano i loro permessi presso l'autorità, ma nessuno si preoccupa del loro adempimento scolare. Wal-Mart chiede loro una media minima di otto nelle votazioni, ma molti (più del 70%), non la ottiene.

In maggioranza sono studenti della secondaria (il 59%), ma un terzo frequenta il liceo. C'è una quinta parte che frequenta scuole private. Il negozio avrebbe l’impegno di dare dei premi per le medie scolastiche, ma li concede in modo discrezionale.

Javier, il cerino con la borsa di studio e karateca, ha ascoltato incredulo uno dei suoi compagni raccontare dell'appoggio ricevuto l'anno scorso a quelli che hanno esibito la loro pagella. "Se avevano una media superiore all’otto, han dato loro 230 pesos in buoni, se era sopra al nove sono toccati loro 400".

"Non l’ho neppure saputo", si è lamentato Javier, che non ha ricevuto quel premio nonostante la sua alta media. Invece, racconta che il Giorno del Bambino il negozio ha preparato loro il pollo stile Kentuky ed ha regalato un pallone ed un gelato "di quello che era avanzato dall'Epifania".

Laura dice: "Io sono uscita dalla secondaria con l’8,7 di media, ma non mi hanno dato nulla, ho saputo che hanno dato dei buoni ad alcuni bambini ma io non ho visto niente".

Anche dall'investigazione emerge che "una buona parte del loro lavoro sta nella relazione coi clienti". Otto su dieci bambini, si sono lamentati di maltrattamenti, disprezzo, mancanza di gentilezza e di rispetto da parte di alcuni clienti. Vorrebbero essere trattati come "bambini che prestano un servizio".

Un altro aspetto importante è che "la convivenza con altri bambini della loro età è un'attrattiva addizionale nel negozio" (soprattutto per quelli nelle cui case c'è maltrattamento), affermano gli investigatori. Quando si allontanano da casa, vedono gli altri impaccatori, i supervisori ed i cassieri come parte della loro famiglia.

La cosa reale è che tanto i supervisori del negozio come i clienti perdono di vista che stanno trattando con dei bambini e li trattano come se fossero dei lavoratori assunti.

Le regole legali sono lettera morta?

Le leggi lavorative e le regole del lavoro infantile si propongono di garantire il benessere dei bambini.

Per esempio, l'Accordo di Protezione dei Minori Impaccatori del Distretto Federale che è stato firmato dall'ANTAD e dal governo del DF contiene impegni che purtroppo non sono quasi mai rispettati.

Gli investigatori della UAM presentano un’analisi particolareggiata dell'accordo. Sottolineano l'inadempienza in molti casi dell’impegno che il lavoro di impaccatore serva come "opportunità per continuare a studiare" e consista in un "appoggio per lo studio”. “Non ci sono controlli adeguati per verificare che tutti gli impaccatori continuino a studiare", segnalano. Discutono anche la messa in pratica del piano di incentivi per i bambini con i voti migliori per fomentare il loro interesse nella scuola che sono concessi ad arbitrio dei supervisori.

Nonostante non abbiano un vero e proprio rapporto di lavoro, gli impaccatori lavorano in un regime lavorativo stretto dove non c'è né sicurezza né stabilità. I supervisori applicano sanzioni e punizioni, secondo i loro criteri e le loro preferenze, per cui i bambini non scappano dall’essere soggetti a condotte arbitrarie, maltratti ed offesi da parte dei supervisori.

* * *

Secondo la Costituzione, l'unico obbligo che hanno i bambini è di andare a scuola, ma la realtà s’impone e devono lavorare.

Le conseguenze dello studio/lavoro si riflettono sul rendimento scolastico, nella mancanza di interesse per continuare a studiare e nel tempo ridotto di cui dispongono per assistere regolarmente alle lezioni ed avere il tempo per le attività ricreative necessarie al loro sviluppo.

"I governi dovrebbero progettare politiche di protezione per i minorenni che aiutino a migliorare le loro condizioni lavorative, in modo tale che il lavoro non rappresenti un ostacolo per il loro buon rendimento scolare, ma solo un appoggio per la formazione dei bambini. Le imprese dovrebbero assumersi le loro responsabilità", conclude lo studio.

I bambini cerini, come tutti i bambini che lavorano, devono essere appoggiati e protetti dagli abusi e dalle violazioni ai loro diritti fondamentali. In questo aspetto, la società ha un obbligo non eludibile.

Oltre Wal-Mart

Contrariamente a ciò che qualcuno potrebbe credere, la situazione degli impaccatori nella catena di negozi Comercial Mexicana è peggiore che in Wal-Mart. L'impresa messicana li obbliga a svolgere compiti che competerebbero ad un lavoratore formale come portare i carrelli nel parcheggio, sistemare le merci invendute in scatoloni, verificare prezzi e caricare pacchi pesanti. Se i bambini o gli adulti non compiono queste attività li sospendono; se sono recidivi li licenziano.

In questo modo l'impresa ha dei risparmi considerevoli perché smette di pagare i salari. Gli impaccatori dell'impresa si lamentano del maltrattamento costante da parte dei supervisori.

La Comer, ad es., non rispetta l'accordo dell'ANTAD con il governo del DF ed accetta impaccatori di 11 anni o maggiori di 20 che falsificano i documenti per poter lavorare.

La catena dà gilet e cravatte ai cerini, ma esige da loro l’uniforme completa, impeccabile. Inoltre, obbliga gli impaccatori a lavorare più ore di quelle permesse dalla legge: ci sono perfino bambini che escono alle dieci di notte perché devono prima sistemare carrelli e merci.

[Dalla ricerca "Analisi del lavoro infantile", realizzata da Diana Ortega, Ibán Martínez e José Baltazar Martínez, studenti della UAM Iztapalapa, coordinati dal dottor Eduardo Ibarra Colado]

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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