La Jornada - Giovedì 4 agosto 2005
Accademici dibattono sul futuro della regione a Madrid
Cresce l'embate transnazionale sulle risorse della AL: Montes Azules, un esempio

ARMANDO G. TEJEDA – CORRISPONDENTE

Madrid, 3 agosto - La strategia delle grandi corporazioni multinazionali per controllare e sfruttare le risorse naturali rappresenta una delle principali minacce per gli strati più poveri della popolazione e per le comunità indigene dell'America Latina, una regione con più di 126 milioni di abitanti in zone rurali. Il corso America Latina nel cambiamento di secolo: tendenze ed alternative, organizzato dall'accademico Pablo González Casanova e Marcos Roitman sotto l'auspicio dell'Università Complutense di Madrid, ha incentrato i dibattiti di oggi sull'incipiente democrazia dei paesi della regione e sulla minaccia di estinzione e sullo sfruttamento della terra, dell'acqua, della pesca e della selva.

L'agrario Vicente Miguel Garcés, professore all'Università Politecnica di Valencia, ha esposto un panorama desolante delle condizioni di vita della popolazione rurale del subcontinente che rappresenta 25 per cento del totale. "In America Latina più del 40 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà ed è la regione con la distribuzione d'entrate più disuguale del mondo. Bisogna aggiungere che negli ultimi 20 anni le disuguaglianze sono cresciute: se nel 1980 il reddito del 10 per cento della popolazione più ricca era 24 volte superiore al 10 per cento della popolazione più povera, oggi la differenza è di 31 volte. Questa è la concretizzazione quantitativa della frase nota che ribadisce come i poveri sono ogni giorno più poveri ed i ricchi ogni giorno più ricchi".

Garcés ha detto che per risolvere questa problematica la prima cosa che occorre è che "la gente direttamente implicata nella produzione di alimenti non abbia difficoltà ad accedere alle risorse naturali necessarie per produrre".

La minaccia del controllo delle risorse naturali da parte delle multinazionali acquisisce tinte più drammatiche e preoccupanti quando si riferisce all'acqua, risorsa che, secondo la Banca Mondiale, potrebbe trasformarsi nel fattore scatenante di una nuova guerra mondiale.

Lotta per il controllo dell'acqua

L'accademico spagnolo e fondatore del Forum Sociale Mondiale ha spiegato: "L'acqua è una di quelle risorse naturali fondamentali. C'è già adesso una problematica che si sta vivendo in Messico che ha a che vedere con l'acqua per consumo umano, agricolo ed industriale. In Chiapas si sta dando un'intensa e sorda lotta per il controllo della riserva dei Montes Azules e per lo sfruttamento strategico delle sue risorse naturali. In questa lotta i popoli indigeni della regione si trovano a dover affrontare gigantesche corporazioni multinazionali. E bisogna inoltre considerare che in Messico, dei sette bacini idrologici, sei sono ad un livello molto alto di inquinamento ed uno è solo ad un livello accettabile di purezza ed è quello del fiume Usumacinta, proprio quello che percorre la riserva dei Montes Azules".

A giudizio di Garcés, la situazione che si sta vivendo nei Montes Azules permette di comprendere "le chiavi dei più gravi conflitti sociali che si stanno producendo in questo momento in America Latina, poiché siamo davanti ad un tentativo perfettamente progettato e portato avanti con risorse sufficienti per arrivare all'appropriazione privata di qualcosa che fino ad ora conoscevamo come patrimonio dell'umanità: l'acqua, la terra, la pesca, le selve, i semi..."

L'allerta è sempre maggiore, perché secondo l'agrario spagnolo "siamo in un processo nel quale un gruppo molto ridotto di grandi corporazioni sta sviluppando, in connivenza con alcune sfere del potere mondiale, piani concreti di appropriazione delle risorse naturali. Ciò spiega come le organizzazioni contadine dell'America Latina e dell’Africa abbiano incominciato da tempo ad elevare la loro protesta, che è uno dei motori dei tentativi di aver risposte mondiali alla globalizzazione neoliberale che colpisce la produzione e la distribuzione di alimenti".

Nell'esposizione di Marcos Roitman si è parlato della situazione di debolezza delle democrazie latinoamericane, nelle quali impera la visione occidentale di una "democrazia rappresentativa" che attenta al principio attivo di questo concetto. In quanto alla legittimità dei popoli indigeni e dei movimenti sociali nel difendere le loro risorse ed ostacolare il dominio assoluto delle multinazionali, Roitman ha segnalato che "non bisogna intenderli come un elemento sovversivo né come un problema di colpo di Stato. È la difesa di fronte alla violenza strutturale di un Stato che sta distruggendo la possibilità di identità nazionale".

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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