La Jornada 3 luglio 2005
Carlos Fazio
ADDIO ALLE ARMI?

Lo scorso 26 giugno, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) annunciava che, con l'avallo del 98% delle sue basi di appoggio, "intraprenderà una nuova iniziativa politica di carattere nazionale ed internazionale". Dopo aver
analizzato"i vantaggi e gli svantaggi, i pericoli ed i rischi", il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno ha deciso un "nuovo passo" per "costruire un'altra cosa". Poi, nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona ha specificato: "Siamo arrivati ad un punto in cui non possiamo più andare oltre, è possibile che perdiamo tutto quello che abbiamo se rimaniamo dove siamo ora e non facciamo nient'altro per andare avanti. Ovvero, che è arrivato il momento di rischiare un'altra volta e compiere un passo pericoloso ma che vale la pena. Un nuovo passo in avanti nella lotta indigena è possibile solo se gli indigeni si uniscono con operai, contadini, studenti, insegnanti, impiegati, cioè i lavoratori della città e della campagna".

Nell'ambito del Piano La Realidad-Tijuana, l'EZLN propone di realizzare un altro incontro "intergalattico" ed annuncia il lancio di una "campagna nazionale" per la costruzione di un'altro modo di fare politica, un programma di lotta nazionale e di sinistra, e per una nuova Costituzione.

Nei circoli dei servizi segreti militari, il documento è stato interpretato come un "addio alle armi" dell'EZLN. E questa sembra essere l'impressione che prevale anche in settori vicini allo zapatismo: si interpreta come se la costruzione di "un'altra cosa" passi, in questa fase, per la fucina di un'organizzazione politica strutturata "dal basso verso l'alto", alternativa al neoliberismo. La costruzione di un polo politico e sociale nazionale, in alleanza con i lavoratori della campagna e della città che costituiscono la spina dorsale della sinistra storica, senza che questo implichi trasformarsi in un partito politico ufficiale né che stiano optando per la via elettorale.

L'inizio della nuova fase zapatista coincide col processo di militarizzazione portato avanti dal governo di Vicente Fox su scala nazionale, come complemento della sua azione antisociale e antidemocratica. Su pressione degli Stati Uniti, Fox ha finito per assegnare all'esercito federale funzioni di polizia interna.

L'operazione México Seguro (studiata a Washington) significa l'abdicazione senza precedenti alla sovranità nazionale. Il fatto che l'esercito si dedichi a vigilare la frontiera meridionale dell'impero, abbandonando la sua funzione principale di difesa del territorio nazionale, pone il Messico davanti al rischio di una disintegrazione dello Stato.

La riapparizione zapatista è avvenuta dopo un paio di fatti solo in apparenza non collegati tra loro.

Uno, la decisione unilaterale della Banca Bilbao Vizcaya Argentaria Bancomer, a capitale spagnolo, di cancellare alla fine di maggio nove conti correnti di Enlace Civil, gruppo incaricato di gestire donazioni nazionali ed internazionali destinate all'EZLN. L'argomento addotto dall'istituto bancario è stato quello di "proteggersi dal riciclaggio di denaro
sporco
" e di "evitare operazioni a rischio".

Due, le operazioni "antidroga" realizzate dalla Segreteria della Difesa Nazionale i giorni 15, 16 e 17 giugno. Subito, editorialisti con accesso a fonti di intelligenza militare cominciarono a diffondere "informazioni" sul presunto legame dell'EZLN con gli "affari del narcotraffico". La costruzione mediatica di quella che è stata definita narcoguerriglia è una
strategia utilizzata dagli Stati Uniti nei paesi andini che potrebbe servire al Pentagono per mettere piede in Messico. L'attivazione di México Seguro, insieme alla riattivazione di gruppi paramilitari in Chiapas, alimenta l'ipotesi di un'eventuale provocazione governativa in questa congiuntura.

Il processo di ristrutturazione zapatista veniva da prima. In un comunicato, il subcomandante Marcos informava che dalla metà del 2002 l'EZLN "è entrato in un processo di riorganizzazione della sua struttura politico-militare. Questa riorganizzazione interna è ormai finita. Ci sono le condizioni necessarie per sopravvivere, come organizzazione, ad un attacco o azione del nemico che elimini la nostra dirigenza attuale, o che cerchi di annienarci totalmente. I livelli di comando ed il passaggio di responsabilità sono state chiaramente definite, così come le azioni e le misure da prendere in caso di aggressione da parte delle forze governative e dei suoi paramilitari... (L'EZLN è) in condizioni di continuare a dirigere la lotta zapatista, anche nel caso perdesse parte o la totalità della sua dirigenza attualmente nota pubblicamente, a causa di arresto, morte o per sparizione forzata".

Poi nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona ribadisce: "Ci siamo anche accorti che l'EZLN, con la sua parte politico-militare si intrometteva nelle decisioni che spettavano alle autorità democratiche, come si dice 'civili'. "Il problema è che la parte politico-militare dell'EZLN non è democratica, perché è un esercito, ed abbiamo visto che non è un bene che la parte militare stia sopra e la parte democratica sotto, perché non deve essere che quello che è democratico si decida militarmente, ma deve essere il contrario: cioè, che sopra la parte politica democratica comanda e sotto la parte militare obbedisce. O forse sarebbe meglio che niente sia sotto ma che tutto sia allo stesso livello, senza parte militare, per questo gli zapatisti sono soldati, affinché non ci siano soldati".

In nessun momento l'EZLN ha fatto riferito all'abbandono della via armata. Pertanto, è un'organizzazione militare clandestina che il primo gennaio del 1994 ha dichiarato guerra all'esercito federale e dopo negoziati con i governi di Carlos Salinas ed Ernesto Zedillo è protetta da una legge di concordia e pacificazione che ha dato luogo ad una tregua armata che scadrà davanti ad un eventuale riavvio delle ostilità belliche da parte di qualcuna delle parti. Tutto da vedere, quindi.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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