La Jornada - Mercoledì 31 marzo 2004
Denunciano all'ONU l'attentato alla libertà di espressione
Condannano la penalizzazione in Chiapas per calunnia e diffamazione

"Chi critica può finire in carcere"
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 30 marzo - Giornalisti, difensori dei diritti umani ed altri oppositori alle riforme del Codice Civile del Chiapas che penalizzano la "diffamazione" e la "calunnia", pensano che "oltre a trasgredire il buon senso comune, il clima di pace e democrazia", queste riforme sono un attentato al quadro legale firmato dal governo messicano, come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che dice: "Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione; questo diritto include il non essere molestato a causa delle sue opinioni, il diritto ad investigare ed a ricevere informazioni ed opinioni, e il diritto a diffonderle, senza limitazione di frontiere, con qualsiasi mezzo di espressione".

Contraddice pure la Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell'Uomo, il Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici e la Convenzione Americana sui Diritti Umani. Quest'ultima stipula: "Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero e di espressione. Questo diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di qualsiasi indole, senza tener conto delle frontiere, sia oralmente che per scritto o in forma impressa o artistica, o con qualsiasi altro procedimento eletto".

La Dichiarazione dei Principi sulla Libertà di Espressione della Commissione Interamericana di Diritti Umani (CIDH), dell'Organizzazione degli Stati Americani, proibisce "la censura previa, interferenza o la pressione diretta o indiretta su qualsiasi espressione, opinione o informazione diffusa con qualsiasi mezzo di comunicazione orale, scritto, artistico, visuale o elettronico". La protezione della reputazione deve essere garantita "solo attraverso sanzioni civili, nei casi in cui la persona offesa sia un funzionario pubblico o persona pubblica o privata che sia coinvolta volontariamente in affari di interesse pubblico". Le leggi che penalizzano la "espressione offensiva" diretta a funzionari pubblici, "generalmente note come 'leggi d'irriverenza', attentano contro la libertà di espressione ed il diritto all'informazione".

Così un gruppo di giornalisti del Chiapas ha consegnato un documento all'ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani contro la legge bavaglio, dato che "attenta contro la libertà di espressione". La lettera, diretta al relatore speciale della Commissione dei Diritti Umani per la Promozione e la Protezione del Diritto alla Libertà di Opinione e di Espressione, Ambeyi Ligabo, denuncia che le riforme previste in Chiapas coartano, condizionano e limitano il libero esercizio della stampa. Chiedono quindi che il Congresso locale discuta le riforme e aggiunte congruenti con i lineamenti democratici e di rispetto dei diritti umani.

Secondo Giornalisti del Chiapas, l'Associazione Civile per la Libertà d'Informazione, diversi centri dei diritti umani ed altre organizzazioni, le riforme "sono un retrocesso rispetto ai progressi democratici e inibiscono la libertà di espressione ed il diritto ad informare". Nella loro analisi, segnalano che nel 2002 la Relazione Speciale per la Libertà di Espressione della CIDH ha lamentato l'assenza di progressi significativi.

Preoccupa la CIDH che i "delitti contro l'onore" siano usati con uguali fini che il delitto di irriverenza verso i funzionari pubblici. Afferma che il fatto che i funzionari pubblici sono soggetti a minore e non maggiore grado di protezione di fronte alle critiche e al controllo pubblico, significa che la distinzione tra le persone pubbliche e private si deve effettuare anche nelle leggi ordinarie riguardanti diffamazione, ingiurie e calunnie.

Il relatore afferma: "La possibilità di abuso di tali leggi da parte di funzionari pubblici per far tacere le opinioni critiche è tanto grande in questo caso come nelle leggi di irriverenza". La CIDH considera che l'obbligo dei governi è "la protezione statutaria contro gli attacchi intenzionali all'onore e alla reputazione mediante azioni civili e con leggi che garantiscano il diritto di rettificazione o di risposta". Per assicurare la libertà di espressione, gli stati devono adeguare le loro leggi su diffamazione, ingiurie e calunnie "in modo tale che si possano solo applicare sanzioni civili nel caso di offese a funzionari pubblici".

Giornalisti e organizzazioni civili e dei diritti umani hanno sollecitato il relatore speciale della CIDH, Eduardo Bertoni, affinché "faccia un esortazione diretta al presidente Vicente Fox ed ai 32 governatori perché si depenalizzi la diffamazione". Inoltre "nel caso del Chiapas, dove la Commissione dei Diritti Umani dell'ONU ha espresso di recentemente la sua preoccupazione per la continua violazione dei diritti umani, faccia un appello al governatore ed al Potere Legislativo perché si faccia marcia indietro sulle riforme al Codice Penale, in ciò che si riferisce ai reati contro l'onore".

Il 28 febbraio, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas ha chiesto al governo del Chiapas di non pubblicare le riforme perché sono "antidemocratiche", visto che "avranno come conseguenza l'ostacolare l'esercizio fondamentale del diritto all'informazione e alla critica come parte del libero pensiero. Le pene sproporzionate diventano una persecuzione alla libera espressione ed al diritto a ricevere e dare informazione".

Secondo il ricercatore Gustavo Castro, "con le riforme, il governatore inibisce qualsiasi critica. Se marci per le strade, ti cade la repressione. Se ti riunisci o ti associ, sei terrorista. Se pensi diverso, non vuoi lo sviluppo. E adesso se parli, vai in carcere. Se una persona denuncia sulla base di fondate sospetti che qualche funzionario pubblico è corrotto, può prendersi nove anni di carcere come i narcotrafficanti, i violatori, i sequestratori e gli omicidi. L'opinione passa della via civile a quella penale. Così, giornalisti, leader sociali, centri dei diritti umani, organizzazioni civili o qualsiasi altra che ponga problemi potrebbe finire in carcere".

Mentre "continueranno ad andar liberi paramilitari, banchieri o ex-funzionari di comprovata corruzione". Il governo "legittima, legalizza e monopolizza non solo l'uso della forza e della coercizione, ma perfino la bugia. Possono affermare, mentendo alla cittadinanza, che non violano i diritti umani, che non c'è povertà, che non stanno privatizzando la Petroli Messicani o la Commissione Federale di Elettricità, che c'è sviluppo e che non esiste disoccupazione. Possono dire che non ci sono stati né sgomberi né repressione anche se i picchiati sono lì sotto gli occhi di tutti".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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