LA VITA AL "TIEMPO" DI AMADO AVENDANO
HERMANN BELLINGHAUSEN
Governatore ribelle contro tutti i pronostici, è sempre stato un personaggio improbabile, straordinario e, come lui stesso ha ripetuto, indistruttibile. Da dove cominciare? Alcune date saranno sempre occupate da Amado Avendaño. Dopo la visita nella Selva Lacandona dei vertici del PRD nel maggio del 1994, il partito designa il cittadino Avendaño quale candidato a governatore del Chiapas. A luglio, potenti priisti tentano di assassinarlo. L'8 dicembre prende possesso della carica di governatore ribelle. Il 14 febbraio del 1995, il governatore ufficiale Eduardo Robledo Rincón si ritira ed al suo posto arriva Julio César Ruiz Ferro, che ancora oggi deve rispondere di decine di vite indigene. Quel 4 marzo arriva nello Zócalo, capeggiata da Amado, la marcia dell'Assemblea Statale Democratica del Popolo Chiapaneco. Ma la storia inizia molto prima.
Il tempo nella voce dei suoi contemporanei
Martedì 6 febbraio 1968 apparve a San Cristóbal de Las Casas il primo numero del settimanale "Tiempo", diretto da Amado ed Elmer Avendaño, che nel loro primo editoriale annunciano: "Qui il lettore curioso troverà la notizia, prodotto di verifiche e indagini preventive, il commento misurato: il polso degli eventi. E come substrato che lo anima e gli dà vita, l'entusiasmo giovanile dei suoi dirigenti ed il fermo proposito di dire la verità: l'impegno verso la comunità di essere il suo sostenitore nelle sue giuste richieste ed aspirazioni. Benvenuto quindi nel mondo delle lettere, e che il nostro pubblico, giudice capace di quanto è buono e costruttivo, dia il suo verdetto completamente favorevole allo spirito che regola e regolerà questo settimanale".
Sono trascorsi 34 anni e quell'entusiasmo è diventato scuola per i giornalisti di Chiapas, Messico e del mondo. Amado Avendaño, il decano dei giornalisti locali, precursore della difesa dei diritti umani e indigeni ne Los Altos del Chiapas, è stato sempre, come lui stesso riconosce, un uomo amato da chi lo conosce, che siamo in tanti. "Avvocato di professione, giornalista d'ufficio".
Nel 1998, Javier Molina ricordava a "La Jornada" la pietra miliare del "Tiempo", la sua seconda fondazione: "Un altro martedì, l'11 gennaio del 1994, la pubblicazione è ormai un quotidiano diretto da Concepción Vilafuerte, moglie di Avendaño. Quel giorno apparve una nuova notizia: il 'Tiempo' aveva ricevuto un comunicato dell'EZLN affinché fosse pubblicato". In quel comunicato il subcomandante Marcos scriveva: "I compagni mi hanno incaricato di vedere in che modo possa essere reso pubblico, credo che il suo giornale possa essere un tramite affinché questo pronunciamento venga diffuso da altre parti. Non chiediamo che siate d'accordo con noi o con il nostro percorso, ma solo che ci sia data l'opportunità di dire la nostra parola sulla stampa. Speriamo che attraverso voi, quel poco di giornalismo onesto ed imparziale che resta in Chiapas, possa essere esaudita la richiesta di diffusione che fanno i compagni del CCRI".
Giorni prima, il primo gennaio del 1994, il "Tiempo" aveva dato notizia al mondo del sollevamento indigeno che avrebbe cambiato il Messico ed in particolare la vita di Amado Avendaño Figueroa, il primo reporter che parlò con i ribelli nella piazza centrale di San Cristóbal del Las Casas.
A partire da quel giorno, gli uffici del "Tiempo", cioè la casa di Amado e della sua compagna Concepción Villafuerte, si trasformò in sala di redazione e diffusione per i principali quotidiani di America ed Europa. In breve, divenne il primo servizio fax della scintilla zapatista appena accesa.
Nella sua modesta quotidianità, nel suo apprendistato degli indigeni degni, la famiglia Avendaño Villafuerte (comprese le figlie Amalia, Elia e Concepción, il figlio Amado ed il genero Elio Henríquez) era preparata a quello che accadde. E che quasi costò la vita a don Amado. La sua storia è ormai nella storia. "La storia del periodico il 'Tiempo' - ha detto Juan Balboa - è il tempo della storia del giornalismo chiapaneco contemporaneo. È impossibile separarlo, sembrano nati insieme. Le pagine composte in principio parola per parola e poi in quel puzzle che era la stampa, hanno delineato un giornalismo aperto, critico e soprattutto, popolato dai poveri tra i poveri che furono e continuano ad essere emarginati della stampa".
Nel trentesimo anniversario del "Tiempo", Jaime Avilés disse: "continua ad essere, eroicamente, il primo giornale dei popoli indios del Chiapas e questo titolo su cui che nessuno potrebbe discutere senza insultarsi da solo, è il suo più grande baluardo di gloria".
Lo storiografo Andrés Aubry ha ricordato: "Il 'Tiempo' pubblicava quello che succedeva per strada, era la notizia calda, pertanto taciuta dal resto della stampa. Tutti i numeri di questo giornale sono documenti storici, ha perfino delle foto che sono di per sé notizia".
Per Jesús Ramírez Cuevas: "quelle belle pagine fanno già parte della storia". Guimar Rovira, autrice di "Le donne di mais" ed una tra i molti "figli" giornalisti che furono accolti dagli Avendaño, ha dichiarato che il "Tiempo è stato una scuola di giornalismo, di dignità, di amore, di impegno. Lì ho trovato un computer, una scrivania e un abbraccio quando ne avevo bisogno". Lo statunitense John Ross lo ha chiamato "giornalista crociato".
La morte scampata
Nel settembre 2000, il giornalista José Reveles documentò l'esistenza di un complotto per assassinare nel 1994 l'indistruttibile Amado Avendaño. Concepción Villafuerte denunciò che tra i complottanti c'erano Eduardo Robledo Rincón e Jorge Enrique Hernández Aguilar, oltre al mandante dell'operazione criminale, Germán Jiménez Gómez.
Reveles rese noto che Jiménez aveva già tentato di assassinare Amado Avendaño il 16 luglio del 1994. In quell'alba del 25 luglio, un camion Kenworth, guidato da Luciano Tress Virgen, investì il camioncino sul quale Avendaño ed i suoi collaboratori si stavano dirigendo a Tuxtla Gutiérrez per partecipare ad una colazione con gli altri candidati al governatorato nelle elezioni di quell'anno. "Nell'incidente" persero la vita Jorge Ernesto Fonseca García, Agustín Rubio Montoya e Rigoberto Mauricio Villafuerte. Avendaño sopravvisse, ma in condizioni di salute tali che gli impedirono di proseguire personalmente la sua campagna. Per mesi perse la parola e rimase con danni permanenti alla vista.
I responsabili, coperti dall'apparato governativo, non solo continuano ad essere impuniti, ma hanno anche ricevuto "premi". In testimonianze scritte per suoi figli da doña Conchita, lei stessa informa che Hernández Aguilar ricevette in "pagamento" la titolarità della Procura Generale di Giustizia dello stato, prima di passare al Coordinamento della Pubblica Sicurezza, carica che occupava durante il massacro di Acteal. Don Amado raccontò a sua volta nel 2000 che, venuto a conoscenza del complotto, ne soffrì talmente fino ad ammalarsi. Non poteva credere che il suo vecchio discepolo e protetto avesse attentato contro di lui.
In una lunga missiva inviata da Villafuerte a Hernández Aguilar si legge: "Se tanto grande era l'impegno che avevi con Eduardo Robledo Rincón, perché non l'hanno studiato meglio e non hanno ammazzato solo il candidato? Perché dovevano ammazzare degli innocenti, dei giovani che avevano appena cominciato a vivere?...
Noi abbiamo l'obbligo di dire ai nostri morti che i loro assassini sono vivi e godono di buona salute, che continuano a riprodursi ed a provocare altri". E poi gli dice: "Tu adesso stai dalla parte dei corrotti, dei repressori, dei criminali" e ricapitola il suo percorso legato alla creazione dei gruppi paramilitari. Dopo avergli augurato di vivere molti anni, "tanti quanto saranno necessari per vedere i frutti delle tue azioni", gli ricorda la sua partecipazione nel massacro di Acteal.
Avendaño aveva detto ad una delegazione di osservatori internazionali: "A causa dell'incidente ci fu un un'esplosione pubblicitaria straordinaria ed allora il popolo, per coraggio, per emozione, per ammirazione, il giorno delle elezioni un mese dopo l'incidente-attentato, votò per me. Mentre Ernesto Zedillo viene a conferire il comando a Robledo, il popolo del Chiapas si concentra nella capitale dello stato, Tuxtla Gutiérrez, e mi dice ti diamo il 'Bastone del comando' perché tu hai vinto. Gli zapatisti mi riconoscono come loro governatore e ci insediamo come governo di transizione in ribellione. Il problema è che non abbiamo risorse, il popolo è povero. Contribuisce alle spese, ma poi è arrivato un momento in cui non abbiamo più potuto mantenerci. I miei collaboratori, a poco a poco, sono stati eliminati (piombo o denaro)".
E ricorda che, ai tempi eroici del "Tiempo", "un altro che mi aiutò fu Samuel Ruiz García. C'erano volte che bisognava pagare multe o cauzioni ed allora quando io non avevo soldi andavo dal vescovo. In questo modo abbiamo tirato fuori gente dalla prigione e quando la pressione giuridica non bastava per il fatto che erano indigeni e senza risorse, facevamo la denuncia pubblica, in modo tale che il giornale si trasformò in un portavoce degli indigeni. Mi avevano preso come una specie di loro collaboratore o loro aiutante".
A dicembre del 1994, l'EZLN invitò Amado Avendaño a diventare il capo del governo popolare in ribellione dello stato del Chiapas e contemporaneamente dichiarò territori in ribellione le località occupate dalla popolazione civile "che appoggia la nostra giusta causa". L'appello dell'EZLN fu accompagnato dall'offensiva "Pace con Dignità per i Popoli Indios del Chiapas" mediante la quale si crearono i municipi autonomi.
All'alba del gennaio 1994, il "Tiempo" di San Cristóbal sintonizzò il mondo intero in una volta. Era un fenomeno al quale l'altro fenomeno, l'insurrezione indigena, diede una dimensione universale. In quei giorni di sorpresa e confusione, di caos e pericoli, i testimoni che si avvicinavano trovavano nel "Tiempo" un aggancio. La notizia sembrava sproporzionata e gli elementi per comprenderla stavano nel "Tiempo". I primi fax al mondo, i primi cablogrammi, uscirono da una semplice casa nel quartiere di San Diego, poco diversa da quelle che la circondano: la casa-ufficio degli Avendaño Villafuerte. Diverse crisi colpirono il "Tiempo" che fu ritirato dalla circolazione, ma si reincarnò nel settimanale "Tiempo" e poi ne "La Foja Coleta".
L'otto dicembre del 2000, l'EZLN diffuse un saluto: "Termina il suo periodo di sei anni a capo dell'esecutivo dello stato del Chiapas, il Governatore in Ribellione, don Amado Avendaño Figueroa. Durante il suo mandato ha subito persecuzioni, calunnie e, quando era candidato, un attentato contro la sua vita. Tuttavia, si è mantenuto fermo e, nonostante minacce e ricatti, ha continuato il suo lavoro senza timori.
Tra i suoi successi c'è la diffusione delle istanze indigene in tutto il mondo, la sua opposizione alla militarizzazione e paramilitarizzazione delle comunità, il suo ripudio alla strategia di simulazione del governo zedillista ed il suo attaccamento ad un'etica politica dalla quale molti potrebbero imparare tanto".
E siamo ancora qui.
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo)
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