La Jornada - Giovedì 23 settembre 2004
I 643 coltivatori di caffé della società esportano già in vari paesi d'Europa
La cooperativa Mutvitz, prova della legalità dell'autonomia in Chiapas

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

La Estacion, Chis. 22 settembre - Le cooperative degli uomini e delle donne di San Juan de La Libertad portano nomi tanto improbabili come Cerro del Pajaro o Rinoceronte (in tzotzil Mutvitz e Xulum Chon, rispettivamente). Tanto improbabili come la loro stessa esistenza. E sono vitali. Senza sussidi né protezioni, fuori dai programmi governativi, e senza dover consegnare il loro caffé alle multinazionali affinché lo tritino, cioè lo facciano "solubile", Mutvitz è la prova che, nonostante l’accerchiamento militare ed economico, l'autonomia ha una possibilità. E per di più, legale.

E l’esperimento si allarga. In questi giorni, 230 dei 500 membri di Cirsa, una cooperativa filo-governativa di produttori di caffé di Simojovel, hanno sollecitato il permesso di entrare nella cooperativa Mutvitz. Tutti sono zapatisti del municipio autonomo 16 de Febrero. Argomentano che il tavolo direttivo del Cirsa, che identificano come "priísta", fa dei brutti maneggi, non presenta i conti né offre dei prezzi buoni. Quelli che vogliono cambiare non solo preferiscono le pratiche di Mutvitz, ma sono già produttori organici ed inoltrano la loro certificazione per entrare nella cooperativa autonoma.

- Non è così semplice farli partecipare, anche se sono compagni zapatisti - dice José Ramón Díaz Hernández, presidente di Mutvitz (cooperativa che nacque in San Juan de La Libertad ma che raggruppa già 634 produttori autonomi di San Andrés Sakamch'en, Magdalena de La Paz, Bochil, Chalchihuitán e Simojovel).

- Per fare il passaggio c’è bisogno di una lettera del Cirsa. Quelli che vanno via lo fanno per loro propria volontà. Non li stiamo spingendo, non abbiamo niente a che vedere, ma se vogliono venire con noi, chiediamo un certificato che sono "organici", cioè produttori di caffé organico. Non ci aspettiamo che il tavolo priísta glielo conceda. Si deve inoltrare a Certimex (che dà i certificati) il documento.

- Quando uno cambia a "organico", devono passare tre anni durante i quali deve provare che adempie ai requisiti - spiega Andrés Ruiz Gómez, segretario di Mutvitz.

Una casa modesta ma solida, nella comunità La Estación, serve da ufficio e da sala riunioni per Mutvitz. Una gran quantità di banche e di sedie di legno, tre tavoli ed una gran bilancia riempiono la sala nella quale cinque membri del direttivo parlano con La Jornada. Vengono da San Cristóbal de Las Casas, dove sono stati da un notaio per protocollare dei documenti della società. Poco più in basso, dall'altro lato della strada, si trova la società di caffè Tzotzil Otik ("di tutti i tzotziles”), costruito dal governo che raggruppa contadini del PRI, del PRD e del PT.

- Diamo più di loro ed abbiamo una tariffa fissa - spiega Díaz Hernández. Riferisce che molti membri delle società vicine sono genitori, figli, fratelli "e non c'è conflitto".

Mutvitz risale al 1997, "prima dell’attacco contro San Juan de La Libertad", ma è stato costituito formalmente nel 1998, dopo lo "smantellamento" del suo municipio autonomo. Da allora si è orientato verso la produzione di caffé organico per inserirsi nelle reti alternative del commercio internazionale. Il suo primo compratore è stato Kerry Appel che ha aperto loro il mercato negli Stati Uniti. Oggi hanno vari clienti: col tempo si sono inseriti in Germania, Svizzera, Francia ed ora vendono caffé solidale con gli zapatisti in Zurigo ed altre città.

- L'anno scorso abbiamo esportato 15 container, con 250 sacchi di 69 chili ciascuno. Di volta in volta aumentiamo. Due anni fa abbiamo raggiunto i 10 container e per il 2004 speriamo di arrivare a 18 o più – ci dice il presidente della cooperativa.

- Si guadagna 1,41 dollari per libbra, ma questo importo diminuisce per le spese di esportazione, ricevute, dogane, trasporto, ecc.. Il guadagno si divide in parti uguali. Paghiamo 23 pesos il chilo ai produttori.

Ciononostante, la produzione continua ad essere insufficiente, ed il mercato non è garantito. Bisogna negoziarlo anno dopo anno.

- Prima del raccolto si fa un pre-contratto col compratore. Una volta firmato, si sa che c'è un impegno serio e si fissa la data per l'invio del caffé. Ma ora si avvicina il raccolto ed ancora non abbiamo nessun contratto - riconosce il presidente di Mutvitz.

- Siamo legali. Protocolliamo il tavolo direttivo ogni che cambia, paghiamo il notaio, abbiamo il registro federale del fisco. Siamo registrati. Per questo possiamo esportare.

Ci dice che in simili condizioni opera anche un'altra cooperativa zapatista, chiamata Nuova Luce del Cielo (Yachil Xojobal in tzotzil), con l’ufficio nel caracol di Oventic, dove anche Mutvitz ha un ufficio.

- I compagni esportano meno. Quest’anno sperano di riempire cinque o sei container. Stanno appena incominciando.

I produttori di caffé di Mutvitz hanno un’assemblea ogni mese, alla quale vanno i rappresentanti di tutte le comunità. Lì comunicano i loro problemi e prendono le decisioni. Il direttivo cambia ogni tre anni.

La cooperativa di ricamatrici ed artigiane Xulum Chon è nata quasi allo stesso modo di Mutvitz, perché se gli uomini producevano caffé, non avevano sacchi, cosicché bisognava confezionarli e cucirli, e di questo si occupavano le donne. Col tempo, le artigiane hanno fatto evolvere la loro produzione con una produzione commerciale di bluse, gonne, borse, camicie. Ora hanno un ufficio ed un negozio nel caracol di Oventic. Curiosamente, lì non vendono le bellissime camicie con greche viola che loro vestono tutti i giorni.

L'esperienza dei produttori di caffé e delle ricamatrici di San Juan de La Libertad sono esemplari di come l'autonomia può camminare a partire dalle piccole cose. Con l'applicazione nei suoi territori degli accordi di San Andrés (non rispettati dal governo), le basi d’appoggio dell'EZLN stanno dimostrando che le loro richieste sono compatibili con la realtà e che la sua resistenza non attenta alla sovranità nazionale né alla convivenza tra fratelli. Questi villaggi cercano vivere meglio, a loro modo e con indipendenza. Manco fosse chiedere molto.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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