Leggere un video

Prima parte: Un isolotto

Con la protezione della pioggia, Sombraluz cammina a spirale, disegnando con i suoi passi una chiocciola. Entra? Esce? Chissà. Sembra che parli o scriva a chi non c'è. Vediamo...

La festa è finita. I musicisti se ne vanno benché ci sia ancora un po' di movimento. Domani il giorno sarà com'è normalmente in questo mese: a tratti il sole, come se si affacciasse di tanto in tanto solo per vedere che cosa facciamo, e le nuvole e la pioggia che ci cadono addosso all'improvviso, come una "bolla" sul mondo. Ma c'è ancora tempo prima che il sole salga col suo pigiama di nuvole e ce n'è ancora prima che queste esprimano le loro nostalgie e sospiri sulle ombre e le luci di sotto. A poco a poco si spegne la festa, come dando il cambio, come se il rumore (il bla bla della musica nel fango) desse il "chi è là" ed il silenzio dicesse, tacendo, "sono io". Tra poco anche i grilli si animeranno. Quindi, aspetta ancora, lascia che il mio braccio cinga la tua vita ancora per un momento. Guarda il disordine di stelle sparse, il cielo che leva il viso scuro d'ombra, la luna che fa l’occhiolino tra le nuvole. Senti? Oramai solo il mormorio della notte, alcune gocce di pioggia che cadono con evidente ritardo sui tetti di lamiera, un cane che simula l'eco del suo latrato con la complicità di altri. Vieni, camminiamo ancora, trasformiamo lo sguardo in una testimonianza. Accendi la mente, vedi quello che si vede e quello che non si vede. Attenzione! Già appaiono le prime lettere…

Si suppone che dovrebbe apparire uno schermo, qualcosa come un’immagine e l’audio ed un telecomando. Si suppone, ma no... Invece dello schermo e del telecomando appare un cartoncino su cui si legge:

IL SISTEMA ZAPATISTA DI TELEVISIONE INTERGALATTICA PRESENTA...
UN VIDEO MOOOOLTO SPECIAAAALE!

Sombraluz cambia il cartoncino con un altro su cui si legge, ora in caratteri scritti in corsivo:

L'ASSENZA DI AUDIO E IMMAGINI IN QUESTO VIDEO NON È PER MANCANZA DI TECNOLOGIA, MA PER CIÒ CHE SI CHIAMA "TECNOLOGIA DELLA RESISTENZA"

Mmh, quindi un video senza immagini né audio... A partire da questo momento il "video alternativo" sarà proposto con cartoncini in successione, con lettere di diverso tipo, dimensione e colore. Si accomodi dove può e come può, e legga...

C'era una volta... un paese chiamato Messico

Probabilmente le future generazioni di messicani non lo sapranno più (grazie ad una criminale riforma del sistema educativo secondario) ma la leggenda culturale fondante che dà origine alla Nazione Messicana non ha niente a che vedere col meticciato. Neppure ha riferimento con la brutale conquista ispanica, né con le guerre d'invasione, dichiarate o camuffate, dei diversi nomi della stupidità imperiale lungo la storia: Stati Uniti del Nordamerica, Francia, Inghilterra, Germania.

Tanto meno è associata con l’idiota decreto (ad ogni cambio di governo) della fine della storia in nome di un nome: Agustín de Iturbide, Antonio López de Santa Anna, Massimiliano di Asburgo, Carlos Salinas de Gortari (o del titolo assegnato a colui che "mi chiamo come mi chiamo ma mi conoscono come il culmine dei tempi").

No, il riferimento storico, culturale e simbolico di questa nazione ha a che vedere con la questione indigena: su un isolotto, un'aquila divora un serpente ed un fico d'india le fa da piedistallo. Quest'immagine sarà scudo, bandiera, sinonimo, specchio collettivo ed ancora culturale dei messicani dal XIX° secolo fino a quest'alba del XXI° secolo. Secondo la leggenda, i mexicas fondano Tenochtitlán sul luogo in cui incontrano questo segno. Il dio Huitzilopochtli (anche chiamato "cielo azzurro" e rappresentato da un sole) avrebbe sconfitto Copil. Il cuore del vinto viene seminato e si trasforma in fico d'india. I mexicas, provenienti da Aztlán ("Il Posto degli Aironi") saranno conosciuti allora come "aztecas" e questo nome sarà, col passare del tempo, sinonimo di "messicani".

Cosicché oggi, mentre il ventunesimo secolo balbetta i suoi primi anni, in mezzo al caos, i simboli ci ricordano che il Messico si fonda su un isolotto. E, su un isolotto, come è stato durante tutta la sua storia come Nazione, la nazione messicana affronta ora un nuovo tentativo di distruzione, ora con l'alibi della "modernità". E, come in ogni guerra, il potente attacca in primo luogo i due obiettivi principali: la verità... ed il calendario.

Una rapida scorsa delle principali immagini della "vita nazionale" mostrate dai mezzi di comunicazione (in particolare dalla televisione) provoca una sensazione di caos, di anacronismo e d’ingiustizia. Il calendario vigente segna la metà dell'anno 2004 ma la programmazione a tratti sembra stare a metà del XIX° secolo, ed in altri momenti a metà dell'anno 2006.

LA DIFFERENZA TRA SINISTRA E DESTRA È CHE ALCUNI APPAIONO IN VIDEO ED ALTRI NO

Alcuni stralci del caso “Ahumada”: non si sono solo confermate le qualità istrioniche dei dirigenti del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), il loro provincialismo nel mettersi in fila per salire sull'aereo privato del corruttore di turno, la loro decadenza artigianale (priisti e panisti si prendevano gioco dei legami, delle borse - quelle di plastica o di tela – e dei portafogli, come se non ci fossero, dicono, le finanze cibernetiche ed i conti bancari nelle Isole Caimán) ed il metodo infallibile di coprire uno scandalo con un altro più grande (il complotto – in piena luce - come lavamani mediatico).

Ad Ahumada dobbiamo anche l’aver mostrato un governo, quello federale, che preferisce lo scandalo mediatico al posto della via giudiziaria; l’aver stabilito la vera statura politica (da nani) del "duo dinamico" (Creel e Derbez) e l’aver mostrato la fragilità dello Stato Messicano portandolo ad una crisi internazionale col governo di Cuba.

E la cosa più importante: il caso Ahumada è stato solo una delle numerose dimostrazioni con cui la classe politica distrugge il calendario: il 2006 sarà l'anno più lungo della storia, è cominciato nel gennaio del 2004. Non è stata la sete di giustizia o la ricerca della verità che ha portato alla luce pubblica gli intrallazzi di Carlos Ahumada, "cineasta di vocazione" (Monsiváis dixit). Il motivo è quello di colpire l'immagine pubblica di López Obrador.

Perché se di corruzioni si tratta, quelle perpetrate ed occultate dal Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) non sono da meno. Nel cosiddetto Pemexgate abbondano le prove giudiziarie ma manca il video. Nella guerra sporca di Díaz Ordaz - Echeverría - López Portillo - De la Madrid - Salinas de Gortari - Zedillo ci sono prove incriminanti ma la giustizia le ha mandate in onda prima dell'orario di maggior ascolto. C’è certezza di brogli elettorali ma non c'è nessuno sul banco degli accusati. Nella corruzione fatta governo esistono prove legali, ma non possono venir usate come slogan elettorali.

Ed il Partito di Azione Nazionale (PAN) si gioca il suo posto nella programmazione. Vamos México, la Lotteria Nazionale e lo storno di fondi pubblici a Provida, sono stati, ci chiariscono premurosi, un problema di relazioni pubbliche e di "cattiva stampa".

Loro malgrado, i tre principali partiti politici del Messico si disputano il protagonismo nello scandalo con lo stesso vigore con cui prima si disputavano i voti. Sembra che nessuno faccia il favore di informarli, ma la crisi dello Stato messicano è anche, e soprattutto, crisi della classe politica. Se il periodo elettorale del 2006 è stato anticipato al 2004 non è per urgenze nazionali, è perché il verbo "svegliarsi presto" si coniuga anche con l’anticipazione della campagna elettorale.

LA DIFFERENZA FRA IL PASSATO ED IL FUTURO È CHE IL PRIMO È GIÀ PASSATO DAL CONFESSIONALE

Se la lotta per il Potere a volte ci porta avanti negli anni, la destra attuale ci porta decenni e secoli indietro.

Campionessa della doppia morale, la destra pretende di imporre alla società messicana un sistema di valori basato sul settarismo invece dell'inclusione, sulla filosofia da telenovela invece che sulla conoscenza scientifica, sull'intolleranza invece del rispetto per il diverso, sul razzismo invece che sui valori umani, sull'elemosina invece che sulla giustizia, sul nascosto invece che sulla libertà manifesta, sull'ipocrisia invece che sull'onestà. Insomma: il medioevo, ma con Internet e la televisione ad alta definizione.

Se qualcuno pensa che l'ambito della destra sia solo la questione culturale e che in quest'ambito non ha fatto altro che mietere sconfitte (qualunque evento o atto che sia vietato dalla destra confessionale ha successo assicurato) o che si trovi solo nel PAN e nelle gerarchie retrograde della Chiesa Cattolica, è solo un ingenuo... ed irresponsabile.

Dai Legionari di Cristo al Yunque, passando per l'Opus Dei Pro Vida, la destra non si accontenta di conquistare "menti e cuori". Conquista spazi di potere, recluta ed addestra gruppi paramilitari, e dirige (a volte con cinismo e a volte in maniera occulta) settori politici, imprenditoriali, mediatici e sociali.

Insomma, la destra cresce, si riproduce e non muore.

E non solo. La destra rivive, con la complicità di quell'opportunista del rettore dell'Università Nazionale Autonoma del Messico, UNAM (e candidato alla Presidenza della Repubblica) Juan Ramón de La Fuente, e dei gruppi di picchiatori universitari.

Nel recente omicidio del giovane studente della UNAM, Noel Pavel González González, la mano insanguinata del gruppo di destra “Yunque” è stata nascosta con la complicità della Procura Generale di Giustizia del Distretto Federale (di filiazione perredista e presumibilmente quindi di sinistra) che, oltre ad apparire tutti i giorni in radio, televisione e sui giornali, distribuisce "suicidi" come fossero bollettini stampa.

Insieme a Pavel e alla sua famiglia, aspettano anche Digna Ochoa e suoi parenti. Con amarezza affrontano quello che molti tacciono: l'alchimia che presenta menzogne come verità giuridiche.

Guardando le azioni dei governanti, si può vedere che se prima la lotta tra i partiti era per "il centro", ora si disputano la destra senza nessuno scrupolo.

Indubbiamente, oltre alle tendenze alla corruzione e all'autoritarismo, i politici condividono un'altra cosa: il culto per i mezzi di comunicazione.

La differenza tra democrazia e "audience" sta nel... nel... nel... ma c'è una differenza?

I cambiamenti politici nel Messico di fine XX secolo ed inizio del XXI, si possono apprezzare nel rapporto tra governo e mezzi di comunicazione. Se nell'epoca "dorata" del priismo (la "pre-modernità", dicono alcuni) l'allora partito unico governava anche i media, la "modernità" ha portato alcuni cambiamenti ed è stato necessario governare CON i media. In poco tempo, l'importanza della comunicazione è cresciuta ed il potere politico è passato ad essere governato DAI media. Ed ora, con la "post-modernità", i media SONO quelli che governano ed i politici sono solo l'elenco di coloro che si assoggettano non solo alle regole dello spettacolo, ma anche alle tematiche decise dalla televisione, dalla radio e dalla stampa scritta (in quest'ordine e con quest’orario).

Un'ovvietà: l'agenda nazionale (che è ciò che è importante e urgente nella Nazione, come si deve presentare, come si deve risolvere, con che metodo, con quale gerarchia e in che tempi, cioè l'agenda dei principali problemi nazionali) non viene decisa più nei circoli esclusivi della classe politica (dove si faceva), né tanto meno in basso, tra la popolazione (dove non si è fatto e si dovrebbe fare), bensì nelle direzioni delle grandi industrie della comunicazione.

Se prima la stampa televisiva, radiofonica e scritta era in maggioranza soggetta ai ceppi di un sistema politico autoritario, adesso, grazie alle lotte sociali e per merito stesso della categoria giornalistica, esiste una relativa libertà (attaccata in maniera tale che quella di giornalista dovrebbe essere qualificata come una professione "ad alto rischio") nel trattare questioni che prima non era pensabile fare, e farlo con creatività, ingegno, spirito critico e profondità (sebbene non sia frequente). Perché bisogna dare merito al giornalismo impegnato (quello che c'è) che non esita ad affrontare il potere dando una notizia, realizzando un reportage o elaborando una cronaca.

Tuttavia, questo giornalismo impegnato, elevando la sua importanza e la sua autorità morale, ha attirato lo sguardo del potere. Con corteggiamenti più o meno sofisticati, i politici hanno cercato di accattivarselo. Ma, a differenza dei politici, i giornalisti non sono stupidi e si sono subito resi conto che i politici non avevano idea di quello che accadeva in realtà. Ci sono stati così quelli che sono rimasti e rimangono di fronte al potere e coloro che si sono messi e si mettono nel potere. Sono questi ultimi quelli che si auto-erigono a "portavoce della società".

La "opinione pubblica" è il travestimento con cui alcuni mezzi di comunicazione espongono i loro criteri privati e di gruppo come se fossero di tutta la popolazione. Gradualmente, i giornalisti ed i "tavoli dei commentatori" hanno sostituito la democrazia (governo del popolo, per il popolo e dal popolo), compresa quella elettorale. Presto i candidati delle elezioni popolari si decideranno per acclamazione degli spettatori presenti e non per votazione (e invece della torta, della bibita e del berrettino o della maglietta come gadget pre-moderni, si stamperà 40 volte il suo biglietto per partecipare alla lotteria di una visita guidata al circo di San Lázaro).

Non si tratta di un azione perversa, un buon numero di giornalisti, editorialisti politici e commentatori sono gente onesta, con visione critica e veramente preoccupata per i problemi sociali. Per questo si guadagnano il rispetto di telespettatori, radioascoltatori e lettori. Ma c'è chi non è nemmeno giornalista e la sua visione è quella di un piccolo gruppo, che vive in situazione privilegiata, che vede il problema dal di fuori... e dall’alto.

In una situazione in cui il governo non governa, l'importanza crescente del giornalista lo fa camminare sulla sottile linea che separa l'etica dal cinismo. Di fronte allo specchio ciascuno sa chi è.

Il ruolo trascendente del giornalismo è stato "sequestrato" dai monopoli mediatici. La audience dei media, ottenuta dai suoi giornalisti e non dagli annunciatori, è messo al servizio del “marketing” politico, soprattutto nei periodi elettorali (ed ora tutto il calendario è elettorale, perfino quando non ci sono elezioni). Così, l'immagine pubblicitaria sostituisce i principi ed i programmi politici, si trasforma nella cosa più rilevante e, non poche volte, "è" il partito politico, il quale si "veste" con gli abiti del candidato "più popolare" (l’ha fatto il PAN con Fox, lo fa il PRD con López Obrador ed il PRI... il PRI... bene, troveranno qualcuno anche loro).

Riassumendo: La differenza tra la "pre-modernità" e la "post-modernità" è che nella prima i politici avevano chi preparava loro i discorsi, e nella seconda hanno chi realizza per loro gli spot pubblicitari.

Tuttavia, l'abbraccio fra i media e la classe politica può essere mortale... per i media. Ubriacati dall'interlocuzione privilegiata con il potere politico, i giornalisti lo considerano il destinatario unico e dimenticano il loro compito sociale. Non tarderà il momento in cui i notiziari saranno visti, ascoltati o letti solo da altri giornalisti (mi spiace informarli che i politici non vedono, né leggono né ascoltano le notizie, hanno un addetto o addetta che fa loro un riassunto). Come i politici prescindono dai governati, i mezzi prescinderanno dall'uditorio. Gli uni e gli altri si congratuleranno e guardandosi nello specchio dell'altro si diranno "Quanto siamo importanti!".

La differenza tra un mezzo di comunicazione progressista ed uno fascista sta nel modo in cui parlano di io, me, mi, con me...

La Marcia contro la Delinquenza, definita da molti "storica" (benché abbia conservato solo per alcuni giorni quest'onore, perché le dimissioni di Durazo l'ha mandata, come diciamo noi giornalisti, "nelle pagine interne"), ha provocato una specie di dibattito (in realtà un intenso scambio di insulti) sul ruolo dei mezzi di comunicazione.

Dopo avere minacciato di insurrezione popolare per quell'ingiusto, arbitrario e illegale processo di epurazione contro López Obrador, il PRD e settori affini si sono indignati per la convocazione alla cosiddetta "Marcia del Silenzio". A maggior ragione visto che la mobilitazione è stata un successo di partecipazione... della classe agiata. Ha passato tanto tempo a corteggiare questo settore (Giuliani, i "secondi piani", il Centro Storico di Città del Messico, l’auge urbanistico di Santa Fè, la "Houston" dell'occidente del DF) e l'ingrato si mobilita per protestare contro l'insicurezza.

La marcia si realizza e la destra, sempre allerta per capitalizzare quello che la sinistra abbandona, la cavalca (infruttuosamente, come si è visto poi). I mezzi di comunicazione si uniscono. In realtà, l'immensa maggioranza dei manifestanti è stata convocata dalla televisione, dalla radio e dalla stampa scritta. Ci sono media che lo fanno perché capiscono che è un “tour de force” contro López Obrador e vogliono "domarlo" e ce ne sono altri che lo fanno semplicemente per coerenza ed hanno come destinatari i governi federale, statali e municipali.

Buona parte dei presenti apparteneva ai settori benestanti della società messicana (le strade confinanti a Reforma e nel Centro Storico piene di auto con autisti e guardie del corpo che si annoiavano nell'attesa, decine di autobus di scuole private parcheggiati, ristoranti di lusso strapieni prima, durante e dopo la marcia; come mi ha riferito qualcuno: "era come un centro commerciale, ma bestiale"). C'è stata indubbiamente anche quella cosa molto messicana, che si chiama “trasporto gratuito” e "controllo di presenza" (i grandi negozi dipartimentali dei centri commerciali "esortavano" i loro dipendenti ad essere presenti). Ma in quanto a richieste, era molto lontana dall'essere una mobilitazione di destra. Non si sono mobilitati contro espropriazioni di imprese private, o contro imposte su articoli di lusso, o contro leggi che obbligassero le imprese a pagare salari giusti, o contro l'appoggio con petrolio al governo di Cuba, o per abbattere un governo "rosso". Hanno manifestato perché subiscono la criminalità. Non era precisamente la plebaglia, ma, allora che cosa? Perché li assalgono, li sequestrano e li ammazzano, perché sono belli (e)?

Per anni il PRD ha temuto le strade. Ogni mobilitazione che non fosse di appoggio al suo partito o ai suoi dirigenti era vista con diffidenza. La demonizzazione del movimento studentesco dell’UNAM nel 1999 (perché non lo dirigeva lui) ed anni ed anni di smantellamento delle organizzazioni sociali, hanno solo ottenuto che la strada la prendano proprio quelli che tanto hanno corteggiato: quelli che hanno e possono.

Da parte loro, i media furono i primi a sorprendersi per il successo della marcia. Televisa fece solamente una tavola rotonda dal titolo "E dopo la marcia che fare?" e chiese ai tre porcellini (Fernández de Cevallos, Jackson e Ortega) di impegnarsi a mettersi d'accordo per risolvere il problema della sicurezza. Con un partito a questo livello, aspettarsi qualcosa da queste persone! È come credere negli ufo...

Non sono poche le volte che i media hanno affrontato il Governo di Città del Messico. La diffusione dei video del caso Ahumada ed i reportage sul tema della sicurezza sono alcuni esempi. La "Marcia del Silenzio" è servita ad esacerbare gli animi. Da qui a qualificare alcuni media, in particolare Televisa, come "la mano nera del fascismo" mancava solo un passo... ed è stato subito fatto.

Tuttavia, una lettura attenta di alcuni media serve per ridimensionare: Crónica, il giornale "preferito" di López Obrador, è almeno da due legislature che insiste a chiedere quello che ora chiede il PRI: che non si litighi sui mezzi di comunicazione ma nei tribunali. Reforma, un altro quotidiano molto "apprezzato" da AMLO, ha documentato la corruzione di tutto lo spettro politico, non solo del PRD. El Universal possiede un gruppo dignitoso di reporter e commentatori. La Jornada non abbandona il suo impegno popolare (che oramai compie 20 anni) ed è il giornale più consultato via internet. Televisa, nei giorni successivi alla marcia, nei suoi notiziari ha proseguito ed abbondato nelle denunce di López Obrador contro le vendite di Banamex e Bancomer. Settimane dopo, reporter di Televisa hanno investigato sullo storno di fondi, destinati originariamente alla lotta contro l'AIDS, all'organizzazione di destra “Provida”, e documentato la pratica di aborti clandestini nella clinica di questa organizzazione che, ovviamente, è antiabortista. E ci sono più casi che spazio.

All'estremo opposto, Televisa ha fatto una copertura volgare e pacchiana del matrimonio della giornalista Letizia con un membro della casa reale ispanica (chiedo scusa, non ne ricordo il nome, forse al gabinetto mi verrà in mente...) con spazi che non ha dedicato agli attentati dell'11 marzo. O è stata data eco al racconto gabbaminchioni degli “ufo” presumibilmente avvistati dalla Forza Aerea Messicana. Inoltre, in uno di suoi special dedicato ai "franeleros", ha incoraggiato la moda pericolosa della criminalizzazione della povertà. I "franeleros", quelli che puliscono i parabrezza e quelli vendono agli incroci sono stati presentati come se in maggioranza o tutti fossero sequestratori ed assalitori. In risposta, il signore Ebrard (che, se non mi sbaglio, è capo della polizia della "Città della Speranza") dedica ora i suoi sforzi a perseguire e penalizzare la povertà. Passa allora dal combattere la delinquenza a combattere i poveri... ancora un'altra volta per lusingare un settore.

Così sembra che non ci sia né una cosa né un'altra. Né Televisa né gli altri media sono l'avamposto del fascismo in Messico, come denuncia il PRD. Né tanto meno Televisa ed altri media sono la "avanguardia della democratizzazione" mediatica e sociale, come si auto-qualificano annunciatori, commentatori e editorialisti. Nello stesso modo il governo di López Obrador si dibatte tra l'appoggio a quelli che hanno meno, programmi sociali ed iniziative culturali elogiabili, da una parte, e dall'altra usa l'autoritarismo e la persecuzione alla povertà con operazioni poliziesche le cui immagini riportano a quelle dell'Iraq occupato dalle truppe inglesi e nordamericane.

No, gli uni e gli altri si stanno sistemando, definendosi.

Non solo nella sottolineatura che povertà è sinonimo di delinquenza s’incontrano i media ed i politici. Giorno dopo giorno si succedono scandali politici e finanziari che non hanno conseguenze penali e tutto si riduce ad una condanna morale. Non si discute più se qualcosa è stato mal fatto moralmente, ma se è illegale o no. Il sistema giuridico messicano, insieme a tutto lo Stato, si è immerso in un lago di marciume dove si avallano, con leggi e giudici, crimini di lesa umanità. Sparizioni forzate e repressione (come quelle perpetrate, tra gli altri, da Echeverría), frodi (come quelle della Lotteria Nazionale), storni di fondi (come quelli del PAN a Provida), furti mascherati da accordi legislativi (come quello perpetrato contro i lavoratori della Previdenza Sociale) e quello che si aggiunge nella programmazione quotidiana, tutto viene permesso "a norma di legge", ma si coltiva, con irresponsabilità, il rancore sociale.

Mentre tutto questo accade, dietro l'agenda mediatica avanza un'altra agenda, quella della distruzione dello Stato messicano...

Una programmazione diversa?

Al di fuori di questa programmazione ci sono individui, collettivi, gruppi, popoli che capiscono che dietro questa presunta "agenda nazionale" ce n'è un'altra, quella reale, che consiste, grosso modo, nella distruzione del Messico come Nazione. Ma loro, uomini e donne, sanno che lo smantellamento frenetico ed implacabile dello Stato nazionale, condotto da una classe politica che manca di mestiere e di vergogna (e sostenuta in non pochi casi da alcuni mezzi di comunicazione e dal sistema giuridico in pieno) porterà ad un caos e ad un incubo che non ha eguali nel palinsesto del terrore e della suspense.

Come se naufragasse nel mare neoliberista, la Nazione Messicana affonda sempre di più e somiglia ogni giorno meno a se stessa e sempre più a niente. Il paese la cui storia fondante si rifà ad un isolotto in mezzo ad una laguna, affoga in acque che non sono sue.

Ma ci sono messicani e messicane che resistono. Non senza difficoltà, con gli ostacoli e le delusioni che produce il dovere, continuano a costruire piccoli spazi, isolotti sopra i quali si sogna, si lotta, si lavora. Isolotti dove, domani, il Messico sarà Messico, forse un poco migliore, forse un po' più buono, ma Messico.

Parleremo di uno di questi isolotti di resistenza, non il migliore né l'unico, quello dell'autonomia nelle comunità indigene zapatiste. Parleremo dei caracoles e delle Giunte di Buon Governo, dei nostri difetti, degli errori e di quanto raggiunto, senz'altra immagine che quella dello sguardo che accoglie la nostra parola e senza altro audio che quello di chi ci concede l'ascolto ed il cuore di chi, senza essere qua, è con noi.

(continua...)

Dalle montagne del Sudest Messicano
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, agosto del 2004, 20 y 10


(traduzione del Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)

logo

Indice dei Comunicati EZLN


home