Il ritorno dei dinosauri. Il Pri messicano ad esempio
Favorito dall'insipienza e dai fallimenti di Vicente Fox, il primo presidente non priista in oltre settant'anni
Estinto chi? Dopo la sconfitta del 2000 il Pri sembrava sulla strada del Pcus. Invece può vincere le presidenziali del 2006

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

Foxilandia è un territorio dove 100 milioni di messicani sorridono contenti, l'economia tira, la disoccupazione e la delinquenza si riducono, la democrazia corre come una locomotiva. Foxilandia, ovviamente, è un paese virtuale che esiste solo nei discorsi del presidente Vicente Fox (nella foto Ap) e riappare con allarmante frequenza. L'ultima volta è stato qualche giorno fa, in occasione del quarto Informe di governo, la relazione annuale che il presidente fa davanti alle due camere riunite.

Il palazzo di San Lazaro, sede della camera dei deputati, era difeso da un forte spiegamento di polizia. Fuori dei cordoni, i chilangos, il popolo della capitale, protestavano rumorosamente. «L'Informe più blindato della storia», titolavano i giornali. Un brutto colpo per quello che si era presentato come «el gobierno del cambio».

E nel Congresso le cose non andavano molto meglio. Interrotto una ventina di volte dai deputati del Prd, l'opposizione di centro-sinistra, Fox ha provato tutto il peso di un rituale vetusto e privo di senso. Questa dei rituali ormai inservibili - o addirittura controproducenti - non è l'unica eredità che ha lasciato il Pri, il Partido Revolucionario Institucional, spodestato nel 2000 dal Pan, il partito della destra cattolica e del presidente Fox.

Partito quasi-unico per 72 anni, il Pri era così compenetrato alla struttura dello Stato da esserne ormai indistinguibile. Corruzione, impunità e clientelismo, distribuiti in modo da beneficiare milioni di seguaci, fornivano una solida ossatura alla «dittatura perfetta».

La tipologia del crollo dei partiti-stato, un fenomeno tipicamente novecentesco, è varia e complessa. La caduta del Pcus sovietico coincide con il fallimento di un sistema, quello del socialismo reale.

In Italia, la Dc e il Psi, proprio mentre inneggiavano al crollo del muro di Berlino, furono le prime vittime dei calcinacci. Non ebbero neanche il tempo di accorgersi che, finito il «pericolo rosso», ormai non servivano più.

Il Pri, nato nel 1929 per disciplinare la successione presidenziale, ha avuto la maggioranza assoluta nel Congresso fino al 1997 e la presidenza fino al 2000.

In realtà, il predominio priista era in lento e inesorabile declino fin dal 1988, anno in cui l'ingegnere Cuauhtemoc Cardenas, leader dell'opposizione di sinistra, vinse le elezioni, poi rubate dal Pri di Carlos Salinas de Gortari con una gigantesca frode elettronica. Già allora il partito aveva abbandonato l'ideologia nazionalista per adottare in pieno le politiche neoliberiste.

Sfidata dagli zapatisti nel 1994, prolungata artificialmente dai presidenti Salinas e Zedillo, l'egemonia del Pri tramonta nel 2000, quando l'elettorato decide che è giunta l'ora dell'alternanza. Il candidato sfidante, Vicente Fox, non preoccupa neanche il vicino statunitense. Anzi il contrario: è un industriale di provata fede neoliberista, cristiano conservatore e, come se non bastasse, ex-amministratore della Coca Cola. Ha un fisico da Marlboro man ed è sincero amico e ammiratore del presidente Bush. Che si può volere di più da un presidente messicano?

Ma, a differenza del Pcus, il vecchio Pri, paragonato dai suoi critici a un dinosauro, non si è liquefatto, è ancora vivo e vegeto, ha la maggioranza relativa del Congresso, mantiene una presenza significativa nelle strutture dello Stato e si prepara a una possibile rentrée nel 2006.

Ad aiutarlo in questa sua resurrezione ci sono gli innumerevoli errori del governo Fox, che in quattro anni è riuscito a deludere la società con i suoi impegni non mantenuti e ad indispettire i partiti e perfino gli industriali, per cui aveva promesso di governare.

I maldestri tentativi di privatizzare petrolio ed energia elettrica e di smantellare il sistema di previdenza sociale, la perdita della sovranità alimentare, l'aumento di disoccupazione, criminalità ed emigrazione clandestina sono i risultati visibili del foxismo. Il tutto completato da un servilismo nei confronti dell'amministrazione Bush che ha portato alla temporanea rottura delle relazioni diplomatiche, storicamente strette, con Cuba.

Invece di porre riparo agli errori, cercando di recuperare un po' della popolarità perduta, Vicente Fox scalcia per imporre un successore, nel più consunto stile priista - ma con la moglie, Martita Sahagún, gli è andata male - e se la passa attaccando il sindaco di Città del Messico, Andrés Manuel Lopez Obrador, del Prd, attualmente in pole position per le prossime presidenziali del 2006.

In questa guerra per la successione, scoppiata con due anni di anticipo, il Pri sta affilando le sue armi. Intanto, domenica scorsa, ha vinto le elezioni per il governo dello stato di Veracruz, considerato importante nello scacchiere nazionale. Con questa vittoria, che rappresenta una boccata di ossigeno per il «dinosauro», si allontanano i rischi di una frattura fra i vertici del partito, disponibili a collaborare e accordarsi con il governo, e la corrente «di sinistra», che considera più redditizia una politica di opposizione.

In piena competizione per la prossima presidenza, il Pri e il Pan, primo e secondo partito del Congresso, coincidono nel progetto di tagliare fuori il Prd dalla linea successoria. Una conventio ad excludendum che restringerebbe l'alternanza ai due principali partiti di osservanza neoliberista e confermerebbe la teoria chomskiana (pur se riferita al duopolio repubblian-democratico Usa) dei «due cavalli e un solo fantino».

Le critiche a Fox non arrivano solo dall'interno. George Soros, il miliardario statunitense di origine ungherese, venuto qui a presentare il suo ultimo libro, La bolla della supremazia nordamericana, in cui denuncia l'abuso di potere commesso dall'amministrazione Bush, ha dichiarato che i primi quattro anni del governo Fox «sono stati tutt'altro che buoni» e che la relazione fra il potere legislativo e l'esecutivo in Messico è stata «abbastanza disastrosa» e che questo spiega in parte la mancanza di risultati. Ma il vero flash che ha fissato le ragioni della resurrezione del dinosauro priista troppo presto creduto estinto, è stato scattato da Eliana Garcia, deputata del Prd, che intervenendo in Congresso sull' informe ha detto: «Pobre señor Fox, lei e il suo partito state per passare alla storia nazionale come quelli che sono serviti al vecchio regime per ritornare con la faccia e le colpe lavate nell'acqua dell'inerzia e dell'inefficienza del Pan».



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