da La Jornada del 12 febbraio 2004
Il Premio Nobel portoghese ha presentato in Messico la versione spagnola del suo Saggio sulla lucidità
Saramago affronta in modo deciso e radicale il sistema nel suo nuovo romanzo

CESAR GÜEMES

Il nuovo romanzo di José Saramago è già nelle mani degli editori messicani: Saggio sulla lucidità, "il romanzo più politico di qualsiasi altro che ho scritto".

La possibilità di terminare l'opera in modo quasi simultanea alla traduzione è risultato del lavoro congiunto di Saramago con Pilar del Rio: "Mentre io scrivo, al piano di sotto lei traduce. Così quando termino di scrivere, la traduzione è già quasi pronta. Poi il romanzo percorrerà la sua strada, per questo è nato".

- Pensa di invitare dei personaggi della politica per presentare questo nuovo libro e questa è una novità.

- Sì, è una cosa poco usuale. In genere alle presentazioni si invitano critici letterari. Succede pure che l'autore si presenta e parli lui stesso de suo lavoro. Saggio sulla lucidità, da una parte, è un romanzo profondamente politico e pensiamo che possa interessare un pubblico di lettori molto più ampio dell'abituale. Per me è molto importante sapere che diranno gli uomini che si dedicano alla politica di un romanzo si confronta in modo radicale col sistema. Chiaro, non posso dire molto dell'opera perché per il momento il testo è in pubblicazione.

- Si chiude un circolo in relazione con il precedente Saggio sulla cecità?

- Non lo direi in modo così deciso, perché quando scrissi il Saggio sulla cecità non avevo nessuna intenzione di scrivere un testo che s'interessasse della lucidità. Però l'anno passato mi è venuta l'idea e perciò c'è una relazione che va aldilà dei titoli.

"È vero che il Saggio sulla lucidità è il romanzo più politico che abbia mai scritto, però è vero pure che è un romanzo di finzione, con personaggi che agiscono e interagiscono. E so che è un romanzo, però confido che sia qualcosa di più: una favola, una satira e una tragedia. Insomma non può sorprendere perché sappiamo che tutto nella vita finisce in tragedia"…


Di fronte alla giustizia corrotta, resta un'arma: la disobbedienza civile
Il mondo, dominato dalle plutocrazie: il cittadino deve imparare ad esigere dal potere

KARINA AVILES E ARTURO JIMENEZ

Di fronte a leggi "terribili" ed a una giustizia "corrotta", in un mondo nel quale la disgiuntiva è morire "rassegnati" o con "dignità", resta solo un'arma: la disobbedienza civile.

Così ha parlato nella Città Universitaria lo scrittore portoghese José Saramago, che ha definito commissioni "fantasma" le istanze create dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna per investigare sul ruolo dei servizi segreti prima dell'invasione dell'Iraq.

Nel caso degli Stati Uniti, ha precisato, questa commissione contiene la trappola: quella che i risultati si renderanno noti dopo le elezioni presidenziali in questo paese.

Il Nobel della Letteratura ha pure definito una "menzogna universale" le presunte ragioni della guerra create dalla triade Bush-Blair-Aznar. "La bugia è diventata strumento politico. Però non la bugia sottile e intelligente, ma quella più stupida e oscena".

Saramago ha ricevuto ieri la medaglia d'oro Isidro Fabela della Facoltà di Diritto dell'UNAM per la sua capacità "di creare universi e di costruire soggetti umani che transitano dall'angustia alla speranza".

Nell'Aula Magna Jacinto Pallares, il novellista ha definito "mostruoso" che esista un governante come George W. Bush, che si autodefinisce come un "presidente della guerra". Ed ha cercato di scuotere le centinaia di giovani universitari che si sono recati a vederlo ed a ascoltarlo: "Quella che viviamo non è democrazia, ma una plutocrazia di signori come Soros e Cisneros". I governi del mondo, ha aggiunto, non sono altro che "i commissari politici del potere economico".

Ha messo in discussione vari temi: la "democrazia che non è democrazia", il sistema capitalista, il non rispetto dei diritti umani, l'eccessivo interesse per il cosmo a detrimento dell'interesse per i problemi della Terra fino alla cosiddetta "transizione democratica" in Messico:

"Della rivoluzione dei garofani, in Portogallo, 30 anni fa, non è rimasto niente. E in Messico può succedere che non rimanga pure molto di ciò che chiamano transizione democratica, se i messicani non prendono nelle loro mani quei cambiamenti. Se non lo fanno, questa transizione sarà un'altra cosa ancora che è fallita".

Con un pubblico che lo ha ricevuto in piedi, in un auditorium in cui sono mancati i posti visto che decine di alunni sono rimaste fuori, ma con la consolazione di vedere lo scrittore sui monitor, Saramago ha cominciato la sua conferenza con una storia, accaduta in un villaggio medievale vicino a Firenze, in Italia.

Ci sono due personaggi principali, un contadino e un nobile che, non soddisfatto della sua ricchezza, ha tolto la primo il suo piccolo terreno. Un giorno le campane della chiesa del villaggio hanno suonato 'a morte'. Il contadino era nella chiesa e lì qualcuno gli domanda chi è morto. Ma la risposta è stata: 'Nessuno. Chi è morto è il diritto'.

In questo modo il novellista ha introdotto i suoi ascoltatori al mondo delle leggi, del diritto e della giustizia, che "non serve a niente se non si pone al servizio dell'uomo". In tal senso ci possono essere leggi "ingiuste" e una giustizia "corrotta".

Ha ricordato che in Portogallo si è vissuto per 48 anni sotto una dittatura nella quale non mancavano leggi, diritto, avvocati e neppure tribunali. "Avevamo tutto, però non avevamo niente".

Allora, bisogna sottomettersi alla legge solo se si merita rispetto. "E se non se lo merita, esiste un'arma: la disobbedienza civile". Molti cittadini del mondo sono vittime di un sistema ingiusto e "il trucco di questo sistema ha consentito di convertire le vittime in complici".

Più tardi si è riferito al tema della democrazia. Tutti ne parlano, però nessuno mette in discussione ciò che rappresenta e in effetti: "La democrazia è una facciata dietro alla quale non c'è molto da vedere".

Dato che la democrazia è considerata "ciò di meno cattivo che ha costruito l'umanità, non ci si permette di conoscere qualcosa di meglio". Così i cittadini si trovano in un sistema dai cui limiti non possono uscire, perché è "politicamente scorretto".

Saramago ha precisato: "Non sono contro la democrazia. Quello che succede è che questa che viviamo non è democrazia, ma una plutocrazia". Più avanti ha ribadito: "Se è certo che senza democrazia non ci sono diritti umani, è anche vero che senza diritti umani non c'è democrazia".

Circa i diritti umani, l'autore del Vangelo secondo Gesù Cristo ha manifestato il suo timore che in questo secolo si perdano "definitivamente" quelle garanzie.

Ha anche messo in discussione la "idea recente" di voler "privatizzare tutto". E allora, se tutto è venduto, "a che serve lo stato". Per cui ha chiesto di "prendere la vita in serio, dato che al contrario tutto questo finirà male".

Nel contesto planetario attuale di una "guerra così stupida, iniziata da un imbecille chiamato Bush", esiste una grande potenza che si sta per svegliare, per mettersi in piedi e per incominciare a camminare: l'opinione pubblica mondiale.

Il cittadino deve imparare ad esigere ed a domandare al potere. "Dobbiamo recuperare il senso e lo spirito della cittadinanza", così come il senso di dignità e di rispetto, dato che documenti come la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino solo sono "cartapesta" e nessuno esige il loro rispetto…


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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