12 gennaio 1994 - 12 gennaio 2004
10 anni dopo

a cura di Luca Martinelli

A dieci anni dal 12 gennaio del 1994, dalla straordinaria mobilitazione della società civile che marciò allo Zocalo di Città del Messico per pretendere che il Governo di Salinas de Gortari "cessasse (l'orribile) spettacolo della carneficina ai danni degli indigeni del Chiapas" [Jaime Avilés, Diez años de sociedad civil, La Jornada, 10 gennaio 2004], appare ancora lontana una soluzione giusta e degna del conflitto chiapaneco.

Di fronte all'evidente mancanza di volontà da parte del Governo di Vicente Fox di risolvere le cause che 10 anni fa portarono gli indigeni del Chiapas a gridare il loro Ya Basta!, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha risposto nel corso dell'ultimo anno con la creazione delle Giunte del Buon Governo, sorta di autogoverno su base regionale dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti, che rappresentano una nuova tappa nel processo di costruzione della Autonomia di fatto.

A dieci anni dal levantamiento armato e dal successivo cessate il fuoco, permane molto grave la situazione del conflitto in Chiapas, in particolare riguardo alla militarizzazione dello Stato.

Nei mesi scorsi è stato pubblicato in Messico un libro dell'investigatore Jorge Luis Sierra, membro del Dipartimento di Scienze Sociale dell'Università Iberoamericana, che presenta dati molto interessanti circa la presenza ed il ruolo dell'Esercito messicano e dei gruppi paramilitari nel conflitto in Chiapas. "Il nemico interno. Contrainsurgencia e forze armate in Messico" si apre con una presentazione di David Fernandez, ex direttore del CDH Miguel Augustin Pro di Città del Messico, il quale scrive che "il conflitto chiapaneco si trova in una situazione molto pericolosa, non solo per il Chiapas quanto per l'intera Repubblica. Il pericolo adesso è che il presidente Fox, supponendo o pretendendo che già non esista un conflitto armato in Chiapas, lasci di fatto il conflitto nel sudest nelle mani delle forza armate e che si distruggano o si forzi il ritiro degli attori politici e della società civile".

A partire dal gennaio del 1994, il Governo federale ha messo in atto tutta una serie di azioni volte a isolare l'EZLN, tanto a livello politico quanto economico e militare. Secondo quanto afferma Sierra, rispondono a scelte strategiche anche le decisioni rispetto ai momenti in cui partecipare o ritirarsi dai dialoghi di pace o quelle relative ai movimenti degli effettivi militari nella regione in conflitto.

Oggi si trova in Chiapas la maggiore concentrazione di truppe del paese e ciò è dovuto alla creazione - nel corso dei primi anni del conflitto - di due zone militari, la 38 situata in Tenosique, Tabasco, e la 39 ad Ocosingo, il cui obiettivo unico è quello di circondare la Selva Lacandona, che si vanno ad aggiungere alle tre che già integravano la Settima Regione Militare: la zona 30 di Villahermosa, la 31 di Rancho Nuevo e la 36 di Tapachula. Inoltre, sono state create basi di Operazioni Miste con la partecipazione delle polizie statali il che fa sì che tali corpi passino ad essere addestrati dall'Esercito.

Fernandez descrive come il "nuovo ruolo che il Governo messicano sta facendo giocare alle forze armate, così come l'influenza crescente del modello statunitense nella dottrina militare nazionale, preoccupano vasti settori della società messicana", aggiungendo che "l'istituzione armata ha cominciato a giocare un ruolo di vigilante del popolo e ad esser percepita come nemica dalla sua stessa gente".

La guerra in Chiapas - iniziata come un confronto tra due eserciti - si è venuta trasformando col tempo in una guerra tra gruppi sociali: da un lato i latifondisti ed i cacicchi, appoggiati da guardias blancas e gruppi paramilitari; dall'altra le comunità indigene non allineate al partito di governo che vedono gli zapatisti al loro fianco.

Proprio per questo che a partire dal 1995 l'Esercito messicano favorì la formazione di eserciti privati il cui obiettivo è quello di contenere l'avanzata dell'EZLN. "D'accordo con i manuali di guerra irregolare del Ministero della Difesa Nazionale, scritto dal generale Renan (a partire dal febbraio del 1995 a capo della Settima Regione Militare), il personale civile militarizzato è fondamentale per distruggere le forze formate dal nemico e dai traditori della patria". La dottrina dell'Esercito messicano prevede la possibilità di utilizzare bande paramilitari per localizzare, combattere e distruggere le forze nemiche.

Paz y Justicia, che è il gruppo più importante della prima fase della paramilitarizzazione, e che tuttora rappresenta una minaccia costante per le comunità basi d'appoggio zapatiste della Zona Nord del Chiapas, venne costituito il 5 agosto del 1995 come fronte di ejidatarios, contadini ed autorità contro le "attività radicali" dei simpatizzanti dell'EZLN, con il beneplacito dei Governi statale e federale che ne riconoscono il carattere di Associazione Civile denominata Desarollo, Paz y Justicia.

Cresce intanto in tutte le zone del Chiapas il rifiuto dell'Esercito e della polizia e si levano più voci a denunciare l'occupazione di terre comunitarie ed i rischi per la convivenza sociale. L'associazione civile Las Abejas, che opera nella Regione degli Altos del Chiapas, chiede lo smantellamento della base di Los Chorros e la smilitarizzazione di tutto il territorio municipale di Chenalhò per garantire la sicurezza di tutti i cittadini della suddetta entità.

Chi si spinge oltre è l'Organización Campesina Autónoma Caudillos del Sureste della Selva Lacandona che arriva a disconoscere il ruolo del giudice ufficiale incaricato dei giudizi di primo grado in Ocosingo denunciandone la prepotenza e l'incompetenza. Molti cittadini della zona si rivolgono così alla Giunta del Buon Governo del Caracol de La Garrucha desiderosi di ricevere un giudizio imparziale e per il quale non venga richiesto il pagamento di "tasse" esose per le tasche della popolazione indigena e contadina. Molti sono coloro che si rivolgono alle 5 Giunte zapatiste per risolvere conflitti legali o agrari e questo smentisce le dichiarazioni governative che pretendono di sminuire la forza e l'influenza dei popoli indigeni in Resistenza ed in Autonomia.

Bibliografia



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