La Jornada 9 gennaio 2004
I militari hanno obbligato i bambini a rapporti sessuali con prostitute
INDIGENI CHIAPANECHI ESIGONO CHE L'ESERCITO SI RITIRI DALL'EJIDO ZAPATA

Protestano davanti alla base militare: danno due settimane di tempo per lasciare la località
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Ejido Emiliano Zapata, Chiapas., 8 gennaio - Gli abitanti di Emiliano Zapata sono andati davanti al 31° Reggimento di Fanteria della 39° Zona Militare per esigere che "immediatamente" se ne vadano dalla comunità in cui l'Esercito mantiene una base di operazioni da 8 anni. Come convenuto dall'assemblea ejidale, gli indigeni hanno concesso due settimane di tempo alle truppe federali per ritirarsi, perché la loro presenza ha alterato la vita quotidiana e favorito divisioni tra la popolazione.

A conferma di ciò, un gruppo di donne delle case vicine al quartiere militare, appartenenti a Paz y Justicia ed amiche dei soldati, hanno lanciato pietre e bastoni contro gli ejidatari quando questi ultimi hanno concluso la loro protesta. Ci sono stati momenti di tensione perché alcuni contadini sono stati colpiti quando hanno voluto calmare gli animi delle assalitrici.

Poi, accompagnate da alcuni uomini, le stesse donne hanno preso a sassate le auto dei giornalisti. Neppure lo strano e "tempestivo" arrivo di una pattuglia della polizia municipale di Tila le ha fatte desistere dal loro atteggiamento, al contrario, sembrava che gli agenti fossero arrivati per proteggerle.

Questa è la vita nelle terre choles della zona nord. Così si vive a Tila, dove la guerra di bassa intensità si accentua continuamente grazie alla presenza massiccia di truppe federali e la sopravivenza (o rinascita) dei paramilitari di Paz y Justicia, organizzazione oggi divisa ma che controlla ancora i municipi della regione e gode della benedizione priista, nella persona della senatrice Arely Tovilla Madrid, che "casualmente" presiede la Commissione di Concordia e Pacificazione da cinque mesi (sebbene il suo incarico non dovesse durare più di un mese, secondo il regolamento che ora nessuno osa ricordare al Congresso).

"Molte delle nostre figlie sono state sedotte da membri dell'Esercito e poi sono state abbandonate. In alcuni casi, sono solo bambini e bambine", dichiarano gli indigeni di fronte ad una ventina di soldati barricati dietro un denso filo spinato, con caschi, scudi di plastica e bastoni, mentre pochi passi dietro li spiano soldati armati in uniforme da campagna (mimetica, non nell'usuale verde oliva).

Nel settembre del 1995 arrivarono 30 soldati. Oggi sono un centinaio. Il "reggimento García", si legge su un grande cartellone all'entrata del quartiere militare. Gli indigeni choles che protestano sono sia priisti che perredisti o simpatizzanti dell'EZLN. Condividono la rabbia e la protesta e sono la maggioranza ad Emiliano Zapata.

"Fuori gli eserciti!", gridano le donne che partecipano al presidio mentre i rappresentanti comunitari domandano: "Compagni, che cosa vogliamo?", e gli uomini ed i bambini rispondono: "Che l'esercito si ritiri". Un sergente gli si fa incontro: "Che cosa volete?" e gli indigeni, senza rispondere direttamente, continuano a gridare la ragione della loro presenza e leggono tre comunicati dell'assemblea ejidale.

"Siamo venuti pacificamente e non vogliamo altro che ve ne andiate", dichiara l'incaricato Francisco Díaz Méndez, accompagnato da Oscar Peñate Arcos, presidente del comitato di vigilanza e da tutte le autorità ejidali e da decine di abitanti della comunità.

I comandanti non rispettano gli accordi

Assicurano di aver ripetutamente cercato i comandi militari, i colonnelli Francisco G. Ruiz Romero e Florencio G. Castillo Ventura; hanno concordato pure appuntamenti ma questi non sono mai venuti.

"Ci disprezzano perché siamo indios", dichiarano. Riferiscono che i soldati si sono posizionati su 5 mila metri quadrati di proprietà ejidale, dicendo che erano venuti per vigilare sulla pace, mantenere l'ordine ed impedire il traffico di droghe.

"Una volta sistemati, i soldati hanno cominciato a cercare le donne nelle case e a fumare marijuana. Fanno fumare anche alcuni bambini e li obbligano ad avere rapporti sessuali con le prostitute che arrivano alla base militare. Hanno introdotto l'alcol che prima non esisteva nella comunità".

Una volta hanno ferito un bambino "buttandolo da un hummer" ed anche se il colonnello si era impegnato ad indennizzarlo, non l'ha mai fatto.

"È evidente che la base militare provoca divisioni nell'ejido. La sua presenza è dannosa all'educazione dei bambini. Alcune donne lavorano per i soldati, svolgono servizi ed appoggiano la loro presenza". Queste donne hanno lanciato pietre contro gli indigeni.

"Vediamo le prostitute che arrivano e si intrattengono con i soldati davanti a tutto il villaggio", hanno aggiunto gli ejidatarios che hanno stretto un accordo: "Siamo stanchi delle azioni dell'Esercito. Chiediamo che la base sia immediatamente ritirata. Esigiamo il diritto di vivere tranquilli".

"È l'ultimo avvertimento" perché si ritirino, avvertono. Se il 22 gennaio non lo faranno, "torneremo tutti insieme per chiedere che sgomberino il terreno. Comandiamo noi qui e tra noi; voi che avete occupano le nostre terre per ordine dei vostri padroni, siete d'avanzo".

Alla presenza degli indigeni e di membri del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, della Red de Defensores Comunitarios, vari giornalisti ed una decina di osservatori civili, il tenente in carica alla base ha firmato per "ricevuta" gli atti ejidali che sono stati consegnati ."In questo momenti i colonnelli non ci sono", si è giustificato, cercando di essere gentile con i manifestanti.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo)



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home