La Jornada - Domenica 7 novembre 2004
Perderemo la nostra sovranità alimentare
Il vescovo Felipe Arizmendi contro l'importazione di mais transgenico
ALMA E. MUÑOZ
Il vescovo Felipe Arizmendi ha detto che sarebbe opportuno che alle persone fosse permesso decidere a che tipo di programmi - sia della società civile o del governo - vogliono aderire per cercare di alleviare la loro situazione di povertà. Ha pure sollecitato i suoi parrocchiani ad "unirsi" contro quelli che ha definito "programmi di morte" che pregiudicano ancor di più la condizione dei poveri.
Un esempio - ha detto - è l'importazione del mais transgenico dagli Stati Uniti che mette a rischio il mais creolo, "radice della nostra cultura e della nostra indipendenza alimentare”.
Condividere gli sforzi aiuterebbe a migliorare le condizioni di vita per mancanza di posti di lavoro, per ottenere una maggiore infrastruttura sanitaria per delle persone che "muoiono per malattie curabili a causa della mancanza di medicine e di medici", oltre a diminuire il numero delle donne che muoiono per aborti indotti o parti non assistiti.
Analizzando la situazione attuale in Messico, il vescovo ha lamentato le "troppe morti per la violenza quotidiana, per i sequestri ed i furti". Ha ricordato anche i decessi degli emigrati messicani che "fuggono dalla miseria provocata per l'abbandono della campagna”.
Di fronte a tante persone che "muoiono lentamente per la povertà dobbiamo fare qualcosa".
"Non possiamo aspettarci che il governo faccia tutto. Anche se rimane suo primo obbligo far sì che il popolo abbia quanto basta per vivere degnamente. Per questo ci sono le imposte che tutti paghiamo. Ma un paese dipende in primis dal fatto che i suoi cittadini siano solidali e fraterni, soprattutto coi piccoli e con gli indifesi”.
Per il religioso, il fatto che il Messico importi "indiscriminatamente" mais modificato geneticamente, prodotto negli Stati Uniti "ad un prezzo molto basso per gli enormi sussidi che quel governo concede ai suoi produttori", farà sì che i "nostri contadini non possano competere. Perderemo il mais creolo che è la radice della nostra cultura e della nostra indipendenza alimentare e saremo per sempre dipendenti dalle grandi sigle internazionali, perché non avremo mais che si riproduce, ma dovremo comprare sempre semi modificati, per cui perderemo la nostra libertà e dignità”.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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