La Jornada - Domenica 5 dicembre 2004
L’opera permetterà di saccheggiare la riserva
Con il ponte sul Lacantún ci sarà progresso alle spalle della cultura

HERMANN BELLINGHAUSEN – INVIATO

Amatitlan, Chis. 4 dicembre L’ingegnere della ditta costruttrice, con il suo berretto da baseball e molto cordiale, mi confessa: "A questo mi dedico. A fare ponti". C’è orgoglio nella sua voce. Mentre conversiamo, dà indicazioni a cinque lavoratori che preparano una difficile operazione che l’ingegnere affronta con sicurezza. Siamo ad un estremo del ponte che è costruito a metà. Un 20 metri più in basso scorre a sudest il recentemente nato río Lacantún, a breve distanza da dove confluiscono il Jataté ed il Santo Domingo.

Stanno collocando una rampa con grandi pali di ferro che discende dal ponte al banco di sabbia a metà del rio; lì, circa 20 operai ammucchiano pietre e le trasportano in sacchi per costruire argini per cambiare il corso dell’acqua. Con la trazione di un camion, i pali di ferro s’inclinano verso il bordo non finito del ponte.

L’ingegnere confida di terminare il titanico procedimento entro la mattinata.

C’è già una delle due colonne di cemento che salgono dal letto del fiume e sono già a posto le due basi sempre in cemento ai due lati del corso: Amatitlán e Democracia.

La ditta costruttrice è la Amaya y Cancino Construcciones, SA de CV. Sono suoi i veicoli, il macchinario ed il personale. Secondo i tecnici, il ponte potrebbe essere terminato per giugno del 2005.

"Sì, abbiamo lavorato con Pemex, molte volte, però questa opera è con il governo federale e con quello statale", chiarisce l’ingegnere. Conferma pure la versione che il progetto comprende l’apertura di una strada verso la laguna Miramar. In cambio, dice di ignorare se si stia costruendo un altro ponte in Lacanjá.

"La strada verso Miramar è quasi pronta come il ponte in Nuevo Sabanilla, che sembra che sia più avanti nella costruzione di questo", commenta. Il secondo ponte permetterà di attraversare il Jataté da sopra e così chiuderà un circolo
tra le strade dentro e fuori della riserva della biosfera, la maggior parte su terreni nazionali e solo parzialmente sulle proprietà territoriali della comunità lacandona.

All’ingegnere, è evidente, piace il suo lavoro, però questo non gli impedisce di aver delle sua idee personali. Rispetto al ponte di Amatitlán, riconosce di essersi chiesto più di una volta se beneficerà o pregiudicherà le comunità dell’altro lato. "E si figuri che credo che non convenga proprio a loro. Si va solo a togliere la loro cultura, e perché? Affinché arrivi il progresso ed allora possano comprarci questo" e tira su da terra una lattina di Coca-Cola. Beve un sorso.

"Il mio lavoro è quello che vede, e lo faccio bene, ma se mi domanda che cosa ne penso, le dirò che non avrei messo qui questo ponte. Con questo qualsiasi persona potrà portar fuori quello che vuole dalla riserva".

Risulta irresistibile sovrapporre qui le parole dell’amministratore di una piantagione di zucchero nella saga semimitica di Traven, in una delle novelle del ciclo chiapaneco del popolare scrittore: "Chiaro, questa maledetta selva è così bella, così grande e così tanto ricca... Bene, quello che voglio dire è che ci sono molte cose delle quali si può tagliere un pezzetto per vedere come utilizzarle e mascherarle per venderle" (titolo del libro: “El puente en la selva”).

Nel racconto di Traven, pubblicato 70 anni fa, un ponte sul fittizio río Huayalexco convoca gli abitanti indigeni per celebrare il progresso e termina con una tragedia perchè un bambino cade dal nuovo ponte. Né l’aneddoto né il taglio fatalista del narratore hanno qualche relazione con il ponte del Lacantún, a meno di pensare alla metafora dell’avanzamento capitalista e del saccheggio dei potenti.

Sulla riva del río Lacantún, Rubén si sta mangiando una pannocchia all’ombra di un albero. Lavora sulle barche che trasportano passeggeri tra Amatitlán e San Quintín. Li imbarcazioni e lui, sono di Plan de Río Azul. Rubén conosce dettagliatamente le rapide ed i banchi di sabbia del Jataté, però assicura di non aver mai navigato per il Lacantún più al sud e di non esser mai arrivato più in là di Maravilla Tenejapa.

"Stiamo appena cominciando con il progetto turistico. Non abbiamo ancora fondato la cooperativa, però ci hanno offerto un progetto per costruire bungalow per i turisti". La sua comunità, sulla riva del Jataté, sarà attravesata "in mezzo alle case" dalla strada Amatitlán-Miramar.

Rispetto al presunto passaggio di illegali centroamericani attraverso la riserva, di cui si parla molto nella regione, ammette che "può darsi". A volte "sentiamo dei rumori di notte, dicono che è gente che attraversa il fiume. Arrivano dal Guatemala e devono risalire per San Quintín fino ad Ocosingo".

Nella comunità Niños Héroes, un’anziana vende bibite. Non lontano, un ponte pedonale costruito molto bene attraversa le acque turchesi del río Santo Domingo. Le domando se arrivano molti turisti quì. "No, ancora no", mi risponde.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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