La Jornada - lunedì 5 luglio 2004
La posizione contraddice quanto espresso per l'area educativa dall'episcopato messicano
La commissione pastorale indigena critica i programmi per l’educazione secondaria
I popoli indios hanno diritto a che sia dato loro un posto nei programmi di studio

ELIO HENRIQUEZ E JOSÉ ANTONIO ROMAN – CORRISPONDENTE E REPORTER

Con una seria critica alla riforma integrale di educazione secondaria annunciata dal governo del presidente Vicente Fox, la commissione di pastorale indigena dell'Episcopato Messicano ha affermato che lo studio della storia precolombiana è di "trascendentale importanza" per il paese e le sue nuove generazioni ed ha chiesto alla Segreteria dell’Educazione Pubblica di "riconsiderare" la riforma.

In una dichiarazione sottoscritta dai sette vescovi della commissione episcopale, si segnala che la riforma significherà che gli alunni di secondaria non avranno più l’opportunità di approfondire le culture originali dei "nostri popoli che, lo vogliamo o no, costituiscono il fondamento della nostra realtà nazionale e rappresentano oltre il 10% della popolazione" del paese, stimata in quasi 100 milioni di messicani.

"È lodevole che l'educazione di base si sviluppi in modo articolato, ma non si può ignorare che i bambini, durante la primaria, non sono in condizioni di apprezzare tutto quello che significano le culture che hanno dato forma alla nostra patria, nella sua composizione plurietnica e pluriculturale", segnala il testo della commissione, presieduta dal vescovo della diocesi di San Cristóbal de Las Casas, Felipe Arizmendi Esquivel.

La dichiarazione di ieri differisce sostanzialmente da quella espressa alcuni giorni fa dalla commissione di educazione dell'episcopato che ha stimato "positivamente" la riforma della secondaria presentata per la SEP. Quindi la proposta del governo foxista ha generato opinioni divergenti all'interno della Chiesa cattolica.

Il documento di due fogli, invalso ieri da varie delle diocesi dei vescovi firmatari, segnala che "i popoli indios, del passato e del presente, hanno pieno diritto a che, nell'educazione secondaria, essere dato loro il posto che compete", perché "la formazione della personalità, anche se inizia nell'infanzia, passa un periodo privilegiato in profondità nell'adolescenza che corrisponde all'età in che si frequenta la secondaria. È come la nascita di una nuova identità personale".

Anche se i vescovi dicono di riconoscere lo sforzo delle autorità educative per proporre cambiamenti nell'educazione secondaria, hanno chiesto "con insistenza che si riconsideri il programma relativamente alla storia", perché altrimenti pensano che difficilmente si realizzeranno gli obiettivi previsti dalla riforma che è, tra l’altro prevede che gli studenti possano valutare le distinte pratiche ed i processi culturali ed siano in grado di convivere rispettosamente con la diversità sociale, culturale, etnica e linguistica.

La dichiarazione dei vescovi chiarisce che “non si tratta di ripetere lo studio della primaria, ma di addentrarsi di più in qualcosa che è tanto vitale da comprendere come l'oggi ed il domani del nostro paese". Sottolineano che gli studenti non assumeranno questo atteggiamento di "interculturalità" e di convivenza davanti alla diversità "se non saranno date loro nuove opportunità per l’approfondimento della storia così preziosa delle culture precolombiane, dei loro risultati economici, delle loro organizzazioni sociali e politiche, della loro prospettive di vita e della loro spiritualità che ancora vive in molti messicani".

Questo punto "è basilare affinché noi messicani riconosciamo oggi agli indigeni il posto che compete loro nella società", conclude il documento, firmato dal vescovo presidente della Commissione, Felipe Arizmendi Esquivel, e da altri vescovi.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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