La Jornada - Mercoledì 4 febbraio 2004
Cinque ONG richiedono che si consultino tutte le parti
Chiedono che si fermino gli operativi di sgombero nei Montes Azules

ELIO HENRIQUEZ - CORRISPONDENTE

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 3 febbraio - Cinque organizzazioni non governative (ONG) hanno chiesto ai governi federale e statale che "si fermino gli operativi isolati" nei Montes Azules, "fino a che tutte le parti coinvolte non siano state consultate per bene".

Le ONG hanno affermato che il Piano Integrale di Riordinamento della Selva Lacandona "condiziona, inganna e incatena i villaggi e le comunità alla dipendenza dal mercato dei servizi ambientali, al pagamento per la legna, per l'acqua, per la produzione del carbone e all'ecoturismo scientifico, cioè alla biotecnologia".

In una conferenza stampa, rappresentanti del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, la Rete dei Difensori Comunitari dei Diritti Umani, il Centro d'Investigazioni Economiche e Politiche, il Consiglio di Medici e Levatrici Indigeni e Tradizionali del Chiapas e il Consiglio della Legna del Popolo, hanno ribadito che i Montes Azules "sono una riserva federale, cioè dei messicani, e pertanto siamo noi messicani che dobbiamo decidere" sul nostro futuro.

In un documento di tre pagine, le ONG esigono che cessino "gli attacchi pubblicitari contro attivisti dei diritti umani", così come contro giornalisti locali e nazionali, che "nel loro lavoro professionale hanno preso posizione criticamente di fronte alle azioni governative e dimostrano un fermo impegno a favore dei diritti umani".

Le ONG hanno espresso la loro solidarietà con l'inviato de La Jornada, Hermann Bellinghausen, "che recentemente è stato ingiuriato pubblicamente" dalle autorità dello stato "per aver pubblicato informazione autentica però negativa nei confronti del governo del Chiapas".

Hanno precisato che con il recente sgombero degli abitanti di Nuevo San Rafael, comunità ubicata nei Montes Azules, le autorità federali e statali "dimostrano la loro insensibilità politica, nella misura in cui non si rendono conto che questi indigeni sono già profughi del municipio Sabanilla a causa della violenza politica e paramilitare del gruppo Paz y Justizia", il che li obbligò a cercare terre nella riserva della biosfera.

Hanno definito "sproporzionata l'azione coordinata" della Procura Federale di Protezione dell'Ambiente, delle segreterie della Marina, di Riforma Agraria e del governo del Chiapas, che contavano pure con la presenza dei Beni Comunali della Lacandona, per arrestare Josué Gimes Cruz, il 19 gennaio, accusato di rifiutarsi di andarsene da Nuevo San Rafael.

Hanno denunciato che in Chiapas si stanno riattivando le operazioni dei gruppi paramilitari ed hanno sostenuto che "esiste un riordinamento e una turnazione di truppe militari in Los Altos, percepibili come una nuova offensiva contro le comunità in resistenza e contro l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e le sue basi d'appoggio".

Le cinque organizzazioni hanno richiesto che i dirigenti dei raggruppamenti indigeni e contadini che son coinvolti nel Piano Integrale di Riordinamento della Selva Lacandona siano chiamati a discutere la situazione attuale "apertamente e fraternamente". E hanno invitato a "situare gli abitanti della selva nel luogo che loro compete: quello della presa di decisioni e nel luogo storico che permette loro di decidere sul proprio sviluppo, ribadendo che chi comanda, comanda obbedendo e non in altro modo, secondo la loro memoria, il loro lavoro e le loro forme di organizzazione".

Secondo le ONG, con la recente firma del trattato tra il governo del Chiapas e l'Unione Europea (UE) - che concederà 15 milioni di euro per diversi progetti nei Montes Azules - "il circolo degli interessi internazionali sulla Megaconca dell'Usumacinta si chiude e riparte senza apparenti problemi" la zona tra l'UE e gli USA.

"Il silenzio degli operatori dell'Agenzia per lo Sviluppo degli Stati Uniti sul trattato fra l'UE ed il governatore del Chiapas, Pablo Salazar Mendiguchía, rivela solamente il dispetto e la preoccupazione per questa nuova intromissione negli interessi strategici statunitensi nella zona".



(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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