il manifesto - 2 gennaio 2004

10 anni di Chiapas

Quella del primo gennaio `94 fu una guerra iniziata per disperazione. Ma necessaria. Le tre grandi linee dell'Ezln: la linea del fuoco, la linea della parola e la linea dell'organizzazione. L'importanza strategia della parola ma anche del silenzio. Il Messico di oggi, rispetto a dieci anni fa, è in una crisi ancor più profonda. Ma anche il mondo è molto cambiato. In peggio. E il movimento è cresciuto. Non per merito degli zapatisti. Noi non vogliamo essere un esempio, semmai siamo un sintomo. Tuttavia...


MARCOS

Questo testo, che compare in appendice al libro di Gloria Muñoz Ramírez, Ezln 20/10 el fuego y la palabra, ed. Rebeldía y La Jornada, México 2003, è la trascrizione di un messaggio registrato con cui il subcomandante Marcos ha risposto, nel settembre scorso, alle domande "che la rivista Rebeldía e il quotidiano La Jornada gli hanno fatto pervenire nelle montagne del sud-est messicano". Nella risposta Marcos (vero e non taroccato) traccia un bilancio di questi dieci anni di zapatismo.

Ne riproduciamo ampi stralci

Ora, a nove anni e nove mesi, noi continuiamo a vedere la guerra iniziata il primo gennaio del `94, e che ancora manteniamo, come una guerra che fu realizzata per disperazione, però che allora considerammo necessaria. Nove anni e nove mesi dopo, continuiamo a pensare che fu necessaria. Pensiamo che se non fossero iniziate la guerra e l'insurrezione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, molte cose in beneficio dei popoli indigeni e del popolo del Messico, o addirittura del mondo, non si sarebbero date nella stessa forma.

Il fuoco e la parola, l'autonomia

Più che dividere in grandi tappe questo periodo, distinguiamo tre grandi linee lungo questi quasi dieci anni. Quella che chiameremmo la linea del fuoco, che si riferisce alle azioni militari, ai preparativi, i combattimenti, i movimenti propriamente militari. La linea della parola, che si riferisce a incontri, dialoghi, comunicati, dove c'è la parola o il silenzio, vale a dire l'assenza di parola. La terza linea sarebbe la colonna vertebrale e si riferisce al processo organizzativo o alla forma in cui si sta sviluppando l'organizzazione dei popoli zapatisti.

Per tutti questi anni, dal 1994 al 2003, però più marcatamente nel 1996 e 1997, l'Ezln comincia a costruire una relazione con il mondo, con persone e movimenti a livello internazionale, una relazione che ha i suoi alti e bassi ma che sarà importante per questo processo di costruzione di un riferimento civile e pacifico alternativo, una specie di prova di un'altro mondo possibile, che è quello che si sta cercando di costruire nelle comunità indigene.

Sorprese di questi dieci, successi, incontri

Così, in ordine cronologico, la prima sorpresa è che il mondo che trovammo non aveva niente a che vedere con quello che immaginavamo sulle montagne. Un'altra delle sorprese che abbiamo avuto è la gioventù. Noi pensavamo che sarebbe rimasta totalmente scettica, restía, cinica, poco ricettiva a qualunque movimento, più egoista, più chiusa in se stessa. Invece no, è una gioventù generosa, aperta, con voglia di apprendere e voglia di darsi a una causa giusta. Un'altra sorpresa è la grande partecipazione delle donne, del settore femminile, come si dice qui, in ognuna delle iniziative e a tutti i livelli.

Una sorpresa politica è stato l'impatto che ha avuto la parola degli zapatisti a livello internazionale. Un'altra delle sorprese, bisogna riconoscerlo, è il degrado della classe politica messicana, di cui si può dire che non ha rimedio.

E la ultima grande sorpresa è la ricettività che ci fu all'inizio in tutti i mezzi di comunicazione (sebbene la maggioranza si chiuse con il passare degli anni) per far sapere quello che realmente stava succedendo nelle comunità indigene, non solo del Chiapas ma di tutto il Messico. Penso che il successo più grande che abbiamo avuto è la disposizione e la capacità di imparare, prima di imparare a combattere, di imparare a riconoscere il nemico, di imparare a riconoscere chi non è nemico, di imparare a parlare, di imparare ad ascoltare e imparare a camminare insieme agli altri, di imparare a rispettare e a riconoscere la differenza. E, soprattutto, di imparare a vederci come siamo e come ci vedono gli altri. Questo, penso, è il successo più grande degli zapatisti: abbiamo imparato a imparare, anche se sembra un lemma pedagogico.

L'autocritica, quello che non si rifarebbe

Se il tempo potesse tornare indietro, quello che non rifaremmo è permettere e...promuovere la sovraesposizione della figura di Marcos.

Parola come arma e silenzio come strategia

Non ci siamo resi conto del valore della parola, in realtà, fino ai dialoghi della Cattedrale o poco dopo. Lì abbiamo cominciato a lanciare molte parole, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, e abbiamo visto che davano buoni risultati. Il silenzio l'abbiamo scoperto dopo, quando abbiamo capito che il governo era più interessato a che parlassimo, non importa se per insultare, bastava che dicessimo qualcosa perché pensava così di sapere quello che stavamo facendo. E quando stiamo in silenzio non sa quello che stiamo facendo. Un esercito che ha usato la parola in modo così fondamentale come arma, quando tace, li preoccupa.

Il Messico del 1994 e quello del 2003

C'è una differenza fondamentale fra il Messico di oggi, 2003, e quello del 1994. Ci fu l'inizio di una guerra e cominciarono a succedere cose a partire dal gennaio del 1994, cose che non erano successe per molto tempo nella storia del Messico moderno: l'omicidio del candidato presidenziale e del segretario del partito al potere, i regolamenti di conti interni camuffati da battaglie giudiziarie e da accuse, la sconfitta del Pri dopo tanti anni.

Il cambiamento fondamentale lo abbiamo visto nella gente. Quanto al sistema politico, l'alternanza è un cambio ma non significa in nessun modo democrazia, e le ultime elezioni lo hanno dimostrato perché il cittadino è stato assente. Il modello economico che aveva il Pri nel 1994 non solo continua ma si è approfondito. Continua il saccheggio ai fondamenti della sovranità nazionale. Nel sociale, si accelera il processo di decomposizione, precisamente con politiche economiche che distruggono il tessuto sociale. Continua il cinismo della classe politica che non ha alcuna alternativa reale per la maggioranza della gente. In sostanza, così nel politico quanto nell'economico e nel sociale, il Messico è in una crisi più profonda di quella in cui era nel 1994.

Il mondo fra il 1994 e il 2003

Era già avvenuto il crollo del campo socialista e la lotta armata in America latina non era molto popolare, per non dire in altre parti del mondo. Questo ce lo aspettavamo. Però i progressi che aveva fatto il neoliberalismo e la globalizzazione in tutto il mondo risultò una sorpresa, perché allora ci accorgemmo che non solo era avanzato il processo di distruzione e ricostruzione che abbiamo menzionato in alcuni testi ma che era avanzata anche la nascita e il mantenimento di forme di resistenza e di lotta in tutto il mondo. Le internazionali socialiste o comuniste, o quelle reti internazionali mutue per opporsi al capitalismo erano sparite, però erano sorti fuochi di resistenza da varie parti e si stavano moltiplicando.

A questo si deve che l'insurrezione abbia incontrato ricettività in una parte importante della comunità internazionale, fra gente organizzata o con voglia di organizzarsi. E mi riferisco a qualcosa di più del sentimento di pena o di commozione, certamente legittima, di emozione di fronte a quello che significava la sollevazione dell'Ezln e, attraverso questo, poter conoscere le condizioni indignanti in cui vivevano i popoli indigeni prima di quel 1° gennaio 1994. Il mondo che incontrammo nel 1994, per quanto lo immaginassimo, non riuscivamo a capirlo, e per questo non capimmo la ricettività che ci fu in molti gruppi, soprattutto in gruppi di giovani di tutte le tendenze politiche e concezioni, praticamente nei cinque continenti.

Il mondo di oggi, di dieci anni dopo, è più polarizzato. È quello che prevedevamo, che la globalizzazione non stava producendo il villaggio globale ma un arcipelago mondiale che si sta acutizzando, e non solo riguardo agli interessi economici, politici e sociali di questa grande società, del potere in generale, come diciamo noi, di questa ripartizione, conquista e distruzione del mondo, ma anche per quanto si riferisce alla resistenza, alla ribellione che sta crescendo in maniera autonoma, indipendente, non come linea di conseguenza, non come una resistenza che si possa portare in tutte le parti del mondo, ma che sta assumendo la sua forma in ogni posto.

Antiglobal: non siamo stati i primi

Il movimento antiglobalizzazione o, come si dice adesso, alterglobalizzazione - perché non si tratta di opporsi a che il mondo sia mondo, ma di creare un altro mondo - non pensiamo che sia un movimento lineare, con antecedenti e conseguenti, né che abbia a che vedere con situazioni geografiche e di calendario, di dire che prima fu il Chiapas, poi Seattle, poi Genova e ora Cancún. Non è che uno preceda l'altro e lo erediti. Noi concepiamo il nostro movimento come un sintomo di qualcosa che stava succedendo o che stava per succedere.

LA LEZIONE DEGLI ZAPATISTI A DIECI ANNI DALL'INIZIO DELL'INSURREZIONE

Usammo allora l'immagine dell'iceberg, siamo, dicemmo, la punta dell'iceberg che esce fuori e fra poco emergeranno punte da altre parti, di qualcosa che sta sotto. In questo senso, il Chiapas non precede Seattle in quanto lo annuncia o in quanto Seattle sia la continuazione. Seattle è un'altra manifestazione di quella ribellione mondiale che sta nascendo fuori dei partiti politici, fuori dei canali tradizionali dell'attività politica. E così ogni manifestazione, e non mi riferisco a quelle che hanno seguito l'Omc, ma ad altri tipi di manifestazione o mobilitazione o movimento più duraturo contro questa globalizzazione della morte e della distruzione.

Siamo più modesti in quanto al nostro posto. Siamo un sintomo e pensiamo che è nostro dovere mantenerci il più possibile come pretesto o riferimento, ma non come un modello da seguire. Per questo non abbiamo mai rivendicato, né mai lo faremo, che l'inizio fu il Chiapas. La ribellione che c'è in Chiapas si chiama zapatista, ma a Seattle si chiama in un altro modo, nell'Unione europea in un modo e in Asia in un altro modo, in Oceania in un altro ancora. Perfino in Messico, da altre parti la ribellione si chiama in altri modi. Noi vediamo molto bene questo movimento alterglobalizzatore, nel senso che non ripete la verticalità delle decisioni, e questo lo aiuta a non avere un comando centrale, organi di direzione o simili. E che il movimento abbia saputo rispettare le differenti forme che si manifestano al suo interno, i pensieri, le correnti, i modi, gli interessi e le forme in cui si prendono le decisioni. Per quel poco che so di Cancún finora, si vede che questa dinamica si mantiene e che continua ad essere un movimento plurale, non molto di massa, però si capisce perchè si muovono da ogni parte del mondo.

Non è lo stesso mobilitarsi qui, in Chiapas, per qualcuno molto vicino, e mobilitarsi per qualcuno che sta in Corea del Sud.

Però rimane questa pluralità di interessi, questa diversità e ricchezza, e anche queste forme di lotta e di manifestarsi. In questo senso, vediamo che il movimento antiglobalizzazione o alterglobalizzazione continua ad essere ricco di esperienze, ha ancora molto da dare e pensiamo che darà molto, a condizione che non cada nella tentazione delle strutture o delle passerelle. Cioè, il rischio che c'è sempre è che un movimento si trasformi in una passerella di personalità, senza che quelle personalità abbiano il sostegno di mobilitazioni nei loro posti.

Noi pensiamo che questo movimento si sta manifestando non più solo nella critica al modello che rappresenta in questo caso l'Omc, ma che, sotto molti aspetti, si stanno costruendo alternative non sulla carta, ma in forme di organizzazione sociale in vari luoghi, dove si può già dire che ci sono i germi di un altro mondo possibile. Si dice che vari movimenti, sia in Messico che in altre parti del mondo, hanno visto nello zapatismo un esempio di lotta e, addirittura, che alcuni hanno ripreso i suoi principi per la costruzione delle loro resistenze. Noi gli diciamo: a quelli che seguono l'esempio, che non lo seguano. Pensiamo che ognuno deve costruire la propria esperienza e non ripetere modelli. In questo senso, quello che offre loro lo zapatismo è uno specchio, però uno specchio non sei tu, in ogni caso ti aiuta solo per vedere come stai, per pettinarti in un certo modo, per aggiustarti. Allora, diciamo loro che vedano nei nostri errori e nei nostri successi, se ce ne sono, le cose che gli possano servire per costruire i propri processi, ma non si tratta di esportare lo zapatismo o di importarlo.

Pensiamo che la gente ha abbastanza coraggio e sapienza per costruire il proprio processo e il proprio movimento, perché ha la propria storia.


ZAPATISTI
Perché sono vivi

MAURIZIO MATTEUZZI e GIANNI PROIETTIS

Ci sarebbero state Seattle, Genova e Cancun se non ci fosse stata l'insurrezione degli indigeni del Chiapas e il subcomandante Marcos? La domanda - leggermente provocatoria - è tuttavia legittima. E la risposta per nulla scontata. Anche se Marcos dice di sì, che ci sarebbero state. Perché gli zapatisti si attribuiscono solo la connotazione di "un sintomo". Ma se era solo un sintomo, è stato un sintomo dirompente. E duraturo.

Dieci anni fa, nella notte di capodanno del `94, l'apparizione improvvisa sulla piazza di San Cristóbal de Las Casas di strani indios zapatisti guidati da un ancor più strano leader guerrigliero fu, prima di tutto, un golpe mediatico sensazionale. Dieci anni dopo gli zapatisti e Marcos sono ancora là, nelle montagne e nella selva del Chiapas. Non erano solo un fenomeno mediatico. Anzi sono stati un grande fenomeno politico. Potevano sembrare il colpo di coda di un mondo ormai sconfitto e retrò - i popoli indigeni, la guerriglia - (quello era anche il giorno in cui si inaugurava il Nafta e il Messico doveva entrare nel Primo mondo), nessuno poteva immaginare che invece fossero un' avanguardia - anche se agli zapatisti la parola non piace -: nel modo di fare politica, nell'uso del linguaggio, nel rapporto con la violenza e con il potere, nell'intreccio locale-globale. Un'avanguardia rispetto al faticoso ripensamento-rinnovamento della sinistra e, in specifico, al movimento no-global che si sarebbe manifestato a Seattle nel `99 e che poi si sarebbe chiamato il movimento dei movimenti.

In Chiapas e in Messico gli zapatisti hanno dalla loro le ragioni della storia. Hanno potuto resistere per 500 anni e ora possono contrattaccare perché loro e quel geniale comunicatore che è Marcos non erano una moda effimera e "il successo" non li ha consumati. Catapultandoli alla testa di quella grande parte di umanità che reclama il proprio posto al tavolo della storia. E che non si è lasciata né sopraffare né abbagliare dal neoliberismo e dal neoimperialismo di allora e di oggi. Un sintomo forse gli indios del Chiapas - ma se non altro, il primo - o più probabilmente la metafora degli esclusi di ogni angolo del mondo. Del Primo non meno che del Terzo o del Quarto.

Per questo quel movimento pur così periferico e lontano è servito e può servire - oltre che per rivendicare i suoi diritti negati - alla sinistra mondiale (o globale) che ancora annaspa (o affoga) nel dopo-muro di Berlino.


Niente è stato più come prima

In Chiapas dopo l'1 gennaio del `94 "nulla è cambiato" e "gli indios stanno peggio di prima". È vero ma non si può fingere che non sia cambiato niente. Perchè l'Ezln ha fatto tremare il regime messicano. E la ribellione degli indios è maturata in insurrezione. Quel che oggi celebriamo è un mutamento profondo dei tempi. Il movimento zapatista ha la stessa vitalità civile e politica di allora e ora sarà molto più difficile governare senza tener conto del "comandare obbedendo".
ANDRÉS AUBRY *

Il subcomandante insurgente Marcos ha fatto il suo bilancio di dieci anni della fase pubblica dell'Ezln. In quanto alla sequenza, dice, è una lotta che è passata per tre tappe. Comincia con la Prima dichiarazione della Selva lacandona (1° gennaio 1994) e i suoi dieci punti sociali che scartano una risposta di elemosine assistenziali perché "si manifesta l'esigenza di certi diritti"; poi, a partire dal dialogo di San Andrés (aprile 1996), "si chiede il riconoscimento di questi diritti"; e con l'inaugurazione della nuova struttura autonomista dei Caracoles (8-10 agosto 2003) "si esercitano questi diritti". Ognuno di questi momenti è stato caratterizzato da tre elementi: il fuoco (la linea delle armi, del sangue, della guerra), la parola (la linea politica: democrazia, libertà, giustizia) e l'organizzazione (l'indispensabile linea della costruzione delle autonomie dal basso). Queste tre prospettive non sono successive, come se ognuna fosse il segno distintivo di una delle tappe, ma costituiscono al contrario la visione tridimensionale degli zapatisti che, in ogni momento del loro camminare, hanno sopportato il fuoco, hanno risposto attraverso la parola e hanno promosso l'organizzazione. Tale bilancio, naturalmente, non coincide con quello che diffondono le sfere del potere, perché il potere non sa che cosa è organizzazione, la parola - ora - non è il suo forte e nel suo discorso il fuoco non appare, visto che da lì la guerra non si sente.

Il "deterioramento" dell'Ezln

Per consegna dei loro superiori, i successivi rappresentanti del governo nei dialoghi di pace hanno segnalato un deterioramento dell'Ezln, insinuando che, con il passare degli anni, le promesse degli zapatisti stanno perdendo autorevolezza e le speranze risvegliate si allontanano. La prova? Ora, dicono, gli indigeni stanno peggio che nel 1994.

Ironia a parte, in che guerra possono prosperare le vittime di un esercito di occupazione? Però, effettivamente, è così: la situazione delle campagne è tragica. L'agricoltura, unica risorsa degli indios del Chiapas, è depressa per il crollo dei prezzi dei prodotti d'esportazione (caffè, canna da zucchero, ananas, oleaginosi, ecc.) e per gli effetti del Nafta, il trattato di libero commercio che lega il Messico a Canada e Stati uniti. I prodotti basici - come fagioli, mais e altri cereali - non resistono alla concorrenza sleale né all'invasione di una tecnologia che favorisce il degrado ambientale (suoli, acque, microclimi, alterazioni di sementi, biopirateria di risorse tradizionali). Chi cerca un'altra possibilità si scontra con la crescente disoccupazione urbana e rurale. L'unica via d'uscita, malgrado i pericoli e le misure posteriori all'11 settembre, è quella di arrischiarsi a lavorare illegalmente negli Stati uniti. Proprio quello che il trattato voleva disincentivare. L'esodo di messicani cresce in proporzioni tali che le rimesse in dollari inviate dagli emigranti alle loro famiglie sono ormai la seconda fonte di valuta del paese dopo il petrolio.

E, per chiudere con la ciliegina avvelenata, invece di entrare nel Primo mondo, il Messico eredita la crisi della sua poderosa controparte nel Nafta, comprimendo il suo Pil molto al di sotto della sua crescita demografica. Quindi ha ragione il governo quando ripete che l'indio sta peggio, ma allo stesso tempo conferma quanto sia stato appropriato il ¡ya basta! zapatista, pronunciato giusto il 1° gennaio, in coincidenza con l'entrata in vigore del Nafta, denunciando con lucidità le false giustificazioni e i miraggi macroeconomici del neoliberalismo.

I destini della ribellione

Tuttavia, non si può fingere che niente sia cambiato, perché l'Ezln ha fatto tremare la sedia del regime. Quelli che trovavano esagerate le accuse di usurpatore rivolte dagli zapatisti all'ex-presidente Carlos Salinas hanno riso di gusto quando l'hanno visto in autoesilio o trasformato in personaggio di caricatura, incarnazione del malvagio che trama nell'oscurità. L'alternanza conquistata il 2 luglio del 2000 è stata la risposta dell'elettorato alla frode denunciata già da tempo dall'Ezln; l'inoppugnabilità del risultato si deve alla lezione zapatista della Terza dichiarazione della Selva (1° gennaio 1995) sulla liquidazione del partito di stato e la riforma elettorale. Se il potere mantiene il suo discorso del "niente è cambiato", è perché uno degli aspetti della guerra di contrainsurgencia è quello di impedire sul terreno che la gente, individualmente, senta il cambiamento. Però, collettivamente, niente è come prima, perché il vecchio regime si disgrega in maniera caotica, lenta e irrimediabile, per preparare le condizioni della nascita di un altro paese.

La memoria dell'umanità non si offusca per la cacofonia mentale del "niente è cambiato", perché la ribellione trova comunque la sua strada. Per spiegare come hanno preso piede nelle campagne le dinamiche della modernità, Barrington Moore - in Le origini sociali della dittatura e della democrazia - descrive così la lunga traiettoria dei contadini di tutti i continenti: per secoli suscitano, senza stancarsi, ribellioni che falliscono (vale a dire, che non cambiano nulla, come quella degli zoque nel 1697 o quella degli tzotzil e tzeltal nel 1712). Però, d'improvviso, nei secoli XIX e XX, quelle stesse ribellioni contadine culminano in rivoluzioni vittoriose (perché niente è rimasto come prima: per esempio in Messico, con diversi registri, si sono prodotte le insurrezioni dell'Indipendenza, della Riforma e della Rivoluzione). Ribellioni e insurrezioni non sono sinonimi, ma categorie distinte della storia di lunga durata. La ribellione, con la sua energia mobilitante, è come una fiammata della resistenza, una sorpresa per la logica coloniale, ma dura quanto le scintille; non ottiene nulla, a parte una risposta atroce per impedire che il fuoco si propaghi, anche se lascia sempre qualche brace, che riprenderà ad ardere per produrre solo nuove, effimere scintille. Malgrado il rispetto che ispirano le ribellioni per le loro sofferenze, è mancata loro la maturità: hanno denunciato senza annunciare né costruire, non hanno cambiato nulla, e così la storia se le è portate via. Non torneranno più, come non possono tornare i mammut, perché i tempi sono cambiati.

Ciò che succede con i tempi nuovi è che la ribellione è maturata in insurrezione. L'insurrezione, come la ribellione, attira una risposta armata, ma questa repressione risulta convocante, perché riunisce altri insorti e impegna alleati. A differenza delle ribellioni, limitate nel tempo e nello spazio, le insurrezioni durano e contagiano, la loro eco travalica le frontiere al punto che, a volte, si riproducono con brevi intervalli, ma senza copiarsi né diventare un prodotto d'esportazione. E la grande differenza: la ribellione attacca, non edifica, indica solo l'insopportabile; ha dei bersagli, ma non una direzione. L'insurrezione, al contrario, anche prima di trionfare, non lascia niente uguale (in Chiapas si diceva, fin dal 1812: "Senza che gli insorti abbiano preso una sola città, comandano già nell'animo dei loro abitanti"); l'insurrezione è di per sé trasformatrice.

Per prendere esempi estranei, dopo l'insurrezione del 1776 a Filadelfia, chi avrebbe rinunciato, anche fuori degli Stati uniti, alla democrazia? Dopo quella del 1789 a Versailles e Parigi, chi avrebbe rinunciato ai diritti dell'uomo, anche al di là dei confini della Francia? Nei tempi che si aprono dopo il 1848 internazionale (anno del Manifesto comunista) in Europa e in America latina, la politica non poté essere la stessa, anche se non si sviluppava secondo le speranze; dopo il 1968 universale, nessuno pensa come prima né ha la stessa morale di una volta.

L'insurrezione zapatista

Quello che celebriamo oggi è il mutamento di tempi annunciato da una nuova insurrezione, quella zapatista. La strage del gennaio 1994 nel mercato di Ocosingo, in Chiapas, ha riversato centomila manifestanti nello Zocalo di Città del Messico e, sei settimane dopo, ha attirato 400 giornalisti da mezzo mondo per ascoltare gli insorti nella cattedrale di San Cristóbal e migliaia di persone della società civile nazionale e internazionale a San Andrés.

Il 1° gennaio 1994, nella prima tappa che menziona Marcos, si pensò che cominciava una nuova "ribellione" - il termine fu utilizzato in molti titoli - perché il suo fuoco denunciava il Nafta e le insostenibili carenze sociali, riassunte in 10 punti. Ma, dieci anni dopo, il movimento zapatista ha la stessa vitalità, ora civile e politica, mobilita più che nel 1994, anche dopo i silenzi fuorvianti che hanno favorito le voci di una sua debilitazione. Dopo i neozapatisti, sarà molto difficile ovunque governare senza rispettare il "comandare obbedendo", il mondo intero si riconosce nel "diritto alla differenza", non c'è chi non aneli a "un mondo che ospita tutti i mondi" - l'altermondialismo come alternativa al neoliberalismo - o chi non saluti la norma etica del "tutto per tutti, niente per noi".

Sebbene continuino a resistere, senza avere ancora vinto, in loro si riconoscono gli esclusi di molti mondi, che adesso hanno una direzione per continuare a camminare e a lottare. È questo che si festeggia "contro il neoliberalismo e per l'umanità": il privilegio di accompagnare gli artefici di una nuova insurrezione che annuncia, e forse già costruisce, una nuova storia.

* Andrés Aubry, storico della cultura maya, direttore dell'archivio storico diocesano di San Cristóbal de Las Casas, consigliere dell'Ezln, autore di diversi libri fra cui l'ultimo: "Los Lamados de la memoria".


scheda

I 10 anni `94-`03

1994

1° gennaio - Insurrezione indigena nello stato del Chiapas. Il fino allora sconosciuto Ezln, Ejército Zapatista de Liberación Nacional, occupa militarmente per 24 ore sette città: San Cristóbal de Las Casas, Las Margaritas, Altamirano, Oxchuc, Huixtán, Chanal e Ocosingo. Nella Primera declaración de la Selva lacandona si dichiara la guerra al governo Salinas e si esige libertà, democrazia e giustizia per tutti i messicani.

2-12 gennaio - Controffensiva dell'esercito. Saldo: 400 morti.

10-12 gennaio - Manifestazioni oceaniche nella capitale e in altre città esigono la fine della guerra.

12 gennaio - Insieme agli zapatisti, il governo Salinas decreta il cessate il fuoco e annuncia la ricerca di una soluzione negoziata.

21 febbraio-2 marzo - Dialogo nella cattedrale di San Cristóbal fra i dirigenti Ezln e il rappresentante del governo Manuel Camacho Solís. Il mediatore è don Samuel Ruiz, vescovo di San Cristóbal.

23 marzo - In piena campagna elettorale, viene assassinato a Tijuana il delfino di Salinas, candidato del Pri alla presidenza della repubblica, Luis Donaldo Colosio.

6-9 agosto - Dopo aver respinto le proposte del governo l'Ezln convoca a Guadalupe Tepeyac, nella Selva Lacandona, 6000 rappresentanti di organizzazioni politiche, sindacali e popolari per la Convención Nacional Democrática.

21 agosto - Ernesto Zedillo, candidato del Pri, vince le elezioni per la presidenza della repubblica. In Chiapas, Amado Avendaño, candidato a governatore della società civile, viene scippato della vittoria con una frode elettorale.

19 dicembre - Gli zapatisti rompono l'accerchiamento dell'esercito federale e, senza sparare un colpo, occupano brevemente 38 municipi del Chiapas.

19-20 dicembre - Crisi finanziaria. Il peso svalutato del 40%, recessione economica, fallite migliaia di imprese, spariti un milione di posti di lavoro.

24 dicembre - L'Ezln e il governo federale riconoscono la Conai, Comisión Nacional de Intermediación, presieduta da mons. Ruiz.

1995

1° gennaio: l'Ezln lancia la Tercera Declaración de la Selva Lacandona, in cui propone alla società civile la formazione di un movimento per la liberazione nazionale.

Gennaio - L'Fmi e le banche Usa concedono un prestito di 50 miliardi di dollari al governo messicano. Clausola segreta: sloggiare l'Ezln dalla Selva Lacandona.

9 febbraio - Il presidente Zedillo, ordina a tradimento un'offensiva militare nei territori zapatisti della Selva lacandona. Obiettivo: la cattura di Marcos, la cui vera identità, Rodolfo Guillen, viene svelata in tv dal ministro degli interni.

11 marzo - Il Congresso approva la Ley para el diálogo y la conciliación, che sospende gli ordini di cattura contro gli zapatisti e concede l'immunità per favorire il dialogo. Il Congresso forma la Cocopa, la Comisión de concordia y pacificación.

9 aprile- Riprende il dialogo zapatisti-governo a San Miguel (Ocosingo), poi a San Andrés Larráinzar.

28 giugno -Nello stato di Guerrero, 17 campesinos della OCSS, la Organización Campesina de la Sierra Sur, vengono trucidati dalla polizia ad Aguas Blancas.

27 agosto-3 settembre - L'Ezln indice una consultazione nazionale e internazionale: più di un milione di persone si pronunciano per una lotta politica, non armata, e per la trasformazione dell'Ezln in una forza politica.

Novembre-dicembre - In Chiapas, incoraggiate dai governi statale e federale e addestrate dall'esercito, si moltiplicano i gruppi paramilitari. Fra cui la famigerata Desarrollo, Paz y Justicia, capeggiata da un deputato statale del Pri, Samuel Sánchez Sánchez.

1996

1° gennaio - L'Ezln annuncia la creazione di un fronte civile, il Frente Zapatista de Liberación Nacional (Fzln).

16 febbraio- Governo-Ezln firmano l'accordo su "Diritti e cultura indigena" a San Andrés Larráinzar.

27 luglio-3 agosto - Indetto dall'Ezln, si realizza a La Realidad il primo Encuentro Intercontinental por la Humanidad y contra el Neoliberalismo. Vi partecipano più di 5mila persone da 41 paesi.

29 agosto - Marcos scrive all'EPR: "Non vogliamo il vostro appoggio. Non ne abbiamo bisogno né lo cerchiamo...".

2 settembre - L'Ezln si ritira dai negoziati finché non vengano rispettati gli accordi di San Andrés.

29 novembre - La Cocopa presenta un progetto di riforma costituzionale sui diritti dei popoli indigeni basato sugli accordi di San Andrés. L'Ezln lo accetta, il governo lo respinge pochi giorni dopo averlo inizialmente accettato.

1997

11 gennaio - L'Ezln annuncia che non ritornerà al tavolo dei negoziati fino a quando il governo non rispetti gli accordi di San Andrés.

27 gennaio - Benigno Guzmán Garcia, dirigente della Organización Campesina de la Sierra Sur, è detenuto nella capitale e torturato.

14 marzo - la polizia attacca in forze la comunità di San Pedro Nixtalucum, municipio di El Bosque, in Chiapas. Saldo: 4 morti, molti feriti, 27 detenuti e 300 desplazados, tutti simpatizzanti dell'Ezln.

27 aprile - esecuzione sommaria dell'indio Celerino Jiménez Almaraz. Per tutto l'anno si moltiplicano le uccisioni e i sequestri di indigeni loxicha.

28 aprile - l'EPR afferma che l'uso delle armi non è centrale, perché "c'è ancora spazio per la lotta politica".

24 maggio - scontro armato fra epperristi e l'esercito federale a Chilapa, in Guerrero. 2 guerriglieri e 2 militari perdono la vita; 20 soldati feriti.

10 giugno - più di ottanta donne, familiari dei desaparecidos e dei detenuti loxicha, installano un piantone di fronte al palazzo di governo di Oaxaca.

13-16 settembre - marcia dei 1.111 zapatisti a Città del Messico "perché Zedillo rispetti gli accordi che ha firmato", dice la comandanta Claribel.

29 novembre - a San Cristóbal de Las Casas, 10mila indigeni scendono in piazza per esigere che il governo rispetti gli accordi di San Andrés.

Fine novembre - nel solo municipio di Chenalhó, sono già 4.500 gli indios tzotzil costretti a vivere in campi profughi.

11 dicembre - fra i paramilitari e le autorità del municipio autonomo di Polhó si arriva a un accordo di non aggressione.

19 dicembre - fallisce l'iniziativa di pace fra rifugiati e paramilitari.

22 dicembre - un gruppo paramilitare legato al Pri massacra 45 desplazados, in maggioranza donne e bambini, che stavano pregando ad Acteal. La polizia e l'esercito, a conoscenza della strage, non intervengono.

1998

3 gennaio - Francisco Labastida sostituisce come ministro degli interni Emilio Chuayffet e, pochi giorni dopo, per designazione presidenziale, si insedia un nuovo governatore in Chiapas, Roberto Albores, ferocemente antizapatista.

8 gennaio - da una scissione dell'EPR nasce l'ERPI, Ejército Revolucionario del Pueblo Insurgente.

22 gennaio - La Procuraduría General de la República ammette l'esistenza di 12 gruppi paramilitari - ma li definisce "di civili armati" - in Chiapas.

Fine gennaio-inizio febbraio - basi d'appoggio zapatiste fuggono da Chenalhó per le minacce di morte dei paramilitari.

16-28 febbraio - una Commissione Civile Internazionale per l'Osservazione dei Diritti Umani, formata da 210 osservatori di 11 paesi, visita il Chiapas. Il suo rapporto evidenzia: 1) una intensa militarizzazione dello stato; 2) l'impunità con cui governo ed esercito violano i diritti umani; 3) la miseria strutturale degli abitanti indigeni; 4) l'assenza di volontà politica del governo per arrivare a un accordo di pace.

26 febbraio - deportazione del parroco di Chenalhó, il francese Michel Chanteau, da 32 anni in Messico. Il suo crimine: responsabilizzare il governo federale della strage di Acteal.

Febbraio - si intensifica la campagna xenofoba contro la presenza di stranieri in Chiapas. Prime espulsioni.

Aprile-giugno - in Chiapas, i municipi autonomi zapatisti sono oggetto di un'offensiva congiunta di esercito e polizia.

10 maggio - 43 italiani dell'organizzazione ¡ya basta! vengono espulsi dal Messico per aver visitato l'ejido Taniperla.

7 giugno - di fronte alla persistenza degli attacchi governativi alla commissione di intermediazione, il vescovo Samuel Ruiz annuncia lo scioglimento della Conai. Lo stesso giorno, in Guerrero, un reparto dell'esercito a caccia di guerriglieri dell'Erpi bombarda una scuola di El Charco dove è in corso una riunione fra locali e guerriglieri. Saldo: 11 morti fra erpisti e campesinos, 5 feriti e 21 detenuti, fra cui la studentessa Erika Zamora Pardo.

10 giugno - in Chiapas, più di mille fra soldati e poliziotti attaccano il municipio autonomo di San Juan de la libertad (prima El Bosque). Saldo: un poliziotto e 10 giovani simpatizzanti zapatisti uccisi.

19 luglio - l'Ezln annuncia una consultazione nazionale sull'iniziativa di legge della Cocopa, che raccoglie in maniera accettabile gli accordi di San Andrés.

3 agosto - secondo il Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de las Casas, fondato da don Samuel Ruiz, negli ultimi sei mesi si sono registrate 57 esecuzioni sommarie, sei omicidi politici e 185 espulsioni di stranieri.

30 ottobre - Benigno Guzmán Martínez, campesino ecologista della Organización Campesina de la Sierra Sur incarcerato su false accuse, riceve una condanna a 13 anni di prigione.

Novembre - in Chiapas, sommano a 22mila i desplazados costretti a vivere in campi profughi, soprattutto nelle regioni del nord dello stato e negli Altos.

1999

6 gennaio - sei ex-poliziotti implicati nella strage di Acteal vengono condannati per trasporto di armi da fuoco di grosso calibro.

9 febbraio - dal carcere dove è detenuto in Chiapas, il generale Julio Cesar Santiago Diaz denuncia che le armi utilizzate per la strage di Acteal furono comprate da poliziotti e militari in ritiro.

24 febbraio - nella capitale, gli studenti della Unam, l'Universidad Nacional Autónoma de México, coordinati nel CGH (Consejo General de Huelga), iniziano una lunga lotta in difesa della gratuità dell'istruzione.

12-14 marzo - ben cinquemila delegati zapatisti viaggiano dal Chiapas nei 32 stati della Repubblica per promuovere la consultazione nazionale zapatista.

21 marzo - 2 milioni 800mila messicani partecipano alla consultazione per il riconoscimento dei popoli indigeni e per la fine della guerra di sterminio.

19 aprile - a Città del Messico, gli studenti gridano il loro ¡ya basta!. 27 facoltà della Unam su 36 vengono occupate contro l'aumento delle tasse di iscrizione.

2 maggio - a Pizotla, in Guerrero, i soldati uccidono Salomé Sanchez Ortiz e torturano Rodolfo Montiel e Teodoro Cabrera, campesinos fondatori della Ocep (Organización de Ecologistas de la Sierra de Petatlán).

11 maggio - nella capitale, il rettore della Unam, Barnés de Castro, annuncia la creazione della Comisión de Encuentro, senza poteri decisionali, formata da 10 direttori e da ricercatori dell'università.

2 giugno - il Consejo General de Huelga e la Comisión de Encuentro si siedono per la prima volta intorno a un tavolo. Le sessioni vengono teletrasmesse.

3 giugno - il rettore Barnés annuncia che "le tasse semestrali avranno il carattere di contributi volontari".

26-27 giugno - dal Chiapas, un comunicato dell'Ezln afferma che "gli zapatisti appoggiano il CGH" in qualunque decisione prenda sull'occupazione dell'università.

Agosto - con il pretesto di riforestare la riserva dei Montes Azules, questa regione della Selva Lacandona è oggetto di una nuova offensiva militare contro le comunità indigene. L'obiettivo è quello di liberare i Montes Azules dalla presenza di zapatisti e desplazados che impediscono i megaprogetti del capitale multinazionale.

12 agosto - la comunità di Amador Hernandez, nella Selva Lacandona, per impedire la costruzione di una strada, inizia un fronteggiamento con i militari che durerà mesi.16 novembre: la Commissione civile internazionale di osservazione per i diritti umani visita per la seconda volta il Messico. Conclusione: "Non ci sono progressi significativi."

2000

1° gennaio - più di cinquemila indigeni degli Altos del Chiapas si riuniscono nell'Aguascalientes di Oventic per celebrare con la società civile il sesto anniversario dell'insurrezione zapatista.

6 febbraio - a Città del Messico la Policia Federal Preventiva fa il suo debutto irrompendo nella Unam occupata. 732 arrestati, fra cui i principali dirigenti del CGH.

2 luglio - Vicente Fox, candidato della destra cattolica imprenditoriale e filoamericana, vince le elezioni presidenziali con il 43.43% dei voti. È la prima volta dal 1929 che il Pri perde la presidenza della repubblica.

26 ottobre - in Guerrero, si celebra il Primo Incontro per la difesa dei boschi di Guerrero, indetto dalla Organización de Campesinos Ecologistas de la Sierra.

1° dicembre - assume il potere Vicente Fox, candidato del Pan, Partido de Acción Nacional, espressione della destra cristiana controrivoluzionaria, e del PVEM, il Partido Verde Ecologista Mexicano, feudo di una sola famiglia. In campagna, Vicente Fox, ex direttore della Coca Cola, aveva promesso che, da presidente, avrebbe risolto il conflitto del Chiapas in 15 minuti.

2 dicembre - in Chiapas, l'Ezln annuncia una marcia a Città del Messico per il rispetto dei diritti indigeni e chiede tre segnali al governo per poter reiniziare il dialogo di pace: 1) approvazione di una legge che assuma gli accordi di San Andrés; 2) libertà di tutti i detenuti politici zapatisti; 3) smantellamento di 7 basi strategiche dell'esercito "delle 259 che mantiene attualmente nella zona di conflitto". A tutt'oggi, il governo ha compiuto solo le ultime due condizioni per la ripresa del dialogo.

31 dicembre - l'esercito federale smantella la base militare di Jolnachoj, nel municipio di San Andrés Larráinzar (ribattezzato dagli zapatisti Sacamch'en de Los Pobres), sotto la pressione delle donne della comunità.

2001

24 febbraio - ventimila persone si riuniscono a San Cristóbal de Las Casas per salutare la partenza della marcia zapatista alla capitale.

5 marzo - in Michoacán, migliaia di partecipanti al Congreso Nacional lndígena decidono di realizzare una sollevazione pacifica per chiedere l'approvazione della "ley Cocopa".

7 marzo - grazie alle pressioni di numerose ong nazionali e internazionali, viene liberato Benigno Guzmán Martinez, dirigente della Organización Campesina della Sierra Sur.

11 marzo - lo Zocalo di Città del Messico si riempe di più di 200mila persone che danno il benvenuto alla delegazione zapatista. I 23 comandanti dell'Ezln hanno ricevuto un'accoglienza trionfale per tutto il percorso attraverso 12 stati.

28 marzo - in una sessione storica, la comandanta Esther, alcuni comandanti dell'Ezln e rappresentanti del Congreso Nacional Indígena prendono la parola in Parlamento. Si rivolgono ai deputati presenti ma è la nazione intera, attraverso la televisione, ad ascoltarli. Dopo 500 anni di dominio, il riconoscimento dei diritti indigeni sembra finalmente realizzato.

1° aprile - la delegazione dell'Ezln ritorna in Chiapas.

19 aprile - a Venustiano Carranza, in Chiapas, 8 campesinos vengono trucidati in un'imboscata realizzata da un gruppo di incappucciati.

25-27 aprile - il Congresso della Repubblica approva una riforma costituzionale in materia indigena che evade il contenuto degli accordi di San Andrés e rappresenta una beffa ai popoli indigeni messicani. Dopo aver denunciato "la legge-truffa del Messico razzista", l'Ezln riprende il silenzio.

21 luglio - la Croce Rossa internazionale avverte che ci sono ancora settemila desplazados in Chiapas.

19 ottobre - l'avvocatessa Digna Ochoa, che aveva difeso i campesinos ecologisti di Guerrero rivelando gravi eccessi dell'esercito, viene assassinata nel suo studio di Città del Messico. Il caso non è ancora stato risolto, gli inquirenti si pronunciano per l'inverosimile ipotesi del suicidio. L'Ezln rompe un lungo silenzio per lamentare la morte di Digna Ochoa.

22 ottobre - il ministero di comunicazioni e trasporti annuncia la costruzione di un nuovo aeroporto per la capitale nelle terre della comunità di San Salvador Atenco. Mentre il ministro Cerisola si affanna ad affermare che "perfino l'avifauna della laguna vicina è d'accordo", i campesinos di Atenco sfoderano i machete e li affilano sull'asfalto. La loro lotta, vincente, diventerà un simbolo in tutto il Messico.

8 novembre - in Iguala, Guerrero, vengono liberati "per ragioni umanitarie" Teodoro Cabrera e Rodolfo Montiel, i campesinos ecologisti arrestati nel maggio del '99.

25 dicembre - a San Salvador Atenco, gli abitanti della comunità erigono barricate e si dichiarano "municipio ribelle".

31 dicembre - ad Oventic, in Chiapas, gli zapatisti celebrano l'ottavo anniversario del '94. "La ribellione armata è stata l'unica strada che ci hanno lasciato per non essere sterminati".

2002

4 gennaio - l'Instituto Nacional de Migración deporta sei indios chiapanechi in Guatemala. "Per errore", spiegano i funzionari.

2 febbraio - il Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez segnala la persistenza di gruppi paramilitari in Chiapas.

5 marzo - i campesinos di San Salvador Atenco bloccano le strade statali.

17 marzo - a Monterrey, 15mila manifestanti marciano contro il vertice di capi di stato che si celebra in questa città. Per compiacere il presidente Bush, il governo Fox congeda prematuramente Fidel Castro.

1° aprile - da Oaxaca, parte una marcia alla capitale per esigere la liberazione di 26 detenuti politici.

20 aprile - in differenti carceri, 87 prigionieri politici cominciano uno sciopero della fame per una nuova legge di amnistia.

11 luglio - la polizia reprime i campesinos di Atenco ma questi detengono sette fra impiegati e funzionari della procura di Texcoco.

1° agosto - il presidente Fox fa marcia indietro sul progetto dell'aeroporto.

18 agosto - a Oaxaca, migliaia di persone manifestano contro l'apertura di un McDonald's nel centro storico della città.

9 dicembre - il consiglio comunale di Oaxaca nega il permesso alla hamburgeria MacDonald's di stabilirsi nella zona coloniale.

30 dicembre - il subcomandante Marcos annuncia che l'Ezln non permetterà che si sloggino le comunità di rifugiati dai Montes Azules.

2003

1° gennaio - a San Cristóbal de Las Casas, più di 20mila indigeni delle comunità zapatiste festeggiano il nono anniversario del `94. Parlano i comandanti Esther, David, Tacho, Fidelia, Omar, Mister e Brus Li.

25 gennaio - "La tortura è pratica comune sotto il governo Fox", denuncia la ong Acción de los Cristianos para la Abolición de la Tortura (Acat).

30 gennaio - una serie di 12 comunicati (le 12 "stele") del subcomandante Marcos descrive le situazioni di ingiustizia e la resistenza in atto in Messico.

31 gennaio - nella capitale, 100mila manifestanti esigono la revisione del capitolo agricolo del trattato di libero commercio del Nordamerica (Nafta).

7 febbraio - lettera (vera) del subcomandante Marcos all'Italia ribelle: "No alla guerra!".

Febbraio - nella regione dei Montes Azules, riprendono le minacce di aggressione contro gli insediamenti di desplazados, provocati dalla guerra di bassa intensità.

4 aprile - un comunicato dell'Ezln condanna l'invasione dell'Iraq e invita a una riflessione seria e intercontinentale contro il neoliberalismo e gli effetti distruttivi della globalizzazione.

11 aprile - organizzazioni indigene denunciano nel plenum della Commissione per i diritti umani dell'Onu che proseguono in Messico "gravi, sistematiche e reiterate violazioni delle libertà e dei diritti dei popoli indigeni".

12 aprile - un nuovo comunicato dell'Ezln saluta le mobilitazioni di ripudio alla guerra che i governi di Stati Uniti e Inghilterra hanno sferrato contro il popolo iracheno.

23 aprile - nei Montes Azules, indigeni lacandon istigati dal governo attaccano la comunità El Paraíso e distruggono un centinaio di case.

19 luglio - una serie di comunicati dell'Ezln (la tredicesima "stele") annuncia cambiamenti interni e una ristrutturazione delle relazioni con la società civile nazionale e internazionale. Gli zapatisti decidono di sospendere qualsiasi contatto con il governo messicano e i partiti politici. Il subcomandante Marcos è designato temporaneamente portavoce dei municipi autonomi.

26 luglio - un comunicato dell'Ezln annuncia la morte dei cinque Aguascalientes e la nascita dei Caracoles, nuove strutture di coordinamento dei municipi autonomi con cui si rafforza l'autonomia prevista dagli accordi di San Andrés.

7 agosto - a Huehuetla, nella Sierra nord di Puebla, viene uccisa Griselda Tirado Evangelio, difensora dei diritti umani e fondatrice della Organización Independiente Totonaca.

8-10 agosto - grande festa ad Oventic, negli Altos del Chiapas, per la nascita dei Caracoles. Si formalizza pubblicamente l'autonomia zapatista. Simultaneamente a Larzac, in Francia, si celebra la riunione finale delle organizzazioni europee prima del vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio a Cancún.

11 agosto - la segretaria generale di Amnesty International, Irene Khan, presenta il rapporto Muertes intolerables. México: 10 años de desapariciones y asesinatos de mujeres en Ciudad Juarez y Chihuahua, in cui si evidenzia "l'inefficacia, la negligenza e l'incapacità delle autorità messicane" per indagare gli omicidi di più di 300 donne (e le 500 desaparecidas) negli ultimi 10 anni a Ciudad Juarez. È il più lungo serial killing della storia, definito dalla stampa un feminicidio.

10 settembre - in un comunicato, l'Ezln saluta la mobilitazione contro la riunione dell'Omc che si celebra a Cancún, in Messico, dal 8 al 14 settembre.

11 settembre - il contadino e sindacalista coreano Lee Kyung Hae si suicida per protestare contro le politiche della Omc.

13 settembre - una marcia di altermundistas contro la Omc riempie le strade di Cancún.

Ottobre - la Croce Rossa annuncia la sospensione degli aiuti alimentari ai campi profughi degli Altos del Chiapas.

17 novembre - 20° anniversario della fondazione dell'Ezln, avvenuta nel 1983.

20 novembre - l'ambasciatore messicano alle Nazioni Unite, Adolfo Aguilar Zinser, è costretto alle dimissioni per aver svelato un segreto di Pulcinella: "Gli Stati uniti vedono il Messico come la loro backyard".

26 novembre - Zacarias Barrientos, un testimone chiave sulla guerra sucia degli anni `70 e `80 in Guerrero che sta per deporre contro i militari e le autorità dell'epoca, è torturato e assassinato ad Atoyac. Lo stesso giorno, una delegazione di 14 ambasciatori europei in Messico, fra cui quello italiano, viaggia in Chiapas e dona al governatore Pablo Salazar Mendiguchia 15 milioni di euro da parte dell'Unione Europea. Serviranno a finanziare piani di contrainsurgencia nella Selva lacandona e a spianare la strada ai progetti delle multinazionali.

28 novembre - più di 200mila persone manifestano nello Zocalo di Città del Messico contro la privatizzazione del settore elettrico promossa dal presidente Fox.

5 dicembre - il manifesto si scusa con i lettori per una falsa lettera del subcomandante Marcos pubblicata il giorno prima. L'apocrifo è stato scritto dai disobbedienti romani legati a ¡ya basta!

6 dicembre - un reportage del New York Times informa che Wall-Mart, la catena più grande del mondo, sta costruendo una nuova cultura del consumo in Messico, sul modello di quella statunitense.

22 dicembre - nel sesto anniversario della strage di Acteal, don Felipe Arizmendi, vescovo di San Cristóbal, denuncia l'impunità dei mandanti. Il Centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas indica la responsabilità del governo Zedillo nella strage.

23 dicembre - a Queretaro, viene liberato il penultimo prigioniero zapatista. Delle tre condizioni poste dall'Ezln per la ripresa dei dialoghi di pace, il governo deve ottemperare ancora alla più importante: l'approvazione di una ley indígena che recepisca gli accordi di San Andrés.

Cronologia a cura di Claudio Albertani


Per il Messico. E anche per il mondo

Nel 1938 André Breton disse che questo era "un paese surrealista". Non ha smesso di esserlo. Marcos ha dato voce ai disprezzati e miserabili indios messicani. Ma non solo. L'autenticità sua e del movimento zapatista hanno dato un contributo storico e singolare che va ben oltre i confini del Chiapas
ELENA PONIATOWSKA *

Quando André Breton venne in Messico, nel corso di una scampagnata con Diego Rivera e Leon Trotsky nel giugno del 1938, disse che questo era un paese surrealista. Non ha smesso di esserlo. Le realtà della nostra America latina, dalla frontiera nord fino alla Patagonia, sono magiche per la vecchia Europa che, allo scoprirci, si stupisce. Negli anni Quaranta, ci siamo impegnati, come ha detto Alejo Carpentier, che coniò il concetto di "reale meraviglioso", a far parte della grande famiglia europea. Abbiamo voluto smettere di essere il bon sauvage e siamo diventati francesi. Ora vogliamo, almeno in Messico, essere gringos.

Non ci siamo mai accettati come siamo. Abbiamo sempre voluto essere l'altro. Ci siamo sforzati di riuscirci in filosofia, in architettura, in letteratura. A forza di descriverle, siamo riusciti a far entrare le maestose ceibas nella famiglia dei dolci castagni europei. Alejo Carpentier diceva che non è necessario descrivere una cucina come quelle che dipingeva la scuola fiamminga di pittura, con i suoi tegami smaglianti che risaltano nella penombra. Piuttosto, c'era da fare un inventario di quello che significa una cucina di Puebla con le sue migliaia di ciotole e casseruole di terracotta appese alle pareti, affinché gli europei potessero paragonarle alle cucine di Bruegel.

I tratti caratteristici, peculiari dei nostri paesi sono, come tutti sappiamo, le ceneri della Conquista. La fame, la depredazione, la sottomissione, l'arretratezza, l'indebitamento collettivo. Ma anche l'immensa grandezza del passato precolombiano, quella del paesaggio, la nobiltà dei popoli che hanno una resistenza india di 500 anni, una meravigliosa diversità, che i sociologi chiamano "multietnicità" o carattere "pluriculturale" della società.

In America latina vige la vecchia massima di "ognuno secondo le sue possibilità". Pertanto vige, come è risaputo, la crudeltà. Per il libero mercato, il più forte è quello che vince. Il neoliberalismo è una teoria economica basata sull'idea che il libero mercato regola tutto ed è buono, benefico. In realtà, è crudele e devastante. Hai diritto alla salute nella misura in cui puoi pagarla, all'istruzione nella misura in cui puoi pagarla. Dentro il mercato, tutto, fuori dal mercato, niente. Il neoliberalismo esclude i poveri.

Per questo il movimento zapatista in Messico ha avuto un grande impatto non solo fra i giovani, ma anche fra i campesinos, gli operai, la gente di buone intenzioni, il paese intero.

Si tratta di uomini che vivono in condizioni secolari di miseria e abbandono, nel sudest del Messico, nello stato del Chiapas, uno dei pochi in cui la Rivoluzione non è mai arrivata, rimasto alla mercé di terratenientes e grandi proprietari, estrattori di legname e petrolio che utilizzavano gli indigeni maya come carne da cannone.

Disprezzati, miserabili, con i loro boschi saccheggiati, i loro fiumi inquinati, le loro lingue calpestate, gli indios messicani hanno trovato nel subcomandante Marcos un valido portavoce. Audace e dotato per il sacrificio, grande comunicatore, Marcos ha imparato subito ad utilizzare il linguaggio della terra. Lontano da qualsiasi retorica, è arrivato meglio di chiunque altro al cuore degli indigeni.

Il subcomandante ha raggiunto una popolarità uguagliata solo dal Che Guevara, perché Emiliano Zapata, che ha dato nome all'Ezln, fu assassinato molti anni prima dell'auge della cibernetica. Marcos ha potuto contare non solo sulla simpatia e l'immenso clamore dei media tradizionali, ma anche sulla rete di onde e microchips che oggi mantiene il mondo in comunicazione istantanea.

Nel nostro paese ci sono più di dieci milioni di indigeni e, secondo Fernando Benítez, autore di un'opera in cinque tomi sugli indios messicani, fra cinquant'anni non ne rimarrà neanche uno, se le comunità non ottengono l'autonomia e il rispetto dei loro diritti individuali e collettivi.

Il subcomandante Marcos ha puntato tutto sulla società civile, cioè sui messicani che erano rimasti alieni agli eventi dopo tante disillusioni. I grandi incontri in Chiapas, dal primo del `94 a La Realidad fino a quello dei Caracoles nel 2003, sono stati un appello alla società civile - ossia ai messicani comuni, quelli di tutti i giorni, e soprattutto ai giovani - così come lo è stato il viaggio trionfale a Città del Messico nel marzo 2001, in cui la società civile si è impegnata a proteggere gli zapatisti e i giovani generosi che vogliono un mondo migliore si sono trasformati in un parapetto, una cintura di protezione negli atti pubblici. Ricordiamo il grido continuo che risuonava nelle strade, gli striscioni, l'emozione: "Todos somos Marcos".

Intransigente con i partiti politici, il subcomandante ha disdegnato perfino il Prd - il Partido de la Revolución Democrática, di centro-sinistra - ma non la sua figura principale, Cuauhtemoc Cárdenas, figlio del leggendario uomo di sinistra Lazaro Cárdenas, il miglior presidente che ha avuto il nostro paese.

Molti hanno pensato che, dopo la firma degli accordi di San Andrés che riconoscono i diritti dei popoli indigeni, Marcos sarebbe entrato in politica per esprimere, con la sua straordinaria capacità di convinzione, i bisogni reali e le esigenze della maggioranza. Però gli accordi non sono stati rispettati dal governo. Marcos non solo ha rifiutato la strada della politica partitica ma si è addirittura opposto ai partiti politici, indicando loro che c'è un'altra strada, quella della società civile. "Noi non ci fidiamo di nessuno, a parte i nostri fucili. Però pensiamo che se c'è un altro cammino non è quello dei partiti politici, ma quello della società civile. Pensiamo che i partiti politici devono correre parecchio per raggiungere la società civile".

Purtroppo, la società civile e tutte le organizzazioni simpatizzanti, la buona volontà dei giovani e il loro entusiasmo non sono riusciti finora a cambiare la situazione degli zapatisti né quella del loro stato, il Chiapas.

Però, per molti giovani nell'età in cui si risveglia la coscienza sociale, il processo iniziato il 1° gennaio 1994 dal movimento indigeno ha rappresentato una grande lezione. Nella Unam, l'Universidad Nacional Autónoma de México, la più grande dell'America latina, nella Uam, l'Universidad Autónoma Metropolitana, nel Politecnico, gli studenti hanno organizzato brigate che viaggiavano in autobus a San Cristóbal e la scoperta delle comunità indigene e la convivenza con loro li ha cambiati per sempre.

La maggior parte degli studenti non erano mai stati in contatto con la povertà. Sono rimasti folgorati dall'enorme dignità dei campesinos, dalla forza di quelle donne con i figli in braccio, dal modo con cui fronteggiavano i soldati e l'occupazione militare delle loro terre. Tutti i messicani hanno visto, magari solo in tv, come i desplazados si dibattevano fra il fango e la pioggia, il dolore scolpito sulle loro facce.

Ugualmente importante è stato che le comandantas Trini, Ramona e Esther rivendicassero i diritti delle donne e dicessero che volevano essere padrone dei loro corpi e delle loro vite e che non accettavano più di essere scambiate per una damigiana di aguardiente e di essere forzate a sposarsi con un uomo che non avevano scelto. "Vogliamo guardare negli occhi l'uomo che ci piace e dirgli di sì noi stesse, senza che ce lo imponga la famiglia, e vogliamo anche poter guidare le automobili".

Sfidando il governo per più di dieci anni, gli zapatisti hanno dimostrato la loro capacità di resistenza e, soprattutto, di dignità. L'autenticità del movimento zapatista lo rende una leggenda viva e la risposta popolare lo intronizza perché dà un contributo storico e singolare non solo al nostro paese ma al mondo intero.

Marcos, che è stato una sensazione e una meravigliosa realtà per molti idealisti, è ora un'aspettativa aperta. Ha perso forza nel 2002, quando ha voluto difendere l'Eta basca, ha sfidato il giudice Baltasar Garzón (quello che riuscì a far arrestare Pinochet) e ha visto rifiutata la sua proposta di un incontro. L'Eta è stata ancora più sferzante, nel definire gli zapatisti una guerriglia che serve solo a vendere magliette nella Gran Via di Madrid.

Dalla Sierra Maestra cubana in poi, la guerriglia ha sempre avuto un'aura di romanticismo. La sua fascinazione è inesauribile e le magliette con l'effigie del Che, di Zapata o di Marcos continueranno a coprire il petto di ragazzi e ragazze che probabilmente sono gli unici disposti a dare la loro vita per una causa, come succede oggi con i no-global.

Molti anni fa, nel 1946, lo storico Daniel Cosío Villegas scrisse: "Il messicano cade e si rialza più volte nell'arco della sua vita. E l'uomo che vive insicuro vuole proteggersi e, per ottenerlo, non gli importa di violare una legge o archiviare un principio morale".

Il Messico continua ad essere quello dello storico Cosío Villegas e la maledizione biblica ha ancora effetto. Quelli che pensavano che il subcomandante Marcos non sarebbe durato sulla scena politica nazionale (e mondiale) ci sono rimasti con un palmo di naso, perché, fino a quando continueranno l'ingiustizia e la corruzione, Marcos resterà con noi.

* Elena Poniatowska, messicana nata a Parigi, è scrittrice e giornalista. Fra i suoi romanzi: Tinisima e Hasta no verte, Jesus mio; fra i suoi saggi: La noche de Tlatelolco e Fuerte es el silencio. Le sue opere sono tradotte in una decina di lingue. Ha vinto prestigiosi premi letterari.


L'inferno indiano. Non solo nel Chiapas
Il rapporto dell'inviato dell'Onu sulla vita delle popolazioni indigene del Messico rileva (e conferma) un quadro terribile e le responsabilità precise (e criminali) delle autorità politiche messicane. Il binomio indigeni-povertà è assoluto. La giustizia li discrimina. L'esercito e i gruppi parlamilitari li uccidono. Con tanti saluti ai molto sbandierati diritti umani
RODOLFO STAVENHAGEN

Questa è la sintesi, tradotta e curata da Claudio Albertani, del rapporto su "Derechos humanos y cuestiones indigenas" in Messico presentato agli inizi di dicembre dal Relator Especial alla Commissione sui Diritti umani delle Nazioni unite, il messicano Rodolfo Stavenhagen.

In Messico vivono attualmente circa 13 milioni di indigeni che rappresentano intorno al 12% della popolazione totale. Sono concentrati nelle regioni rurali più povere o nei quartieri degradati delle grandi città, dove soffrono una grave emarginazione economica e continue violazioni dei diritti umani. La discriminazione di cui sono oggetto assume diverse forme: bassi indici di sviluppo umano e sociale, mancanza di servizi, sperequazione della ricchezza. Particolarmente preoccupante è la situazione delle donne e dei bambini. Secondo cifre ufficiali, il 56% dei bambini indigeni soffre problemi di denutrizione. Per una donna indigena, la probabilità di morire di parto è doppia rispetto a una donna non indigena. Il 25% della popolazione indigena maggiorenne è analfabeta e le donne lo sono in proporzione maggiore agli uomini. Il 39% dei bambini indigeni non va a scuola.

Questo binomio indigeni-povertà è il risultato di un lungo processo storico iniziato con la Conquista, ma che continua ai giorni nostri.

Pur avendo già perso gran parte delle antiche terre comunali, al principio del XX secolo i popoli indigeni erano ancora maggioritari e diedero un contributo fondamentale alla Rivoluzione del 1910. Con la Costituzione del 1917, ebbe inizio la riforma agraria che nel corso del tempo ha beneficiato circa 3 milioni di contadini, in gran parte indigeni, organizzati in comunità, cooperative e piccole proprietà. Poco a poco, tuttavia, la riforma ha perso forza e il numero dei contadini senza terra è aumentato in misura esponenziale.

Il processo di integrazione

L'integrazione degli indigeni - dunque, l'annullamento della loro identità in quanto tali - si annovera tra i principali obiettivi dello stato messicano post- rivoluzionario. Questa politica "indigenista" si è basata sull'educazione, la distribuzione di terre e la costruzione d'infrastruttura (strade, scuole, ospedali), senza tuttavia prendere in considerazione le particolarità di questi popoli, né, tanto meno, le loro rivendicazioni. Il controllo esercitato per decenni dal Partido Revolucionario Institucional, fino all'elezione del presidente Vicente Fox Quesada nel 2000, ha prodotto nuove e corrotte oligarchie. Al tempo stesso, la crescente concentrazione delle proprietà terriere in mano a grandi imprese ha causato la rovina di molte comunità.

Nel 1992, lo stato ha ceduto alle pressioni del settore agroindustriale, riformando la Costituzione allo scopo di consentire la privatizzazione delle terre comunali. Il dibattito su questi temi ha acquisito importanza nazionale a causa della ribellione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale nel 1994, a cui sono seguiti i negoziati di pace tra il governo e l'Ezln con la firma degli Accordi di San Andrés (1996) e la riforma costituzionale del 2001. Tale riforma ammette in via di principio l'autonomia e la libera determinazione dei popoli indigeni, ma ne rende impossibile l'applicazione pratica con un'infinità di limitazioni legali.

Le lotte per la terra

Da sempre, gli allevatori e gli industriali del legname esercitano forti pressioni sulle comunità indigene. Finché possono, queste si difendono con mezzi istituzionali e politici, ma l'assenza di politiche chiare da parte dello stato e l'esasperazione conducono spesso a conflitti sanguinosi. Nella regione della Huasteca, ad esempio, la lotta delle comunità indigene per la legalizzazione delle proprietà ha fatto decine di morti in pochi anni. Lo stesso è avvenuto nel Chiapas, in Oaxaca, in Guerrero, nella Sierra Tarahumara, nella Sierra Huichola e fra gli Yaquis di Sonora.

In Messico, la deforestazione, la desertificazione, l'erosione del suolo, la contaminazione delle acque e la sfrenata speculazione immobiliare (come nella Riviera Maya, lungo la costa dei Caraibi) si sono aggravate negli ultimi decenni. Quasi tutte le regioni colpite da problemi ecologici sono abitate da popoli indigeni come i maya del Quintana Roo, gli huave di Oaxaca, i lacandon e tzeltal del Chiapas, gli amuzgo, nahua e tlapaneca di Guerrero, fra molti altri. In Bassa California, i cucapá, che sono sempre vissuti della pesca, denunciano che le autorità ambientali impediscono loro di esercitare l'unica attività produttiva a cui hanno accesso. Il patrimonio forestale di numerose comunità è sovente sfruttato da privati con la complicità delle autorità. Di conseguenza, la difesa dell'ambiente e delle risorse naturali ha mobilitato negli ultimi anni molte organizzazioni indigene. È da segnalare che alcuni attivisti hanno sofferto la persecuzione ed anche la morte, come nel caso di Griselda Tirado dell'Organización Indígena Totonaca (Puebla), assassinata nel 2003 e di Digna Ochoa, avvocato difensore dei contadini ecologisti del Guerrero, trovata morta in circostanze oscure nel 2001.

Altri conflitti assumono la forma di dispute elettorali per il controllo delle giunte comunali. In Oaxaca, sebbene le elezioni amministrative si svolgano secondo le usanze indigene in 418 comuni su 517 - ovvero senza la mediazione di partiti politici riconosciuti a livello nazionale - si presentano continuamente gravi conflitti elettorali. In Guerrero, con il proposito di combattere la delinquenza e difendersi dalle angherie delle autorità e dell'esercito federale, alcune comunità hanno creato una specie di polizia indigena dipendendente dalle autorità tradizionali. Visto che le autorità statali e federali hanno fatto di tutto per boicottare l'iniziativa, emerge un tema d'attualità: l'esercizio di sistemi normativi interni in alternativa all'applicazione del diritto penale. È precisamente nell'amministrazione della giustizia dove risalta la gran vulnerabilità dei popoli indigeni, oggetto di abusi costanti, di vessazioni e discriminazione.Un fatto ricorrente è la criminalizzazione delle proteste sociali e la fabbricazione di prove false. Inoltre, quando si trovano implicati nel traffico di stupefacenti, le autorità ne approfittano per commettere gravi violazioni dei diritti umani contro le comunità di origine, come nel caso della Sierra Tarahumara e della regione huichola. A ciò bisogna aggiungere che i processi sono infarciti di irregolarità: molti imputati non parlano lo spagnolo e, nonostante sia d'obbligo per legge, non dispongono di un interprete; gli avvocati d'ufficio scarseggiano e generalmente non manifestano disponibilità a difendere gli indigeni. Inoltre, l'arresto senza mandato di cattura e la tortura continuano ad essere pratiche ricorrenti. Si riportano anche numerosi casi di indigeni morti mentre si trovavano in stato d'arresto.

Il conflitto del Chiapas

In seguito alla ribellione del 1994, le autorità hanno ripetutamente violato i diritti umani delle comunità tanto a livello individuale come collettivo. La mancata risposta alle richieste degli indigeni ha creato una grave decomposizione del tessuto sociale e seri conflitti tra le differenti organizzazioni politiche che sono poi degenerati in situazioni di violenza estrema, come la strage di Acteal dove, nel 1997, 46 persone inermi sono state massacrate da un gruppo paramilitare che agiva con la complicità di diversi funzionari pubblici. Le trattative di pace del 1995-96 non si conclusero con un accordo soddisfacente per l'Ezln, ragion per cui il conflitto si mantiene latente. Due i problemi più preoccupanti: quello dei rifugiati interni (circa 12.000) e quello dei gruppi paramilitari che continuano ad infestare la regione con la complicità delle autorità locali e dell'esercito.

Un punto nevralgico è la Selva Lacandona dove, nel 1972, un piccolissimo numero di famiglie lacandones fu dotato di 600.000 ettari di bosco tropicale con l'unico scopo di favorire gli allevatori meticci e le imprese di legname pregiato. Dal decreto furono esclusi decine di migliaia di emigranti chol, tzeltal, tzotzil e tojolabal che abitavano nella selva dagli anni `50. Quando, anni dopo, fu creata la Reserva de la Biósfera de Montes Azules, tutti gli insediamenti, salvo quelli dei lacandones, divennero illegali e, da allora, gli indigeni delle altre etnie vivono in uno stato di tensione permanente. La repressione del governo contro le grandi mobilitazioni degli anni `90 ebbe come risultato gravi violazioni dei loro diritti umani.

Raccomandazioni finali

La situazione attuale dei popoli indigeni del Messico rende urgente l'adozione di una serie di misure da parte del governo che deve coinvolgere diversi attori. In primo luogo è necessario riaprire il dibattito sulle riforme costituzionali, e riconoscere tutti i diritti fondamentali dei popoli indigeni, secondo quanto stabilito dalla legislazione internazionale (Convenzione 169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro) e dagli Accordi di San Andrés. Bisogna inoltre riaprire i negoziati di pace e rispettare i Caracoles e le Juntas de Buen Gobierno create dagli zapatisti come organi di autogoverno.



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home