La Jornada - Sabato 31 maggio 2003

Corpi di polizia aggrediscono la comunità per liberare gli autisti trattenuti
Incarcerano a abitanti di Villa le Rosas: domandavano un trasporto migliore
Denunciano che l'operativo è stato promosso dai padroni del monopolio del trasporto

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Nuevo Tepeyac, Chis., 30 maggio - "Invece di appoggio ci hanno dato il carcere". Il tono di rimprovero non potrebbe essere più forte. Vari uomini, che si presentano come commissari di diversi ejido, parlano con La Jornada, alla fine di un'assemblea cui hanno partecipato centinaia di contadini e indigeni delle comunità che richiedono il trasporto nella regione occidentale del municipio di Villa las Rosas: Ixtapilla, La Zacualpa, San Antonio-El Paraje, El Piñoelar, Planta Vieja, Hierba Santa, Corral Hierba, Candelaria, El Zapote, Carmelito, Yalpalé, Chitamá, Cruz Morales, Guadalupe-La Cuchilla e Chipilinar. La maggioranza appartiene a Villa las Rosas ed un paio al municipio di Venustiano Carranza.

"Abbiamo chiesto la soluzione del problema e ci hanno mandato 500 poliziotti a sparare, a tirarci gas lacrimogeni e pietre. Al compagno Federico Martínez Pérez hanno sparato al naso ed è molto grave". Ricordano i fatti di mercoledì 21, quando sono stati arrestate 27 persone, delle quali 10 continuano a rimanere nel carcere di Tuxtla Gutiérrez. Forse questo sabato potrebbe venir definita la loro situazione penale.

Il giorno 21, prima delle otto di mattina, agenti della Polizia Federale Preventiva, dell'Agenzia Statale di Investigazioni e della Polizia Settoriale sono arrivati a Nuevo Tepeyac per riscattare "sani e salvi (secondo i bollettini di stampa ufficiali) cinque trasportatori della ditta Cuxtepeques" che erano "trattenuti" (secondo le parole dei contadini) dal 18.

"Ci hanno rubato denaro, orologi ed i nostri documenti d'identità, che si sono presi con la forza e non ci hanno restituito", racconta un giovane. Una ragazza, tra il gruppo degli uomini, alza la voce: "Sono entrati prendendo a calci le porte ed alcune le hanno buttate giù. Si sono portati via il coltello della mia cucina. E ci hanno picchiati tutti".

"L'operativo è stato voluto dai padroni della ditta, Francisco Ruiz Bermúdez e Victoria Tamayo, perché la polizia riscattasse gli autisti che avevamo arrestato", afferma uno dei rappresentanti ejidali, che lamenta che il governo non ha dimostrato la stessa diligenza per rispondere alle loro richieste.

Accusati di essere "sequestratori" e "pirati" dalle autorità del stato e così satanizzati di fronte all'opinione pubblica, i rappresentanti di centinaia di famiglie raccontano la loro versione dei fatti.

"L'origine del problema è il trasporto di cui abbiamo bisogno negli ejido", spiega uno dei portavoce.

I contadini si sono sentiti "traditi" dalle autorità ed hanno deciso azioni di forza per essere ascoltati.

Si giustificano denunciando che il governo di Pablo Salazar ed il sindaco tricolore di Villa las Rosas, Jorge Manuel Díaz Penagos, proteggono gli interessi dei grandi concessionari del trasporto e non adempiono al loro impegno di permettere le operazioni della società Trasporti Ejidali Las Rosas, con i quali si spostano gli abitati menzionati. Questo servizio serve a più di 4 mila persone.

Da tempo gli ejidatari sollecitano un trasporto per le loro comunità, alcune delle quali sono molto lontane dai centri urbani. Il coordinatore dei Trasporti del governo chiapaneco, Aniceto Orantes, "ha promesso di risolverci il problema in quattro mesi. Poi si è riunito con i concessionari e si è dimenticato di noi".

In questa regione dell'altopiano centrale del Chiapas, vicina ai municipi di Comitán, Amatenango del Valle e Venustiano Carranza, si vive di mais e del suo commercio verso le città di San Cristóbal de Las Casas, Comitán e Tuxtla Gutiérrez. Il trasporto pubblico è monopolio della ditta Cuxtepeques.

"Il fatto è che noi diciamo che il servizio che danno è molto cattivo e trattano con molta discriminazione i contadini. Passano solo una volta al giorno e mollano lì la gente, senza nessun rispetto. Perciò vogliamo farci da noi il servizio", dice un altro rappresentante ejidale. Ai piedi di un lampione vicino alla strada, tra una nuvola di mosche grandi e davvero antipatiche, un centinaio di persone, magari di più, circondano i rappresentanti contadini che mi parlano.

Questi contadini, che la polizia ha attaccato brutalmente il 21 maggio, sono, come loro dicono, "di mais e fagioli". In gran maggioranza, indigeni.

"Non ci hanno fatto caso"

"Allora ci siamo riuniti noi, tutti gli agenti degli ejido, per metterci d'accordo. Abbiamo bussato a tutte le porte, ma non ci hanno fatto caso, così le comunità insieme hanno deciso di lavorare per proprio conto" (cioè hanno organizzato dei viaggi con i loro veicoli). "Ne avevamo bisogno, però il governo non ha avuto fretta di occuparsi di noi", dice uno.

Raccontano che in marzo uno dei proprietari, pure presidente della Cuxtepeques, Francisco Javier Ruiz Bermúdez, ha firmato un accordo con la società dei trasportatori ejidali. Questo è successo durante un "incidente" in La Zacualpa, quando un operativo di polizia contro i trasportatori indipendenti fu frustrato a causa del numeroso gruppo di contadini e coltivatori di canna da zucchero di Villa las Rosas e Carranza che hanno circondato con i loro trattori i veicoli della forza pubblica.

Più tardi Ruiz Bermúdez aveva detto che "fu costretto a firmare" e quindi non ha rispettato l'accordo ed ha chiesto l'appoggio della polizia per combattere i "pirati" e proteggere i suoi interessi.

"E noi tutti che abbiamo dato il nostro voto a Pablo (Salazar Mendiguchía) abbiamo visto che non c'è stata risposta né cambiamento, che il governo dava le spalle alla gente", aggiunge ancora un altro uomo, un indigeno di una certa autorità a giudicare dal rispetto con cui gli altri ascolatno le sue parole. "Hanno iniziato con le accuse false, come che i nostri carri erano rubati". Un altro interrompe: "Però non è vero. Abbiamo le fatture".

Gli ejidatari colpiti appartengono sia al PRI che al PRD che ad organizzazioni indipendenti: ci sono perfino panisti. Il rappresentante indigeno riprende la parola: "Quelli di Cuxtepeques stanno adesso cercando di far sì che le donne vadano al capoluogo municipale dove danno loro "qualcosa" e lì dicono loro che devono tirar fuori i loro mariti dalla lotta, e così liberano i nostri detenuti. Le vogliono comprare contro di noi.

"Quando hanno visto che stavamo lavorando con i carri, ci hanno mandato l'operativo (di polizia). Ci hanno portato via un pulmino. Si sono portati via le nostre targhe. Le gente ha detto: che dobbiamo fare perché ci ascoltino? E tra tutti abbiamo deciso di far pressione. Il 18 maggio abbiamo arrestato pacificamente gli autisti che sono entrati a 'dar passaggi' e li abbiamo portati qui. Chiediamo dialogo, ma non ce l'hanno dato e quattro giorni dopo ci hanno attaccato con molta violenza".

Gli ejidatari negano le versioni della ditta e degli autisti 'detenuti', che sono stati incatenati, torturati, privati del cibo e minacciati di morte. "Loro sanno che è stato tutto al contrario. Abbiamo dato loro da mangiare, non li abbiamo mai legati, abbiamo parlato bene con loro e li abbiamo tenuti nella scuola".

Ciononostante, il governo dello stato, la ditta di trasporti e gli autisti Luis Alberto Solano Hernández, Daniel Solano Hernández, Antonio Díaz Tamayo e Daniel Díaz Tamayo insistono ad incriminare gli ejidatari.

"Fino ad ora non sappiamo quanti di noi abbiamo un mandato di cattura". Annunciano che, se non ricevono risposta e non liberano i loro compagni, non accetteranno in questa zona l'installazione dei seggi per le prossime elezioni federali.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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