IL FASCINO DISCRETO DELLA RIBELLIONE ZAPATISTA

Luis Hernández Navarro

Quasi dieci anni fa, il primo gennaio del 1994, un esercito di indios prese d'assalto le coscienze di questo paese. Venti anni fa, il 17 novembre 1983, fu fondata la forza político-militare che organizzò e guidò l'insurrezione armata: l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

Proprio mentre la generazione del "libero" scambio festeggiava l'entrata del Messico nel "Primo Mondo", migliaia di campesinos chiapanechi interruppero i sogni dei nuovi "scienziati" e ricordarono in modo drammatico l'esistenza del Messico del basso, cancellato per decreto dai piani di governo redatti su comode scrivanie.

Lo zapatismo conquistò rapidamente l'immaginario di coloro che si rifiutavano di vedere la caduta del Muro di Berlino come la fine della storia. Sedusse coloro che non si lasciarono catturare dall'ideologia della globalizzazione e del libero mercato.

Stimolò, in un momento di disillusione e disincanto, la rinascita del pensiero emancipatore.

Forgiato nelle viscere dei villaggi indigeni della Selva Lacandona, de Los Altos e del Nord del Chiapas, lo zapatismo ha fuso nel suo "che fare" l'esperienza storica del mondo indio, la tradizione dello zapatismo viva nelle campagne messicane dalla Rivoluzione del 1910/17, e la teoria critica prodotta dai movimenti di liberazione nazionale in altre latitudini.

Così come gli uomini e le donne "pipistrello" che vivono nelle comunità de Los Altos, gli insurgentes sono personaggi della notte e della veglia. Protetti dall'oscurità prepararono ed organizzarono l'insurrezione. Protetti dalla notte resistono. E resistendo hanno rinnovato il linguaggio.

Una lunga tradizione di ribellioni indigene maya dà la misura del valore simbolico che ha la parola per questi popoli. Le insurrezioni ancestrali sono state precedute ed accompagnate da "scatole" e da "pietre parlanti". Le parole riferiscono miti ed aspirazioni trascendenti queste popolazioni.

Iniziativa politica dopo iniziativa politica, il racconto zapatista si riempie delle favole e dei riti che raccolgono l'esperienza delle sue comunità. In queste favole, che sono importanti quanto i comunicati politici, la luna, il vento e la pioggia, simboli del movimento e della fecondità, del cammino e della pazienza, annunciano la fine della storia come barzelletta e l'inevitabile nuova alba. Evidenziano che, nonostante tutto, lo ieri non è ancora vecchio del tutto, e che l'inizio e la fine sono vicini. Bambini ed anziani convivono con gli dei più antichi e con vari animali. Tutti insieme danno vita ad una trama che ha per guida la dignità, perché camminare è anche inciampare e cadere e perché l'eternità, come qualsiasi sigaretta, alla fine ha una fine.

Come parte della resistenza contro il potere, il racconto zapatista smentisce la pretesa che si perda il senso del conflitto appellandosi alla ricostruzione della memoria e al mito, e recuperando il valore della parola di coloro che non hanno alcun potere ma conoscono quanto valga la parola. Il linguaggio ed i simboli che contiene hanno permesso agli uomini ed alle donne più piccoli, a quelli che fino a poco tempo fa erano invisibili e vulnerabili, di presentarsi. Inoltre sono stati di stimolo in varie parti del mondo, per i sogni di coloro che rifiutano l'idea che bisogna cancellare qualsiasi tentativo di trasformazione sociale.

I ribelli hanno cose da dire, le hanno dette in diversi modi e ci sono molti occhi ed orecchie attenti a leggerle ed a ascoltarle. E in questi tempi di scarsa immaginazione e senza senso, questo è già dire molto.

Qualsiasi sinistra che prescinda dall'utopia, finisce per fare una politica di destra. Lo zapatismo ha rinnovato l'utopia e con l'utopia, la speranza della sinistra. E l'ha fatto con convinzione.

Questi ribelli messicani sono ascoltati perchè hanno fornito contributi inestimabili alla democrazia nel senso più ampio e profondo del termine. Hanno portato i popoli indios alla disputa per la nazione, hanno facilitato la trasformazione degli invisibili in protagonisti politici, hanno potenziato l'influenza della società civile, sono diventati un polo di attrazione e di coerenza per gli esclusi del sistema, hanno messo le basi per la ricomposizione della sinistra ed hanno creato le condizioni per una rigenerazione della politica a partire da una prospettiva etica.

Parte delle loro proposte - come la ricerca di valori accettati dalla collettività e basati sul principio della vita sociale, il ruolo del dialogo come terreno di relazione con quelli in basso, il riconoscimento dei soggetti politici alternativi, l'esigenza di dignità, la costruzione di governi autonomi di fatto, la lotta per tutti i diritti per tutti (incluso il diritto alla differenza), la combinazione di lotta etnica e di lotta democratica, la rinuncia a cercare di conquistare il potere e l'interesse a trasformarlo, il ruolo della sovranità popolare - si inscrivono pienamente nel terreno del rinnovamento della sinistra.

Lo zapatismo ha ricordato che essere di sinistra significa sentirsi legati a tutti coloro che lottano per la propria liberazione, a tutti quelli che non accettano che arrivi dall'alto la scelta di mete e di obiettivi e che lottano, insieme ad altri o soli, per l'eliminazione di tutte le forme di dominio e per l'abbattimento di tutto l'apparato di potere.

Anni fa, Luciano Crescenzo segnalava: "Siamo angeli con una sola ala e possiamo volare solo se ci abbracciamo". Se lo zapatismo dovesse essere ricordato anche solo per uno solo dei suoi successi, il più significativo sarebbe quello di aver insistito sul fatto che nella lotta per la democrazia, la giustizia e la libertà possiamo volare solo come gli angeli di Crescenzo, cioè abbracciandoci.

[Introduzione al fascicolo 20 y 10 edito a cura de La Jornada e del Canal 6 de Julio]


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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