La Jornada - Venerdì 30 maggio 2003

Temono che i terreni sgomberati siano consegnati ad imprese transnazionali

ONG: no agli sgomberi nei Montes Azules

ELIO HENRIQUEZ - CORRISPONDENTE

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 29 maggio - Quindici organizzazioni civili e dei diritti umani hanno espresso il loro rifiuto agli sgomberi dei villaggi ubicati nella riserva della biosfera dei Montes Azules.

In un comunicato stampa divulgato questa notte, hanno manifestato la loro certezza che gli sgomberi che pretendono di realizzare i governi federale e statale "non sono per restituire le terre occupate alla comunità lacandona né per proteggere la biodiversità", ma "per rispondere alle richieste della Banca Mondiale e della Banca Interamericana di Sviluppo e per soddisfare le imprese transnazionali interessate a sfruttare" le risorse naturali della zona.

"Di giorno in giorno è sempre più chiaro che i governi federale e statale coincidono sul tema della conservazione ma senza i popoli indigeni ed a favore di imprese transnazionali, il che contraddice il discorso delle autorità in quanto alla loro politica verso i popoli indigeni", hanno spiegato le organizzazioni, tra le quali il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, presieduto dal vescovo Samuel Ruiz García.

Le organizzazioni hanno richiesto pure il rispetto degli accordi di San Andrés, firmati il 16 febbraio 1996 ed il rispetto del Trattato 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Hanno dichiarato che il governo ha iniziato una campagna per sgomberare i 42 villaggi ubicati nei Montes Azules e hanno messo in discussione i piani di "riubicazione" delle comunità dell'area.

"Siamo convinti che dietro a questo piano ci sia l'intenzione di consegnare a corporazioni straniere questa porzione del territorio nazionale, come è già evidenziato dagli enormi cartelloni della Ford Motor Company e dell'organizzazione locale Spazi Naturali e Sviluppo Sostenibile, AC - dell'ex direttore della riserva, Javier de La Maza -, dispiegati a mo' di cippi di confine ai limiti sudest della zona da sgombrare. Uno di questi cartelloni è stato piantato proprio ai bordi della terra da dove sono stati sgomberati gli abitanti di Lucio Cabañas".

Hanno ricordato che il 19 dicembre scorso, di fronte alle pressioni del titolare della Procura Federale di Protezione dell'Ambiente, José Ignacio Campillo García, 27 indigeni choles che vivevano in Lucio Cabañas - noto anche come Arroyo San Pablo - se ne sono andati, con la promessa che avrebbero dato loro delle terre da un'altra parte. Ma alla fine, stanchi di aspettare per cinque mesi, lo scorso lunedì hanno deciso di rompere il negoziato con la Profepa e per conto loro si sono spostati nel municipio di Marqués de Comillas ed hanno detto che il governo li "ha ingannati, non rispettando la parola data". /p>

Hanno assicurato che il loro è solo un esempio perché gli altri villaggi ubicati nei Montes Azules non accettino la riubicazione, perché "sicuramente anche loro verranno buttati là dal governo, come noi".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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