il manifesto - 28 agosto 2003

Boing, l'anti-Coca Cola messicana
Una cooperativa sta contrastando lo strapotere delle bollicine nel paese. A colpi di succhi di frutta. Una storia di lotte. Un'impresa senza padroni, totalmente autogestita, è al terzo posto tra i produttori messicani di bibite

GABRIELLA ZIPOLI

Il popolo messicano è tra i maggiori consumatori di bibite al mondo: inutile dire che dal Gatt (General agreement on tariff and trade) in poi la Coca Cola company e - in minor misura - la Pepsi Cola inc. dominano incontrastate il mercato messicano, provvedendo anche alla distribuzione di acqua potabile, ad oggi assolutamente necessaria vista la non affidabilità dei pochi acquedotti esistenti in Messico.

Da qualche anno però le bibite statunitensi stanno soffrendo una concorrenza tanto silenziosa quanto insidiosa, non solo in Messico ma anche in Canada, in America Centrale e negli stessi Stati Uniti.

4 mila e 400 lavoratori (più della metà sono soci), 4 stabilimenti, 1000 camion, 20 succursali e 28 distributori esclusivi sparsi su quasi tutto il territorio nazionale: è la cooperativa Pascual, terza per importanza tra le imprese messicane produttrici di bibite a base di frutta.

Pascual utilizza 20 mila tonnellate di frutta all'anno: mango, guayaba, fragole, tamarindo, uva, ananas, arance, pompelmi e limoni che vengono acquistati da 15 mila produttori locali; e 24 mila tonnellate all'anno di zucchero, e così può prosperare lo zuccherificio di Puruaràn (Michoacan), che impiega 2 mila lavoratori.

Dall'anno scorso la cooperativa ha ottenuto non solo la certificazione di qualità Iso 9001, ma anche vari riconoscimenti internazionali come il premio di eccellenza europea e quello americano di qualità.

Le ragioni di tanto successo vengono da lontano: la società Pascual nasce nel 1940 per imbottigliare acqua purificata e produrre succhi di frutta. L'attività parte subito bene: l'impresario Rafael Jimenez ha avuto buon fiuto nel creare un prodotto naturale di frutta a basso prezzo. Peccato che i salari fossero bassi e pessime le condizioni di lavoro, come ricorda Jesùs Garcìa Venegas, operaio con 36 anni di anzianità: "per un'intera giornata di lavoro ricevevamo solo tre panini per mangiare".

Nel 1982 la crisi economica e la svalutazione devastano le magre entrate dei lavoratori, perfino il presidente Portillo raccomanda alle imprese di elevare i salari per fronteggiare l'emergenza, ma la società Pascual - seconda nel suo settore - non ne vuole sapere. Il 18 maggio di quell'anno i lavoratori di Pascual iniziano uno sciopero per gli aumenti salariali. Dopo due settimane arriva la risposta dell'impresario, che ordina a una squadraccia di rimettere le cose a posto: vengono uccisi due lavoratori e 18 restano feriti. I dipendenti tengono duro, lo sciopero prosegue per tre anni e si conclude vittoriosamente: nel 1985 i lavoratori si costituiscono in cooperativa e acquistano gli impianti, con enormi difficoltà politiche e pratiche ma anche con la solidarietà di diversi settori della società e di alcuni sindacati.

Dei mille e duecento lavoratori che parteciparono al movimento, all'inizio solo 176 divennero soci della nuova cooperativa, aumentando però progressivamente con il tempo; all'inizio nessuno riceveva il salario e dopo il turno in fabbrica i lavoratori andavano per le strade a vendere i prodotti. Dopo qualche mese, tutti i dipendenti - dal manovale al presidente del consiglio di amministrazione - ricevevano lo stesso salario minimo, incrementato del 10%; per il primo anno di attività non si procedette alla ripartizione degli utili, che vennero reinvestiti per capitalizzare l'impresa. "Furono momenti difficili", ricorda Salvador Torres, oggi presidente del consiglio di amministrazione, "che ci hanno fatto sentire la cooperativa come un'entità fortemente sociale: per questo tutti i lavoratori sono coinvolti nel sostenere l'attività. Non dipendiamo da nessuno, tutto è nostro e dipende da noi".

Oggi, nonostante la buona affermazione sul mercato e l'ampliamento degli impianti di produzione con macchinari all'avanguardia, i problemi non sono finiti: negli stati di Morelos, Hidalgo, Zacatecas e Guerrero le autorità concedono contratti esclusivi a Coca e Pepsi in cambio di denaro e beni materiali. Questa concorrenza sleale impedisce che i prodotti di Pascual si vendano nelle scuole pubbliche e nei mercati regionali.

Ma le vendite aumentano (dell'8% rispetto al 2001), e la cooperativa continua ad essere uno strumento sociale che offre occupazione e prodotti di qualità. E che favorisce con borse di studio i suoi soci-dipendenti che vogliono conseguire un'istruzione di base.

La cooperativa ha una fondazione culturale che dispone di mille quadri donati da importanti artisti per la campagna di finanziamento: la fondazione cura mostre itineranti in tutto il paese e sostiene diversi progetti culturali indipendenti.

I prodotti di Pascual si chiamano Pato, Lulù e Boing; se avete sete, tenetene conto: non è cosa da poco, in tempi di globalizzazione economica.



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