La Jornada - Domenica 26 ottobre 2003
"Si dice Cuba come si dice dignità"
Marcos: cresce la resistenza contro "la coppia globalizzazione-neoliberismo"
BLANCHE PETRICH

A volte succede che la penna e la spada coincidano e così è successo ieri nel Poliforum Siqueiros, dove attraverso un video il dirigente dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, subcomandante Marcos, che si è definito un soldato zapatista, ha partecipato al dibattito degli intellettuali "In difesa dell'umanità". Ha sostenuto che il fenomeno della resistenza contro "la coppia globalizzazione-neoliberismo" incorpora "sempre più in modo più accentuato" ampi settori della popolazione in tutto il mondo, senza che importino le classi sociali.

Elencando quelle che ha definito "le ferite aperte" del pianeta, si è pronunciato solidale con i popoli in resistenza della Palestina, dei Balcani, d'Euskal Herria, della Bolivia, del Chiapas e, inaspettatamente, di Cuba. "Si dice Cuba - ha detto denunciando l'accerchiamento che vive l'isola - come si dice dignità".

In questa rara allusione alla rivoluzione cubana, il subcomandante ha precisato che nei Caraibi "un popolo si scontra con un cerchio che non ha niente della figura letteraria. Questo popolo ha fatto sì che solo col suo nome si rievochi una storia di lotta e di resistenza, di generosità e di coraggio, di nobiltà e di fratellanza".

Nel suo apporto al dibattito degli intellettuali circa le nuove definizioni d'imperialismo e le alternative per affrontarlo a partire dalle lotte sociali e dal pensiero critico, Marcos ha detto che la lotta contro la globalizzazione del potere (e contro il suo basamento ideologico, il neoliberismo) "non è esclusiva di un pensiero o di una bandiera politica o di un territorio geografico", ma è una "questione di sopravvivenza umana", e che oggi sono molte le forze che resistono, come sono state, durante la Seconda Guerra Mondiale, moltitudini di forze quelle che hanno resistito e lottato contro il fascismo.

Queste che ha chiamato "borse di resistenza" in tutto il mondo, si parlano fra di loro mediante strade insolite e non autorizzate. "Le autostrade dell'informazione, concepite per facilitare il flusso di merci e soldi, iniziano a vedere, non senza timore, che sono transitate da vecchie carrette, bestie da soma e pedoni che non si scambiano merci o capitali ma qualcosa di molto pericoloso: esperienze, mutuo appoggio, storie".

C'è, ha aggiunto, "qualcosa di nuovo che irrompe qua e là": processi che ancora non si capiscono né si digeriscono. Però anche se frammentati, precipitosi, immediati, questi processi mettono qualcosa chiaro: "Non è vero che abbiamo perduto noi e, soprattutto, che hanno vinto loro. La storia ha ancora molto filo da tessere e non si riesce ancora ad indovinare né la trama né il colore di questo gigantesco arazzo che è ciò che l'umanità dovrà vivere".

Questo è quanto è riuscito a dire Marcos. La sostanza del messaggio videoregistrato e proiettato su uno schermo gigante nella plenaria del forum era firmata da Don Durito della Lacandona, lo scarabeo per cui il sup lavora da scudiero e che ha inviato pure lui una relazione.

Durito ha paragonato il mondo globalizzato con un palloncino gonfiato o, come dicono in Chiapas, con una vescica. Il fenomeno, quindi, si chiama vescicazione. Così, ogni paese è un palloncino che esplode e dal quale quindi escono gli usi e le abitudini, la sua parola, la sua cultura, la sua economia, la sua gente. Ormai senz'anima, al paese si mette dentro l'anima del denaro e si converte in un negozio. La gente di ogni paese si converte in consumatori ed i padroni del negozio sono i padroni del denaro mondiale. I governanti ed i politici che aprono la porta ai padroni del denaro diventano gli incaricati che rendono solo conto al padrone. "È così, più o meno, che funziona la globalizzazione", ha concluso Durito.


Le lotte contro modelli transnazionali non sono sovversive
Quando una rivoluzione è sconfitta la storia retrocede

Quasi 200 partecipanti hanno confrontato le loro esperienze nel forum "In difesa dell'umanità"
BLANCHE PETRICH

Le nuove tendenze nei movimenti che propongono una rottura con i modelli che vengono imposti da Stati Uniti e dal capitale trasnazionale non sono né sovversivi né ultraradicali. Il caso dei piqueteros argentini, esposto durante il forum "In difesa dell'umanità" dal dirigente sindacale di quel paese Luis Deliá, lo illustra: loro, che quasi due anni fa' hanno rovesciato un presidente a furia di mobilitazioni, hanno optato, a 120 giorni dalla formazione del governo di Néstor Kirchner, di appoggiarlo e di "rafforzare la sua concezione" di formare un fronte quadripartito con gli altri capi latinoamericani: Hugo Chávez del Venezuela, Lula da Silva del Brasile e Fidel Castro di Cuba.

In Bolivia, dove le mobilitazioni di operai, minatori, indigeni e contadini hanno pure rovesciato un presidente, il privatizattore Gonzalo Sánchez de Lozada, la proposta del Movimento al Socialismo (MAS) è ugualmente all'interno dei parametri istituzionali: cercare di creare nel quadro della prossima cumbre iberoamericana - che avrà luogo nel sud del paese, in Santa Cruz - una corrente alternativa e convergente di movimenti sociali e governi - un'altra volta il quartetto Argentina - Venezuela - Brasile - Cuba -, le linee e le alleanze per rafforzare le correnti popolari antineoliberali. Questo lo ha spiegato il dirigente del MAS, Osvaldo Peredo.

Addirittura in Haiti, ha spiegato Gerard Pierre-Charles, leader dell'organizzazione politica Lavalás, le forze sociali e popolari mobilitate reclamando per la deposizione di Jean Bertrand Aristide - salito alla presidenza in modo illegittimo - lottano tenendo conto dell'interlocuzione con le organizzazioni degli Stati Americani e delle Nazioni Unite.

Analizzare queste ed altre esperienze di lotta nell'America Latina ha occupato per due giorni i lavori dell'incontro di intellettuali, convocato da Pablo González Casanova, Víctor Flores Olea, Gilberto López y Rivas, Adolfo Sánchez Vázquez, Héctor Díaz Polanco e Sergio Rodríguez Lazcano, ecc.

Circa 200 partecipanti hanno confrontato le esperienze di lotta e di resistenza, hanno passato in rassegna le disastrose analisi sul mondo attuale (32 guerre attive sul pianeta!) ed hanno denunciato i problemi urgenti - come il continuo massacro dei palestinesi e la costruzione di un muro di segregazione nei territori della Palestina, lo sfruttamento dei migranti poveri di tutto il mondo e le modalità di intolleranza e di esclusione - per due giorni e in lunghe ore di lavoro nel Poliforum Culturale Siqueiros.

Tra i temi e le novità all'orizzonte - la Bolivia è stata un tema dominante -, la solidarietà con Cuba ha ottenuto dei consenso importanti.

L'haitiano Pierre-Charles e il poeta nicaraguense Ernesto Cardenal hanno incentrato i loro interventi proprio su questo.

Pierre-Charles ha fatto un paragone fra Haiti - il suo paese - e Cuba: il salto rivoluzionario che aveva fatto due secoli fa la prima nazione nera del continente americano ottenendo la propria indipendenza dal potere coloniale francese dopo 20 anni di lotta antischiavista e rivoluzionaria, e il salto che la rivoluzione di Cuba significa per l'attuale generazione, con progressi in educazione, salute e cultura che "in molti luoghi del mondo sono sogni ancora da realizzare". Dopo l'emancipazione, l'Haiti del 1804 fu castigato con la controrivoluzione ed il neocolonialismo che nei due secoli recenti ha permesso la successione di dittatori nel paese, con l'ultimo l'attuale mandatario, Jean Bertrand Aristide. Questi, arrivando al potere - ha ricordato Pierre-Charles, negli anni ' 80 - "pareva un agnello ma è risultato un tiranno come tutti i altri, un servo dell'imperialismo".
Ha precisato che quando è trionfata la rivoluzione cubana - quattro decenni fa - "l'ho vissuto come un prolungamento della rivoluzione haitiana del secolo XVII". E in questo viaggio al passato per capire il presente, ha avvisato: "Prima lezione: la controrivoluzione non disarma mai e, quando un processo rivoluzionario è sconfitto nel mondo, la storia retrocede. È importante capire che manca una difesa delle rivoluzioni già raggiunte e bisogna che riflettiamo su una strategia per far fronte all'imperialismo in un quadro di maggior efficacia".

Il poeta di Solentiname, Cardenal ha detto che parlava come "semplice lettore di giornali". Ha ricordato che pochi giorni fa ha letto "in un piccolo articolo" che in Guatemala avevano condannato a morte sei persone. Che l'anno passato nel mondo sono state mille 560 le condanne a morte nel mondo, 165 soltanto in Texas, stato natale del presidente George Bush. E si è domandato allora perché tanti intellettuali avevano protestato per tre condanne a morte in Cuba e non per le mille 560 esecuzioni negli altri paesi del globo. "Sarà - ha domandato - che gli intellettuali che sono stati utilizzati per la campagna anticubana non se ne sono resi conto?".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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