La Jornada - Venerdì 24 ottobre 2003
Le Giunte del buon governo, una nuova struttura organizzativa indigena
La pluralità nei territori autonomi, una sfida proposta da J. C. Martínez

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 23 ottobre - "La formalizzazione di nuove strutture di governo regionale indigeno nelle zone di influenza dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), non è solo un atto di rivitalizzazione del processo politico zapatista, ma pure un significativo passo nella costituzione di nuove forme di governo indigeno e di rafforzamento del suo processo di autonomia", spiega Juan Carlos Martínez, ricercatore del Centro di Investigazioni Economiche e Politiche di Azione Comunitaria (CIEPAC).

Parla della polemica attuale "se le giunte del buon governo sono legali o no, se costituiscono un quarto livello di governo, o se i precetti legali vigenti di origine nazionale o internazionale potrebbero proteggerle". Questi sono problemi importanti dal punto di vista del governo, però "mancano di rilevanza per coloro che hanno deciso di costituirle e per quelli che considerano che l'inadempienza degli accordi di San Andrés ha fatto sì che questa misura dovesse essere presa di fatto e non di diritto".

"Come hanno segnalato gli stessi zapatisti, questo è un atto di ribellione contro la legalità e non un tentativo di giustificarsi in un ordine costituzionale che non ha dato loro spazio. La formazione delle giunte del buon governo risponde al bisogno di ordinare le politiche pubbliche dei governi zapatisti sul loro territorio. Cercano di essere un ponte tra l'ordine politico locale e le istanze esterne con cui questi municipi hanno relazioni".

A giudizio del ricercatore e analista, i governi municipali autonomi "acquisiscono una proiezione regionale che tenta di rafforzarli, mentre allo stesso tempo li obbliga ad esercitare la funzione pubblica in accordo con i principi di moralità su cui si basano".

Aggiunge che gli zapatisti tentano di dimostrare che il riconoscimento legale dei sistemi normativi indigeni non solo si propone "di dare una copertura costituzionale a ciò che già esiste, ma pure di creare ambiti, di sviluppare istituzioni e sistemi politici, che possono anche contraddirsi con antichi principi e concezioni culturali, che devono essere nuovi e creativi in funzione delle dinamiche e delle circostanze del contesto contemporaneo".

Sfide per un governo autonomo

Nella sua analisi sulla governabilità dei territori autonomi zapatisti, Juan Carlos Martínez si pone delle domande e considera i rischi. Per esempio, "la legittimità di queste nuove strutture" per governare i non zapatisti che vivono nei loro territori, e la loro capacità di garantire sicurezza giuridica. "Possono comandare obbedendo a chi non chiede loro niente?", si domanda Martínez.

Il ricercatore dice che rispondere a questi dilemmi dei processi d'autonomia "è un modo di rafforzarli, non di indebolirli". Si tratta di una "realtà riconosciuta" illustrata dalle parole del comandante David durante l'atto di formalizzazione della giunte del buon governo, quando chiama i non zapatisti "fratelli di razza, di colore e di storia".

Le regioni zapatiste, come quasi tutte le zone indigene, "sono plurali al loro interno". Nel territorio che governano i consigli autonomi e le giunte del buon governo esistono diverse identità culturali, politiche, religiose "e i conflitti collegati".

L'analista esplora quelle che chiama "fonti tipiche" di legittimità delle autorità indigene in diverse zone del paese. Una prima deriva dalle assemblee di cittadini in generale "o di alcune persone caratterizzate". Un'altra è la tradizione o l'abitudine. Una terza fonte di legittimità "è il merito e il prestigio riconosciuti alla persona che occupa incarichi". Sottolinea che queste caratteristiche a volte appaiono combinate.

Per i politologi, riconosce l'analista, "qualsiasi forma di nomina distinta dal procedimento democratico causa prurito e sfiducia; per quelli come noi che ci schieriamo per un diritto ed una politica interculturale, qualsiasi delle forme descritte può essere legittima se si lega ad un fondamento morale accettabile dentro al contesto culturale, se ha un ampio consenso sociale e capacità per ordinare la società e guidarla conforme al proprio progetto di vita buona".

La legittimità tanto delle giunte del buon governo zapatiste come di qualsiasi autorità indigena può venire da qualsiasi di queste fonti. "Credo importante insistere nella accettazione legale dei diritti indigeni, però non è un requisito indispensabile per la costituzione di nuove istituzioni a livello regionale". Il ricercatore riconosce che, in ogni caso, "il processo di legittimazione del governo autonomo non ha davanti a sé una strada semplice".

Un'altra scelta possibile dei governi zapatisti di fronte ai non zapatisti "sarebbe quella di governarli indipendentemente dalla legittimità che questi concedano; questo è la cosa più normale in qualsiasi Stato". Oppure, "non governare la gente non zapatista, cioè creare un sistema di governo il cui ambito giuridico non sia spaziale ma personale, governando dentro un territorio esclusivamente coloro che sottoscrivono l'idea zapatista ed appoggiano le sue strutture". Avverte che questa terza scelta implicherebbe declinare la richiesta indigena di riconoscimento dei loro sistemi normativi dentro un ambito territoriale.

Sarebbe desiderabile che coloro "che non sono d'accordo o non intendono la giusta causa zapatista" (con le parole del comandante David durante l'inaugurazione dei caracoles in Oventic), rispettino la nuova struttura, partecipino con essa e la sottoscrivano come un mezzo per migliorare la loro vita e dare risposta a uno Stato che non è riuscito a giustificare la sua ragione d'esistere in questi territori. Lo studioso conclude che "la pluralità interna rappresenta per gli autonomisti una sfida ancora da risolvere".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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