LA JORNADA - 24 aprile 2003

Gli USA cercano la crisi con Cuba

Washington e New York, 23 aprile - Rodríguez Barriera, rappresentante cubano a Washington, ha affermato che alcuni membri del governo di George W. Bush tentano di creare "le condizioni per una crisi" con Cuba ed alcuni dei principali promotori statunitensi di una maggiore apertura verso l'isola affermano che le recenti azioni del governo cubano hanno bloccato i sforzi per sbloccare l'embargo.

"Il regime non poteva non sapere che le sue azioni avrebbero avuto un effetto congelante sugli sforzi per diminuire le sanzioni degli Stati Uniti", hanno dichiarato l'ex segretario di Stato William Rogers ed altri membri della giunta direttiva della Cuba Policy Foundation presentando le loro dimissioni. "L'embargo continua ed essere una cattiva idea, però non si potrà cambiare la situazione molto presto", ha detto il parlamentare Charles Rangel - altra figura prominente nella lotta contro il blocco.

Il New York Times ha riportato recentemente che il governo statunitense adesso pensa di irrigidire ancora di più il blocco. "Stiamo prendendo in considerazione come avanzare verso gli obiettivi della nostra politica in un clima di crescente repressione", ha confermato un funzionario del Dipartimento dello Stato intervistato da La Jornada.

Come parte di questo sforzo per irrigidire la politica verso Cuba, sembra che gli Stati Uniti abbiano patrocinato oggi una risoluzione nel Consiglio Permanente della OEA per condannare gli abusi sui diritti umani. Rodríguez Barriera ha segnalato che "l'ostilità del governo di Bush si è incrementata drammaticamente". Inoltre "gli Stati Uniti hanno cercato di fabbricare un'opposizione dentro Cuba appoggiando questa gente. Questa sembra essere l'ossessione del governo degli Stati Uniti".

Il diplomatico cubano ha pure accusato gli Stati Uniti d'aver intensificato deliberatamente la frustrazione dentro l'isola non rispettando i suoi impegni siglati nell'accordo bilaterale migratorio per permettere l'immigrazione legale di per lo meno 20 mila cubani all'anno. "Siamo a metà dell'anno formale e hanno dato soltanto 700 permessi. Stanno tentando di creare frustrazione" tra coloro che desiderano immigrare.

Gli Stati Uniti, secondo fonti ufficiali, hanno proceduto più lentamente nell'approvazione dell'immigrazione da tutti i paesi dopo gli attentati dell'11 settembre del 2001 ed un funzionario del Dipartimento di Stato ha informato La Jornada che la Casa Bianca comprende le sue obbligazioni per l'accordo e le rispetterà.

Dalla prospettiva cubana, questo uso della problematica migratoria anima solo i tentativi illegali di emigrare agli Stati Uniti, come sequestri ed altre azioni pericolose. Rodríguez Barriera ha sottolineato come ci siano stati sette tentativi violenti d'entrata negli Stati Uniti negli ultimi mesi e che il governo di Bush non ha fatto ciò che poteva per dissuadere questo tipo di azioni.

Hanno chiesto al diplomatico cubano se pensava alla possibilità di una invasione statunitense del suo paese. "Per ora non pensiamo alla possibilità di un'invasione militare. Nessuno sta parlando di questo. Stiamo parlando di una crisi". "Non abbiamo pensato a questa possibilità".

Wayne Smith, un altro promotore della sospensione dell'embargo, ha scritto recentemente che "i cubani hanno fatto precisamente ciò che il governo di Bush sperava che facessero". In un articolo pubblicato in il Baltimore Sun, ha aggiunto: "questa è una macchia che impedirà qualsiasi avanzamento significativo nelle relazioni tra Stati Uniti e Cuba… Intanto, il governo di Bush sicuramente continuerà con le pressioni e le provocazioni, per prevenire dei miglioramenti".

La Jornada 24 aprile 2003 - da un articolo dei corrispondenti Jim Cason e David Brooks


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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