La Jornada 16 aprile 2003

LACANDONI E CHOLES MINACCIANO DI MORTE I TZOTZILES INSEDIATI NEI MONTES AZULES

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristobál de Las Casas, 15 aprile - Un gruppo di lacandoni e choles, insieme a funzionari federali, è arrivato alla comunità di San Isidro, nei Montes Azules, minacciando di morte i suoi abitanti se non abbandoneranno il luogo prima del prossimo sabato 19 aprile.

I fatti sono avvenuti il 12 aprile scorso ma solo oggi sono stati resi noti dagli osservatori civili che hanno visitato questo villaggio la mattina del 13 aprile. L'aggressione è stata perpetrata dallo stesso gruppo di funzionari federali e indigeni armati che in precedenza "avevano visitato" la comunità Nuevo San Rafael, lanciando le stesse minacce, come ha riportato La Jornada (13 e 14 aprile).

La Rete dei Difensori Comunitari per i Diritti Umani e gli osservatori civili, ora informano anche dei fatti avvenuti a San Isidro: "Il 12 aprile alle ore 10:00, nella comunità di Nuevo San Isidro sono arrivati circa 40 indigeni, tra choles e lacandoni, armati di machete e bastoni, che provenivano a bordo di lance dalle comunità Frontera Corozal, Nueva Palestina, Lacanjá, Najá e Metzaboc. Erano accompagnati da funzionari della Procura Federale per la Protezione dell'Ambiente (Profepa) Héctor Trujillo Gómez e Jorge Gómez Román, oltre che da altro personale pubblico che non si è identificato", hanno dichiarato gli osservatori.

I funzionari e gli indigeni sono entrati nella comunità "guidati dai lacandoni ed hanno circondato le case costruite con tetto di foglie e sacchi di plastica. È quindi iniziata l'aggressione verbale ed in alcuni momenti, qualche lacandone ha puntato i machete contro gli abitanti di Nuevo San Isidro, minacciandoli di morte se non abbandoneranno queste terre".

La delegazione di osservazione composta da Capise, CIEPAC, Promedios e dalla Rete stessa, informa che il 13 di aprile ha visitato Nuevo San Isidro, nella regione dei Montes Azules "su richiesta dei suoi rappresentanti", che hanno riferito che il giorno 10 aprile la comunità aveva invitato rappresentanti del Profepa e della Segreteria dell'Ambiente e delle Risorse Naturali (Semarnat) ad un incontro nelle vicinanze della comunità, incontro che avrebbe dovuto tenersi domenica 13 aprile.

Secondo quanto riportato dagli osservatori, a partire dalla descrizione fatta dai rappresentanti di Nuevo San Isidro "la comitiva che si è presentata all'incontro è la stessa che poi è andata a Nuevo San Rafael nello stesso giorno. In entrambi i casi, il termine fissato dai lacandoni per sgomberare il terreno è di otto giorni, per cui la minaccia di sgombero forzato si concretizzerebbe sabato 19 aprile".

Gli osservatori civili informano che, come nel caso di Nuevo San Rafael, i funzionari governativi si sono presentati a Nuevo San Isidro come "accompagnatori" dei choles e lacandoni e senza nessuna proposta di soluzione negoziata del conflitto.

"È da rilevare la mancanza di qualsiasi intervento di funzionari di governo" per ammorbidire "l'atteggiamento aggressivo dei lacandoni". In questo caso non erano presenti gli osservatori per i diritti umani "per cui i lacandoni ed i loro accompagnatori sono stati maggiormente aggressivi nei confronti degli abitanti di Nuevo San Isidro". Quando sono arrivati gli osservatori, i campesinos tzotziles della comunità "erano profondamente provati dalle minacce di cui erano stati oggetto".

Per la delegazione civile, è evidente che i funzionari del Profepa e Semarnat non sono andati all'appuntamento con gli abitanti di Nuevo San Isidro per trovare una soluzione negoziata, "ma hanno scelto di 'accompagnare' i lacandoni e i choles che hanno minacciato di morte gli abitanti se non se ne andranno".

Le organizzazioni civili che hanno visitato le comunità minacciate, hanno espresso la loro preoccupazione riguardo gli sviluppi che potrebbero presentare questi eventi "soprattutto considerando l'atteggiamento impunito dei lacandoni accompagnati dai funzionari governativi di Profepa, Semarnat e CNANP".

E si appellano ai governi federali e dello stato affinché "adottino misure precauzionali per evitare scontri tra gli indigeni coinvolti nel conflitto nei Montes Azules".

La Rete dei Difensori Comunitari per i Diritti Umani, in particolare, ha ribadito la sua convinzione che "solo una soluzione negoziata e pacifica, e la volontà dei governi federale e statale, potranno risolvere il conflitto nei Montes Azules, nel pieno rispetto dei diritti umani e dei diritti indigeni della gente coinvolta".


GLI ABITANTI DI IGNACIO ALLENDE E 8 DE FEBRERO CHIEDONO LA PRESENZA DI OSSERVATORI PER EVITARE LO SGOMBERO

ELIO HENRIQUEZ

San Cristobál de Las Casas, 15 aprile - I rappresentanti delle 44 famiglie dei villaggi Ignacio Allende e 8 de Febrero, situati nella riserva dei Montes Azules, hanno dichiarato che non abbandoneranno gli 850 ettari che occupano da più di un anno.

Di fronte alla minaccia che il prossimo fine settimana arriveranno indigeni lacandoni e choles per sgomberarli con la forza e distruggere le loro case, hanno chiesto la presenza di osservatori civili nelle due località.

"Hanno minacciato di ammazzarci e di bruciare le nostre case ma non ci fanno paura e non ce ne andremo", hanno dichiarato.

Nella conferenza stampa di oggi a San Cristóbal, José Jiménez Cruz - rappresentante di Ignacio Allende, prima noto con il nome di San Rafael - e Santos Jiménez Sánchez - di 8 de Febrero - hanno affermato che i 40 choles e lacandoni che lo scorso 12 aprile sono arrivati armati per cercare di sgomberarli "hanno agito come i paramilitari di Paz y Justicia".

Ma, hanno aggiunto che "non ci fanno paura e non ce ne andremo, perché non abbiamo altra alternativa; non abbiamo altre terre e dobbiamo resistere, se è necessario, e siamo disposti a morire per difendere le nostre terre".

A sua volta, la Rete dei Difensori Comunitari per i Diritti Umani, che ha convocato la conferenza stampa, ha chiesto ai governi federale e statale "di adottare le misure precauzionali necessarie" per evitare che si verifichino scontri tra gli indigeni coinvolti nel conflitto dei Montes Azules.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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