La Jornada 12 aprile 2003

La nausea

Edoardo Galeano

Le bombe intelligenti, che sembrerebbero così tanto asine, in realtà sanno un sacco di cose. Hanno rivelato la verità dell'invasione. Mentre Rumsfeld sosteneva: "Questi sono bombardamenti umanitari", le bombe sbudellavano bambini e distruggevano i mercati nelle strade.

Il paese che fabbrica più armi più bugie al mondo, disprezza il dolore degli altri. "Noi non contiamo i morti" ha dichiarato il generale Franks, interrogato sui "danni collaterali", ovvero i civili che volano in pezzetti, senza arte né parte.

Babilonia, la meretrice dell'Antico Testamento, merita questo castigo. Per tutti i suoi peccati e per tutto il suo petrolio.

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Gli invasori cercano le armi di distruzione di massa, che essi stessi avevano venduto al dittatore dell'Iraq, quando il nemico era un amico. Armi che sono state il principale pretesto dell'invasione. Fino ad ora, che si sappia, non si sono trovate altro che armi da museo, in una guerra alquanto impari.

Però.. sono armi di "costruzione di massa" i missili giganti lanciati da loro? Le armi tossiche e le armi proibite sono in bella vista: le stanno usando gli invasori. L'uranio impoverito avvelena terra e aria e i grappoli di acciaio delle bombe di frammentazione ammazzano e mutilano, su un'area che va molto più in là dei loro obiettivi.

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Nel 1983, quando i marines si impadronirono dell'isola di Granada, le Nazioni Unite condannarono l'invasione, con un'incredibile maggioranza. Il presidente Reagan, sereno, commentò: "Questo non disturba per nulla la mia prima colazione".

Sei anni dopo, fu il turno di Panama. I liberatori bombardarono i quartieri più poveri, fulminarono migliaia di civili, ridimensionati a 560 nelle cifre ufficiali, ed elessero il nuovo presidente del paese nella base militare di Fort Clayton. Il Consiglio di Sicurezza, quasi all'unanimità, si pronunciò contro. Gli Stati Uniti posero il veto sulla risoluzione, programmando altre invasioni.

Le Nazioni Unite applaudirono queste invasioni successive, o forse le fischiarono, guardando da un'altra parte. E sempre le Nazioni Unite decretarono l'embargo internazionale contro l'Iraq che sterminò molta più gente della guerra di Bush Padre: più di mezzo milione di bambini morti, secondo i loro calcoli, per mancanza di medicine e di alimenti.

Ma ora - che sorpresa! - le Nazioni Unite non appoggiano la nuova carneficina di Bush Figlio. Per evitare che nelle prossime guerre si ripeta questo episodio di così cattiva condotta, io temo, non ci sarà altro rimedio che contare i voti del Consiglio di Sicurezza nello stato della Florida.

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Non erano ancora apparsi i primi missili nei cieli dell'Iraq, quando già si stava organizzando il democratico governo di occupazione, integralmente formato da militari degli Stati Uniti, e già si stava programmando la spartizione delle spoglie del nemico battuto. Ma la disputa sul bottino di guerra continua ancora, perché non è cosa di poco conto: i favolosi giacimenti di oro nero, il grande business di ricostruzione di ciò che l'invasione distrugge...

Le multinazionali celebrano le loro conquiste nella Borsa di New York. Qui si trasmette il miglior notiziario della guerra. Gli indici ballano al suono della carneficina umana.

Nel 1935 il generale Smedley Butler aveva così riassunto i suoi tre decenni da ufficiale dei marines: "Io sono stato un gangster del capitalismo". E aggiunse che avrebbe potuto dare lezioni ad Al Capone, perchè i marines operavano in tre continenti e Capone invece solo in tre distretti di un'unica città.

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"E a me che fetta tocca?", si chiedono alcuni membri della coalizione.

Ma quale coalizione? I complici di questa missione di libertà (che sono quaranta come nella favola di Alì Babà) formano un coro dove abbondano i violatori dei diritti umani e dittature pure e semplici. E da dove è partita la crociata? Dove sono ubicate le basi militari degli Stati Uniti? Basta dare un'occhiata alla mappa: queste monarchie petrolifere, inventate dalle potenze coloniali, somigliano alla democrazia come Bush somiglia a Gandhi.

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È un'alleanza a due. Uno che cresce, l'impero di oggi, e un altro che si riduce, l'impero di ieri. Gli altri servono il caffè e sperano nella mancia. Questa alleanza a due per la libertà del petrolio, nazionalizzato dall'Iraq, non è una novità.

Nel 1953, quando l'Iran annunciò la nazionalizzazione del petrolio, Washington e Londra risposero, organizzando insieme un colpo di Stato. Il mondo libero, minacciato, fece scorrere sangue, e lo scià Pahlevi, stella delle riviste del cuore, si convertì nel carceriere dell'Iran per un quarto di secolo. Nel 1965, quando l'Indonesia annunciò la nazionalizzazione del petrolio, ancora Washington e Londra risposero organizzando un altro colpo di Stato. Il mondo libero, minacciato, installò la dittatura del generale Suharto, su una montagna di morti. Mezzo milione, secondo calcoli approssimativi… Ad ogni albero penzolava un impiccato. Tutti comunisti, chiariva Suharto.

E continuò ad ammazzare. Gli rimase questo tic. Nel 1975, poche ore dopo aver ricevuto la visita del presidente Gerald Ford, Suharto invase il Timor Orientale e assassinò un terzo della popolazione. Nel 1991 ne ammazzò ancora qualche migliaio… Dieci risoluzioni delle Nazioni Unite gli imposero di ritirarsi dal Timor Orientale immediatamente. Lui, sempre sordo. Ma a nessuno venne in mente di bombardarlo per questo, e le Nazioni Unite non decretarono nessun embargo universale.

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Nel 1994 John Pilcer visitò il Timor Orientale. Da qualsiasi parte volgesse lo sguardo, campi, montagne, strade, vedeva solo croci. L'isola, disseminata di croci, era un gran cimitero. Di questa mattanza, nessuno si è interessato.

L'anno scorso, Ana Luisa Valdés era a Jenin, uno dei campi dei rifugiati palestinesi bombardati da Israele. Vide un immenso cratere, pieno di morti sotto le macerie. La fossa di Jenin aveva le stesse dimensioni di quella delle Torri Gemelle. Ma in quanti l'hanno vista, oltre ai sopravvissuti, che rivoltando le macerie cercavano i loro morti?

Le tragedie commuovono il mondo in maniera direttamente proporzionale alla pubblicità ricevuta.

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Ci sono giornalisti onesti, che raccontano la guerra dell'Iraq così come la vedono. Alcuni hanno pagato con la vita. Ma ci sono giornalisti travestiti da soldati, che sembrano soldati travestiti da giornalisti, che offrono versioni adatte al palato delle grandi catene della disinformazione globalizzata.

Mattanze nei mercati pieni di gente? Sono state le bombe irachene. Civili morti? Scudi umani usati dal dittatore. Città sotto assedio, senza acqua né cibo? L'invasione è una missione umanitaria. Alcune città hanno resistito molto più del previsto? Secondo la TV si sono arrese ogni giorno.

Gli invasori sono eroi. Coloro che resistono all'invasione, strumenti della tirannia: sono accusati di difendersi.

La maggioranza degli statunitensi è convinta che Saddam Hussein abbia abbattuto le torri di New York. Crede anche, questa maggioranza, che il suo presidente sta lavorando per il bene dell'umanità e per ispirazione divina. I mass media vendono certezze, e le certezze non hanno bisogno di prove. Ma il mondo è schifato di inghiottire, ogni giorno, i rospi di questo menù.

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Il paese che si dedica al bombardamento degli altri paesi, che da diverse annate va infliggendo al pianeta un'incalcolabile quantità di undici settembre, ha proclamato la terza guerra mondiale infinita.

Il presidente, che non è stato in Vietnam grazie a papà e che conosce soltanto le guerre di Hollywood, manda ad ammazzare e manda a morire.

Non nel nostro nome, reclamano i familiari delle vittime delle torri.

Non nel nostro nome, reclama l'umanità.

Non nel mio nome, reclama Dio.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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