La Jornada - Sabato 12 aprile 2003

Editoriale

COSÌ NO

La pena di morte è una violazione di due diritti umani fondamentali: il diritto alla vita e il diritto a non essere condannati a pene crudeli, inumane o degradanti. L'applicazione di questa condanna non costituisce un atto di difesa di fronte a una minaccia imminente contro la vita: consiste nell'omicidio premeditato di un delinquente per castigarlo. Senza dubbio, i più grandi crimini possono e devono essere sanzionati in un altro modo.

La Jornada si è opposta sistematicamente alla pena di morte, in qualsiasi paese sia applicata. Abbiamo condannato le esecuzioni che si praticano così sovente negli Stati Uniti, e particolarmente in Texas. Ripudiamo il disprezzo per la vita umana che dimostrano gli invasori dell'Irak, e non smette di sorprenderci e di indignarci il fatto che la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite - con il voto del Messico - si sia rifiutata di condannarli... In questa occasione, condanniamo la fucilazione dei tre sequestratori in Cuba, considerandola una flagrante violazione dei diritti umani ed un grave errore politico.

Comprendiamo la grave situazione che si vive nell'isola come risultato del criminale blocco cui è sottoposta, da parte dello stesso impero che oggi aggredisce militarmente una nazione sovrana attuando ai margini del diritto internazionale. Questa persecuzione ha instaurato in Cuba un clima di stato d'assedio, di guerra psicologica che la obbliga a difendersi dalla costante aggressione che subisce. Sottoposto allo spionaggio ed alle continue provocazioni statunitensi, il governo cubano si è visto costretto ad adottare misure burocratiche e di polizia estreme, tra le quali si trovano la pratica dell'aberrante pena di morte ed una legislazione penale da stato d'assedio, che sono servite per accusare questo paese di trasgressione dei diritti umani.

Questa offensiva si è aggravata durante gli ultimi mesi. Appena alcuni giorni fa, mentre le truppe di Washington invadevano l'Irak, delinquenti cubani, alcuni fra di loro recidivi, con provati nessi con gli Stati Uniti, hanno organizzato il sequestro con violenza di due aerei e di un traghetto. Tali azioni non sono state una casualità ma fanno parte di una escalation destinata a propiziare l'emigrazione illegale di avventurieri, e rappresentano una prova di forza per poter misurare la capacità di risposta dello stato cubano.

Intanto, e nonostante il retrocesso delle libertà civili che si vive negli Stati Uniti e la violazione dei diritti basici dei prigionieri afgani segregati in Guantánamo, l'amministrazione Bush ha orchestrato la condanna di Cuba nella Commissione dei Diritti Umani dell'ONU. E, in piena isteria bellicista, il fratello dell'inquilino della Casa Bianca, il governatore di Florida, Jeb Bush, alleato della mafia di Miami, ha dichiarato che l'isola sarà considerata il prossimo bersaglio statunitense dopo l'Irak.

Difendiamo il diritto all'autodeterminazione ed alla sovranità di Cuba e comprendiamo che si senta perseguitata e cerchi di difendersi. Però non così, non applicando la pena di morte. Non con i metodi dell'avversario.

È ovvio che L'Avana sia stata vittima di nuove ostilità. Però, la peggior cosa che può fare un regime che vuole essere diverso, è cadere nelle provocazioni che si montano contro di lui. Punire i dissidenti che commettono atti criminali con misure condannabili come la pena di morte, è servirle su un vassoio d'argento al nemico. Le esecuzioni sono un crimine in qualsiasi paese e particolarmente in uno che si proclama socialista; sono inoltre, un boomerang dato che il fine socialista è totalmente incompatibile con la violazione del diritto alla vita…

Cuba ha diritto di difendersi dal suo nemico e di punire coloro che violano le sue leggi. Però questa difesa deve appoggiarsi sul consenso del suo popolo e di tutti i popoli del mondo amanti della democrazia e che rifiutano l'imperialismo. Sarebbe stato mille volte preferibile un processo pubblico e trasparente, e la condanna dei terroristi e spie a pene d'arresto effettive, all'applicazione quasi sommaria della pena capitale.

La fucilazione dei criminali cubani si scontra con le coscienze che cercano di difendere i diritti umani e contraddice la lotta del popolo cubano per il socialismo, l'autodeterminazione e la pace.

Difendiamo il diritto del governo dell'isola a difendere la sua Rivoluzione, però così no.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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