La Jornada - Venerdì 3 ottobre 2003
Fronti civici e gruppi priisti riattivano l'attacco ai municipi autonomi
Preparano una "battuta" contro i cartelloni zapatisti ed i loro autori
Temono che a causa degli slogan si cancellino i programmi ufficiali

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Roberto Barrios, Chis., 2 ottobre - Adesso si perseguitano i cartelloni (e quelli che li mettono). Non sono molto grandi. Abitualmente sono di legno e sogliono dire: "Lei è in territorio zapatista in ribellione". O "Qui comanda il popolo e il governo obbedisce". O "Si proibisce strettamente di trafficare armi, seminare e coltivare droga, le bevande ubriacanti e la vendita illegale di legname. No alla distruzione della natura". Insomma cose molto "sovversive".

Sono sbocciati su sentieri e strade, rompendo l'accerchiamento speciale delle comunità della zona nord, oltre all'accerchiamento militare in tutte le regioni indigeni e/o zapatiste del Chiapas. Vale a dire, l'accerchiamento di gruppi civili armati, organizzati e ufficiali, che controllano municipalità ed abitati in Tila, Tumbalá, Sabanilla, Salto de Agua e Palenque. I cartelloni che dicono "qui ci sono zapatisti", insomma distruggono "l'ordine" di una politica sociale basata sull'antiguerriglia e sullo scontro fra villaggi.

Al calore della creazione delle giunte del buon governo dei ribelli, si è riattivata la belligeranza dei fronti civici, formati da allevatori, latifondisti e commercianti, che negli anni precedenti sono stati un fattore chiave per la paramilitarizzazione e l'antiguerriglia nella zona nord. In Tila, Sabanilla ed a Ocosingo ci sono state riunioni, si pensa ad organizzare una prossima "battuta (di caccia)" contro i cartelloni d'identità zapatista e autonoma. In date recenti si dice che si siano incontrati con il governatore Pablo Salazar Mendiguchía. Sia come sia, hanno fatto pressioni sul governo statale perché "faccia qualcosa" contro i ribelli.

Hanno anche dichiarato ostilità e rifiuto i raggruppamenti di filiazione priista Paz y Justicia e le loro derivazioni come l'Unione Contadina Indigena, Agricola e Forestale (UCIAF) e l'Unione Regionale Contadina Indigena (URCI). Tutto segnala che il "via" alla partenza l'abbia dato in Petalcingo la senatrice priista Arely Madrid Tovilla, che visitando la zona il mese scorso si è riunita con la militanza di Paz y Justicia, i risuscitati fronti civici ed i governi municipali.

- In León Brindis sono già tornati a buttare giù il cartellone. Sono state le donne priiste, dopo che hanno ricevuto l'obolo di Progresa. I compagni sono tornati a metterlo - commenta piuttosto tranquilla una donna dai capelli bianchi nelle vicinanze del caracol "Che parla per tutti" in Roberto Barrios, molto frequentato questo pomeriggio.

Sono a metà della costruzione delle due case in muratura che ospiteranno la giunta del buon governo "Nuovo seme che produrrà". Finora, tutte le costruzioni del caracol (prima Aguascalientes) erano di legno.

Circa 20 persone sono davanti ad un televisore e guardano con molta serietà la comandante Esther che parla di fronte al Congresso dell'Unione un anno e mezzo fa: il senatore Salvador Rocha, in immagini piratate dal Canale del Congresso, cede la tribuna alla rappresentante indigena con molta mal grazia.

Intanto, la spianata del caracol brulica di giovani indigeni provenienti dalle comunità della regione.

È un caracol minacciato. La comunità di Roberto Barrios si trova chiaramente divisa in due. A cento metri dal caracol, il villaggio sembra un altro. Si vedono investimenti, case migliori, recinzioni, opere pubbliche. La gente è meno ricettiva.

Sorprende l'ostilità dei bambini di otto-dieci anni contro qualsiasi visitante: "Vattene, scarafaggio", diceva uno fra versacci un poco esoterici però di ovvio rifiuto. Era insieme ad altri quattro bambini. Devono essere alcuni di quei bambini che, "da soli", hanno aggredito a pietre il nuovo caracol, in ciò che le autorità del municipio autonomo El trabajo hanno considerato una provocazione.

Siamo all'estremo dell'antiguerriglia che include già "l'avvelenamento" delle future generazioni ufficiali? Questa si chiama induzione deliberata all'odio, e forse potrebbe essere considerata un crimine contro l'umanità.

Un murales quasi clandestino, mal fatto, su una casetta, recita timidamente sul legno: "Sogno dell'autonomia. Resisti fratello". La sua tenacità ha qualcosa di disperato. Nella zona nord, la lotta per l'autonomia continua ad essere un sogno molto costoso.

C'è maggior testardaggine che piantare un cartellone "Lei è in territorio zapatista", a pochi metri dall'accampamento militare di X'anil, nel municipio autonomo La Paz? Questa postazione militare, di certo, è una di quelle che sono arrivate col governo di Vicente Fox che, come si sa, ne ha ritirato alcune solo per mettere altre nuove.

In Jolnixtié (Tila), Francisco León, Chancalá Zapote, Angel Albino Corzo e León Brindis (Palenque) i cartelloni sono stati distrutti o rimossi. I fronti civici minacciano di estirparli da Tila e Sabanilla. Cercando di sembrare prudente, il sindaco priista di Tumbalá, Pedro Méndez Arcos, ha dichiarato ieri al giornalista Elio Henríquez che i priisti sono "molesti" perché "quando appaiono i cartelloni si coinvolgono tutti gli abitanti come se fossero d'accordo e non è vero". Inoltre, i priisti temono "la possibile cancellazione di opere pubbliche".

Da altre parti si teme che "facciano fuggire" i programmi Oportunidades e Progresa. I dirigenti ufficiali attribuiscono ai cartelloni zapatisti il magico potere di spaventapasseri per il denaro governativo, anche se dopo anni e la guerra di bassa intensità questi "investimenti" non hanno tirato fuori dall'emarginazione le comunità e le famiglie che li seguono. Oppure forse temono che la resistenza, rendendosi possibile, diventi contagiosa...


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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