La Jornada 31 dicembre 2002

L'ESERCITO MUOVE LE SUE TRUPPE IN OCCASIONE DELLE CELBRAZIONI ZAPATISTE

SORVOLI E PATTUGLIAMENTI DELLA SETTIMA REGIONE MILITARE NEL 9° ANNIVERSARIO DELL'INSURREZIONE

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

San Cristóbal de Las Casas, 30 dicembre - Tre tentativi di sgombero nei Montes Azules e regioni limitrofe nella Selva Lacandona, segnano l'anno politico di Fox in Chiapas. Questo è quanto di più sembra ad una "risposta" (in senso negativo) alle richieste della ribellione indigena del Chiapas che oggi compie nove anni.

Tre regimi federali hanno portato avanti la stessa guerra di bassa intensità, basata sulla opprimente militarizzazione della regione e il contributo mal simulato alla violenza "intercomunitaria"; prima, tra altri gruppi, erano Paz y Justicia nella zona nord e i paramilitari di Chenlahó; oggi sono la Opdic e le sue diramazioni priiste a nord di Ocosingo, dove funzionano da "base sociale" per la militarizzazione.

L'Esercito Zapatisti di Liberazione Nazionale (EZLN) e i municipi autonomi delle sue basi d'appoggio, continuano a mantenersi in stato di rivolta. Quando si muovono e quando stanno fermi, quando parlano e quando tacciono, gli indigeni zapatisti del Chiapas sono in stato di resistenza. Solo ieri, il subcomandante Marcos ha annunciato che l'EZLN appoggerà "totalmente" le comunità minacciate: "É bene che lo sappiano tutti e per tempo: nel caso dei villaggi zapatisti, non ci sarà sgombero pacifico".

Le autorità ambientali del governo federale (e quelle giudiziarie e le forze armate), dimostrano una obbediente sensibilità verso le richieste e le esigenze degli investitori internazionali interessati alla selva, e chiudono l'anno in maniera eloquente: le richieste dei ribelli chiapanechi, che il movimento indigeno nazionale ha fatto proprie, restano inattese. Le domande del capitale (del turismo, industriale, bellico), in cambio, meritano una pronta risposta.

Dietro il paravento di un piccolo gruppo di ejidatarios lacandoni, "proprietari" di una vastità a loro sconosciuta, il governo federale ha iniziato l'annunciato "recupero" della riserva della biosfera: lo scorso 19 dicembre nell'insediamento Lucio Cabañas, a sud dei Montes Azules, la Profepa ha mandato in esilio un gruppo di famiglie choles che vivevano lì da quattro anni in esilio, fuggite dalla povertà, dalla violenza paramilitare e dalla guerra di bassa intensità.

Inoltre, pare che gli indigeni "uccidano l'ecosistema".

Le autorità avevano già tentato lo sgombero nel febbraio e marzo scorso, con la Polizia Federale Preventiva, ma la resistenza e la protesta internazionale avevano fermato gli operativi nel municipio ribelle Ricardo Flores Magón. Poi, in agosto, un'offensiva di stampo paramilitare "inscenò" uno sgombero forzato dovuto a problemi "intercomunitari". Alla fine, la penultima settimana dell'anno che sta per finire, la Profepa, l'Armada e l'Esercito hanno apertamente realizzato il primo sgombero nei Montes Azules.

Ora, una settimana dopo l'operativo di polizia e militari a Lucio Cabañas, per la prima volta dai tempi di Albores e Zedillo, l'Esercito stesso annuncia (e conferma) una sua mobilitazione. Ieri si è saputo di sorvoli e pattugliamenti terrestri sulle comunità in resistenza non in seguito alla denuncia delle comunità o dei centri per i diritti umani, ma perché l'ha comunicato la Settima Regione Militare.

Secondo la versione militare, questa azione di "vigilanza" risponde ad una mobilitazione dei civili zapatisti. Ovvero, elicotteri, carri armati, aerei, battaglioni e mitragliatrici perché gli indigeni faranno festa.

È nervosismo o un'escalation?

La guerra nascosta contro le comunità non smette.

Lo scorso agosto, è costata impunemente la vita a quattro contadini tzeltales, basi d'appoggio dell'EZLN, in episodi verificatisi in diverse comunità. Ad Amaytik sono stati assassinati Lorenzo Martínez Espinosa e Jacinto Hernández Gutiérrez da priisti della stessa comunità. Antonio Mejía è morto per mano della banda dei Los Aguilares nei dintorni della comunità K'an Akil. Precedentemente, a José López Santiz avevano sparato il 6 agosto. In tutti i casi, gli assassini sono stati identificati (e sono liberi).

Con curioso sincronismo, tra luglio e settembre, l'Organizzazione per la Difesa Indigena e Contadina (Opdic), priista, dai dintorni dei Montes Azules ha messo a segno diversi attacchi di segno paramilitare contro comunità come: La Culebra, Arroyo Granizo, San Jerónimo Tulijá e Nuevo Guadalupe (Quexil), nei municipi autonomi di Ricardo Flores Magón e San Manuel.

Tutto questo, nel perimetro della bistrattata riserva della biosfera.

Nei "tentativi" di marzo ed agosto, si era cercato di penetrare nei Montes Azules da nord di Ocosingo. Questo dicembre, da sud del municipio Maravilla Tenejapa (creato da Roberto Albores), alla frontiera con il Guatemala, dove si trovano i municipi ribelli Libertad de los Pueblos Mayas e Tierra y Libertad.

L'annuncio ufficiale è che in quei luoghi "si ristabilirà lo stato di diritto" contro comunità indigene "che hanno invaso"; le stesse parole usate dai precedenti governi per perseguitare i ribelli.

Dopo il massacro di Acteal, l'ex governatore ad interim Roberto Albores Guillén, non fece che "applicare lo stato di diritto" continuamente contro i municipi autonomi, con i risultati noti a livello mondiale (numerosi morti, migliaia di profughi, decine di prigionieri politici tra il 1998 e 1999).

La giustificazione, oggi, è un'altra. "L'autorità della legge" che si persegue, è definita "di interesse ambientale" "a difesa di una risorsa dell'umanità" (che, incidentalmente, è anche il luogo in cui sono vissute e sviluppate civiltà per più di duemila anni, gli stessi popoli maya che oggi si vogliono cacciare con la forza; compresa la minaccia di arrestare gli irriducibili).

L'atteggiamento governativo può cambiare, ma la strategia d'accerchiamento militare e di controinsurresione non si arresta. L'inadempienza del governo adotta solo nuove forme.

Il 2002 finisce con un "riscaldamento" della repressione del conflitto nella Selva Lacandona, Los Altos e la zona nord del Chiapas, in quelli che stanno diventando i "quindici minuti" più lunghi della storia.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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