LA JORNADA - 26 gennaio 2002

IL MAIS CONTRO IL GENERE UMANO

Silvia Ribeiro *

La compagnia di biotecnologie Epicyte (San Diego, Stati Uniti), socia della multinazionale Dow Chemicals, sta sperimentando la produzione di anticorpi umani nel mais transgenico. Uno di questi esperimenti è la produzione di mais spermicida per poi essere utilizzato come anticoncezionale.

Il presidente di Epicyte, Mitch Hein, ha dichiarato al quotidiano inglese The Observer (9/9/01): "Abbiamo una serra piena di piante di mais che stanno producendo anticorpi spermicidi. Abbiamo creato anche un altro mais che produce anticorpi contro il virus dell'herpes e presto saremo in grado di produrre in piante un gel spermicida che non solo è anticoncezionale, ma che bloccherà le malattie trasmesse sessualmente".

Epicyte ritiene che la produzione di anticorpi umani nel mais sia molto più efficace di quella ottenuta, per esempio, dai batteri, perché le piante possiedono una struttura cellulare molto più simile a quella dell'essere umano, quindi è più facile manipolarla.

Il mais anticoncezionale si basa sulla ricerca di una condizione femminile poco frequente - l'infertilità immunologica - in presenza della quale la donna produce anticorpi che attaccano gli spermatozoi. Questo metodo anticoncezionale è già stato contestato da vari scienziati a causa del suo rischio potenziale per le donne.

Epicyte assicura che non seminerà questo tipo di mais vicino a nessun altra coltivazione con la quale potrebbe incrociarsi. Lo stesso dichiarano i giganti genetici Dow e Dupont, che stanno sviluppando mais per la produzione di materie plastiche, e la ProdiGene che sta sviluppando mais che produce enzimi per l'industria degli adesivi, mais che produce proteine superdolci per realizzare dolcificanti a basse calorie e mais con vaccino commestibile contro l'HIV.

Contrariamente a quanto dichiarano queste ed altre imprese del settore, l'industria delle biotecnologie non ha potuto contenere i suoi transgeni e con il polline delle sue piante transgeniche sta contaminando migliaia di coltivazioni di agricoltori canadesi e statunitensi, che non l'avrebbero voluto e neppure lo sapevano, ed ora anche il mais originario messicano. Contaminazione che è stata dimostrata in alcune località del Messico ma probabilmente presente in moltissime altre.

Secondo il rapporto reso pubblico dalla Conabio-INE lo scorso 23 gennaio durante il seminario "In difesa del mais", svoltosi a Città del Messico, il 37% dei campioni di mais della Diconsa in Oaxaca, presentava sequenze transgeniche, ed ancora più allarmanti sono i dati dei campioni raccolti nei municipi di Ixtepej, Tlalistac, Nochixtlán e Santa María Ecatepec, in Oaxaca, nei quali si è riscontrata una contaminazione transgenica tra il 20 ed il 60%.

In Messico, piantare o realizzare esperimenti di mais transgenico è illegale. Il mais transgenico liberamente commercializzato negli Stati Uniti - sicuramente la fonte della contaminazione - è resistente agli erbicidi oppure si tratta di mais insetticida grazie all'inserimento della tossina del batterio Bacillus Thuringiensis. Queste due caratteristiche, oltre che prevedere l'inserimento dei geni di virus e batteri nel mais originario, porta con sé rischi potenziali per la biodiversità del mais, l'ambiente, i contadini, i consumatori ed in generale per il Messico, attaccando una delle maggiori risorse economiche e culturali del paese.

Eppure, qualsiasi scenario attuale, già di per sé negativo, impallidisce di fronte alla possibile contaminazione con mais spermicida - che agirebbe come anticoncezionale - o di mais che produce vaccini, anticorpi o sostanze plastiche che potrebbe incrociarsi con altre coltivazioni ed essere consumato inconsapevolmente da migliaia di persone.

Il fatto che la contaminazione transgenica già riscontrata in Oaxaca, Puebla e nella Valle di Tehuacán sia avvenuta senza che i contadini che lavorano il mais se ne accorgessero, dimostra che la sua rilevazione è difficile. Il potenziale del mais spermicida come arma biologica è altissimo, perché può facilmente incrociarsi con altri mais inavvertitamente e potrebbe inserirsi nel cuore stesso delle culture indigene e contadine. Abbiamo già potuto assistere alle ripetute campagne di sterilizzazione contro gli indigeni. Questo metodo sarebbe ancora più difficile da scoprire.

Come soluzione al problema dell'incontinenza genetica, l'industria biotecnologica propone di applicare la tecnologia "Terminator", che fa sì che i semi delle coltivazioni siano sterili. Sarebbe come se tutti dovessero usare il profilattico perché l'industria ha una malattia a trasmissione sessuale. Non solo non è una soluzione, ma sarebbe la diffusione di un'altra tecnologia pericolosa e creata per produrre maggior dipendenza degli agricoltori dalle industrie delle sementi.

"L'industria della vita" come si autodefiniscono le imprese biotecnologiche, si dedica a metodi per produrre la sterilità in semi e l'infertilità dell'essere umano. Se pensiamo che sono le stesse imprese che ci hanno dato armi biologiche come "l'agente arancia" e decine di inquinanti chimici il cui spargimento ed utilizzo hanno prodotto la malattia e la morte di decine di migliaia di persone, sarebbe più corretto chiamarle "le industrie della morte".

* L'autrice è ricercatrice del Gruppo ETC


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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