LA JORNADA - Lunedì 21 gennaio 2002

DESMI: LE MULTINAZIONALI DIETRO LA GUERRA IN CHIAPAS

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de Las Casas, 20 gennaio - "È chiaro che la guerra che si vive in Chiapas poggia sugli interessi economici delle multinazionali. Già nel TLC con Stati Uniti e Canada, sono previsti i meccanismi per l'appropriazione delle risorse energetiche, fondamentali per il processo di privatizzazione e per i condizionamenti della politica agraria", dichiara l'organizzazione civile DESMI (Sviluppo Economico Sociale dei Messicani Indigeni) attiva da oltre 30 anni nelle zone indigene dello stato.

Tra vari documenti e comunicati dell'organizzazione riportati nel libro Se uno mangia, che tutti mangino, presentato questa settimana, il DESMI pubblica un'analisi della situazione di guerra in cui vivono le comunità: "Dal 1992 la modifica dell'articolo 27 della Costituzione ha posto le basi per la privatizzazione delle terre comunitarie e comunali... come parte della politica privatizzatrice dello Stato a favore del modello economico neoliberista".

La Dichiarazione della Selva Lacandona dell'EZLN (1994) "fa riferimento a questa situazione di morte, perché in questo modello non esistono le possibilità di una vita dignitosa per i campesinos e gli indigeni di tutto il paese", si afferma nell'analisi.

"Parte di questa guerra è la distruzione della struttura produttiva delle comunità, per sottrarre forza e capacità di resistenza. Le risorse che dovrebbero essere destinate allo sviluppo dell'agricoltura, ad investimenti in infrastrutture produttive, vengono principalmente dedicate al sostentamento delle forze armate e dei gruppi paramilitari".

Il DESMI, legato dalle sue origini all'orientamento innovatore della diocesi cattolica di San Cristóbal ("l'opzione preferenziale per i poveri" promossa dal vescovo Samuel Ruiz García), opera dal 1969 in Los Altos, nel nord e nel sud dello stato - Ocosingo, Altamirano, Chilón, Sabanilla, Tila, San Andrés, Chenalhó, El Bosque ed in altri municipi.

Sotto il concetto di economia solidale, che propone la costruzione di alternative proprie dei popoli e delle comunità di fronte all'imposizione del modello capitalista neoliberista, lungo tre decadi questa organizzazione indipendente ha partecipato a: progetti educativi, di salute, acqua potabile, organizzazione di donne, produzione agricola, commercializzazione di prodotti artigianali e ad un permanente momento di riflessione collettiva in 240 comunità chiapaneche.

Il capitolo La guerra e la pace (del libro Se uno mangia, che tutti mangino. Economia solidale, Alma Cecilia Omaña Reyes e Jorge Santiago Santiago, Desmi AC, agosto 2001, 215 pagg) riporta: "una volta che si è stabilita una situazione d'instabilità, di persecuzione e di paura (soprattutto dopo lo smantellamento dei municipi autonomi ed il massacro di Acteal), si propongono programmi di investimento sociale che diventano un ulteriore elemento della stessa guerra perché operano per smantellare la volontà politica delle comunità e la sua capacità di organizzazione.

Sono le forze armate ad intraprendere iniziative sociali sostituendosi alle istituzioni civili e, soprattutto, alle comunità, che per altro erano disponibili a lavorare in modo organizzato in un processo di autodeterminazione ed autonomia".

LE RISERVE DEL CASO

Sebbene il DESMI mostri ottimismo per il cambio di governo in Chiapas, non nasconde le proprie riserve dopo sette anni di militarizzazione. "In questo contesto di guerra è difficile interpretare le azioni dello Stato: i progetti di investimento in certe zone, la realizzazione di strade ed aeroporti. Gli interessi strategici dello Stato sono fondamentali per interpretare i piani di sviluppo e l'assegnazione di risorse alle comunità".

Aggiunge: "esiste un utilizzo a scopo di controinsurrezione delle risorse economiche. Si premia la diserzione e si spinge più all'abbandono dell'organizzazione che all'azione di sviluppo. Negli ultimi anni la situazione è peggiorata; la povertà è moltiplicata; la guerra ha introdotto un processo di impoverimento".

Inoltre, la situazione strutturale si somma alla paura. "L'accerchiamento militare ha creato condizioni di deterioramento della vita delle comunità, sono aumentati il vizio, la prostituzione e le malattie. In alcune zone la contaminazione delle acque è grave per l'utilizzo dei corsi d'acqua da parte degli accampamenti militari, in zone in cui la popolazione civile osservava delle regole per il suo utilizzo, come per lavare i vestiti e lavarsi.

Gli accampamenti si impossessano delle risorse strategiche per la sopravvivenza: fonti d'acqua, boschi, sorgenti, sentieri ed altre vie di comunicazione".

In riferimento al processo di pace interrotto, il DESMI ritiene importante il principio di giustizia, che con gli accordi di San Andrés (1996) definisce la necessità di "riconoscere il valore della parola data". Invocando l'obbligatorietà per lo Stato messicano di rispettare ed adempiere il Trattato 169 della OIT sui diritti indigeni, ed altri obblighi internazionali che sono "legge suprema dell'Unione, in termini costituzionali", l'organizzazione civile crede che la pace richieda la partecipazione della società quale soggetto diretto del proprio sviluppo.

"Come parte della lotta per la giustizia, si è giunti al concetto di autodeterminazione e al diritto all'autonomia. Un esercizio di resistenza culturale ma anche una riappropriazione del diritto ad esistere come popoli, partecipando alla costruzione della società. Un grido contro la negazione e contro l'oblio e l'esigenza di creare una proposta per una nazione multietnica e multiculturale, considerando la situazione di emarginazione e dipendenza come la scommessa da vincere costruendo alternative proprie; non nella continuità con il modello di società imposto e coloniale, ma prendendo elementi dall'identità culturale e dalla partecipazione di tutti".

Quello che la guerra nega, conclude l'analisi del DESMI, è il riconoscimento del diritto a lottare, ad esercitare l'autodeterminazione e a stabilire giusti rapporti; che finalmente sia riconosciuto il "diritto ad esistere" di questi popoli.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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