La Jornada 18 maggio 2002

Gli accordi di San Andrés agli antipodi del Piano Puebla - Panama

Un incontro parallelo alla cumbre

Unione Europea - America Latina e Caribe

ARMANDO TEJEDA - CORRISPONDENTE

Madrid, 16 maggio - Il presidente Vicente Fox Quesada "non è disposto a rispettare gli accordi di pace nel conflitto del Chiapas, perché semplicemente, se si analizza la strategia dell'Esecutivo federale, gli accordi di San Andrés sono l'antitesi dei progetti del governo messicano condensati nel Piano Puebla - Panama, che impone agli indigeni l'espulsione e la schiavitù delle maquiladoras", ha detto Daniel Luna, rappresentante del Coordinamento Regionale de Los Altos del Chiapas, che partecipa al Forum Sociale Transatlantico, incontro voluto da varie organizzazioni civili di vari paesi come contrappeso alla cumbre dei capi di stato e di governo dell'Unione Europea - America Latina e del Caribe.

Nella delegazione della società civile in resistenza, Daniel Luna diffonde dall'Europa una realtà che si scontra frontalmente con la versione espressa dal presidente messicano in relazione al conflitto con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e le comunità indigene del paese.

Daniel è stato in Olanda, nei Paesi Baschi, in Catalogna e a Madrid e adesso andrà in Svizzera, Belgio e Francia, dove denuncerà il "doppio linguaggio" di Fox Quesada, che da una parte parla di apertura e di una profonda trasformazione del sistema politico messicano e dall'altra parte blocca gli accordi di pace con l'EZLN.

In un'intervista con La Jornada, ha denunciato che "nei fatti la discriminazione delle comunità indigene ha continuato a rimanere uguale per molti anni in Messico. L'emarginazione e la spoliazione pure. Non si vedono differenze, ad es. anche quando l'istruzione dello stato arriva alle comunità, è solo con l'intenzione di spagnolizzare la popolazione".

Un processo di sterminio

"Si tratta di un processo di sterminio che pretende che smettano di essere indigeni, con l'intenzione di minare e distruggere le comunità. Dopo 500 anni i popoli indigeni sopravvivono ancora. Il dato che il 10 per cento della popolazione messicana conserva la sua lingua, la sua cultura, il suo modo di organizzarsi e le sue autorità tradizionali dimostra che la resistenza che ha caratterizzato per cinque secoli le comunità indigeni è esemplare", afferma l'attivista messicano.

Ha detto che adesso ciò che più lo "preoccupa è che questa oppressione e discriminazione razziale verso i popoli indigeni li ha sempre resi ribelli, dato che le circostanze li hanno costretti a dare vita a movimenti sovversivi. Perciò, col 1994, c'è stato un'altra volta un risveglio, non solo nella popolazione indigena ma anche in quella meticcia ed europea, con un senso di giustizia storica".

Ha spiegato che "questo sentimento globale genera una nuova prospettiva della lotta india in Messico e America Latina", dato che le organizzazioni indigene "vedono nell'EZLN un rappresentante valido per i loro reclami storici".

Daniel Luna, che ha partecipato al tavolo di dibattito su diritti e cultura indigeni, con rappresentanti di Colombia, Bolivia, Guatemala ed Ecuador, ha spiegato che, in relazione con l'inadempienza degli accordi di San Andrés, "con il PRI abbiamo visto come la sua politica era quella di prolungare il conflitto per non risolvere le cose. Adesso, con Fox, si simula una grande apertura, con l'uso dei mezzi di comunicazione in un modo molto pubblicitario, però alla fine, con la marcia zapatista, si dimostra che l'EZLN può contare su un appoggio popolare in tutto il paese e resta chiaro che lo zapatismo è il movimento che ha più seguito ed appoggio popolare in Messico".

Ha anche preannunciato che un gruppo di rappresentanti delle comunità indigene del Messico, della Colombia e della Bolivia realizzerà un giro per vari paesi europei (Olanda, Spagna, Svizzera, Italia e Belgio) con l'idea di spiegare come i progetti ufficiali, come il Piano Puebla - Panama, siano solo pezzetti del corpo del progetto di ciò che sarà l'Area del Libero Commercio delle Americhe (ALCA), il cui unico obiettivo è sostituire l'economia contadina con un'economia di mercato, che sarà accompagnata da una sistematica militarizzazione dell'area da parte degli Stati Uniti.

"Però dietro questo progetto c'è la neocolonizzazione dei territori da parte delle trasnazionali statunitensi ed europee, che inoltre destinano parte delle loro risorse per finanziare gruppi paramilitari, come fa la Repsol spagnola in Colombia".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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