La Jornada - 18 maggio 2002

Più di 12 mila chiapanechi profughi aspettano giustizia sostiene il Centro Fray Bartolomé

Coloro che beneficiano dell'emarginazione degli indigeni non vogliono che si superi il conflitto

JUAN BALBOA - CORRISPONDENTE

Tuxtla Gutierrez, Chis., 17 maggio - Più di 12 mila indigeni chiapanechi sono rifugiati fuori dalle loro terre e la violenza ha fatto sì che circa altri mille siano diventati profughi nell'ultimo anno, ha segnalato un lavoro d'inchiesta realizzato dal Centro di Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC).

L'organizzazione presieduta dall'ex vescovo di San Cristóbal de Las Casas, Samuel Ruiz García, dice che i governi federale e statale hanno la loro parte di responsabilità per le condizioni precarie in cui vivono i profughi, originari di comunità dove tra 1995 e 2001 sono stati assassinate più di 150 persone e che sono circa 12 mila.

La relazione "Camminando verso l'alba" del Centro Fray Bartolomé de Las Casas segnala che nonostante i cambi di titolari del Potere Esecutivo federale e statale ed il rinnovamento del Parlamento dell'Unione, i familiari delle vittime e i profughi del Nord, della Selva e de Los Altos del Chiapas continuano ad aspettare che si faccia giustizia e si combatta l'impunità.

"L'inerzia della guerra e la forza degli interessi alimentati con la permanente emarginazione dei popoli indigeni continuano a rendere impossibile il superamento delle cause del conflitto e lo stabilirsi della giustizia per una riconciliazione", segnala il documento. Puntualizza che lo sgombero forzato continua ed essere una violazione sistematica dei diritti umani, che ha come proposito d'immobilizzare l'opposizione, di debilitare le basi sociali dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), di disarticolare socialmente le comunità e di azzerarle economicamente.

Precisa che nonostante il cambio nei governi federale e statale, in Chiapas esistono più di 12 mila profughi nel Nord, nella Selva, nella regione di frontiera, in Los Altos e nel centro. Dal 1995 ci si è occupati di questa popolazione, ma solo a partire dal gennaio di 2001 si è iniziato ad offrire una assistenza ed un "accompagnamento" più vicino e puntuale.

Inoltre mette in discussione le azioni intraprese dal governo, che oltre a dar l'impressione di disconoscere il panorama e la dinamica degli sgomberi forzati, di fatto rifiutano di riconoscere la condizione reale di "sfollato di guerra".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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