La Jornada - 18 marzo 2002

Il documento che consiglia le espulsioni dice che gli indios sono manipolati dall'esterno

La prima tappa dell'allontanamento dai Montes Azules comincerà con otto comunità

Padroni di parte di quell'area, i lacandoni sono costretti in un gioco che non controllano più

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

San Cristóbal de Las Casas, Chis. 17 marzo - Molto presto potrebbe cominciare l'espulsione delle comunità ubicate nei dintorni dei Montes Azules, nella cosiddetta area protetta della Selva Lacandona. Si sarebbero allontanamenti e riubicazioni. Le prime espulsioni verrebbero effettuate nelle comunità San Antonio Miramar, Sol Paraíso, El Buen Samaritano, Nuevo San Rafael, Nuevo Salvador Allende, Las Ruinas Sol Paraíso, Arroyo Cristalina e Noreste de Ocotal.

In un documento del Tavolo Ambientale del governo di Chiapas, consegnato al segretario di Governo nei giorni scorsi, si parla anche di una "seconda tappa" per sgomberare Primero de Enero, Nuevo Limar e 8 de Febrero (questa è la data di quando è stato "scovato" dal satellite un presunto insediamento che nessuno ha visto, nel sud della riserva della biosfera).

Alcune fonti indipendenti affermano che gli operativi della forza pubblica federale si effettueranno nella Settimana Santa e che si vuole "riubicare fuori dalle aree protette", in una prima tappa: Ojo de Aguas, Las Pimientas, Nuevo Israel, Nuevo Agua Dulce, Nuevo Guadalupe Tepeyac e Ranchería Corozal. In una seconda tappa, si manderebbe via dalle loro case gli abitanti di El Semental, San Francisco e "Innominato" (sic!).

Secondo membri del Tavolo Ambientale, la "riubicazione" degli indigeni avverrebbe alla "loro comunità d'origine", sebbene molti di loro saranno espulsi, proprio, dal loro luogo d'origine. In ogni caso, questa politica genererà profughi in senso inverso, verso le regioni dei loro antenati, dove sicuramente non ci saranno più terre per loro. Anche se il delegato della Procura Federale per la Protezione dell'Ambiente (Profepa) ha detto che i contadini della riserva hanno terre da altre parti, non è così in quasi tutti i casi.

Echi dai programmi del tavolo

I primi giorni di marzo, su istanza del titolare di Semarnat, Víctor Lichtinger, alcuni membri del Tavolo Ambientale del Chiapas si sono riuniti in Città del Messico con il segretario di Governo, Santiago Creel, e gli hanno presentato il documento Problematica degli insediamenti irregolari e dei disboscamenti nelle aree naturali protette della Selva Lacandona, che benché firmato dal governo dello stato, almeno in parte del suo contenuto, ha preso di sorpresa il mandatario statale e presidente del Tavolo, Pablo Salazar Mandiguchía.

Sebbene il primo lineamento operativo del Tavolo Ambientale - stabilito in settembre - era che tutti gli accordi sarebbero stati presi col consenso (almeno così era apparso nella stampa), il documento consegnato a Creel non contava con l'approvazione dei rappresentanti del governo del Chiapas presenti nel Tavolo, che addirittura non lo conoscevano.

Nonostante ciò, lì si programmano "azioni" molto precise, delle quali i membri federali del Tavolo si son fatti eco. Hernán Alfonso León, delegato statale di Profepa ha confermato che l'8 marzo all'agenzia Maya Press che circa 35 comunità all'interno dei Montes Azules saranno "riubicate", a meno che non dimostrino di avere diritti acquisiti.

Insistendo che gli indigeni saranno "riubicati, non sgomberati", Alfonso León ha precisato che "85 su cento degli insediamenti irregolari purtroppo stanno all'interno della zona nucleo, da questo la preoccupazione delle istanze competenti. Senza dubbio, il progetto di riubicazione è stato frenato dal rifiuto di spostarsi degli abitanti degli insediamenti irregolari, che sono stati mal consigliati da gruppi sociali e ambientalisti".

Dando a capire che i contadini che resistono all'espulsione sono manipolati da "gente di fuori", il funzionario ripete il vecchio argomento del potere e dei padroni contro quei eterni "minorenni", gli indigeni.

Il fattore lacandóne

Parallelamente, non è assolutamente un segreto per nessuno la connivenza della piccola comunità lacandona (con meno di 200 membri sopravvissuti) con i governi da tre decenni a questa parte. Guadagnando piccoli privilegi, però maggiori in ogni caso di quelli mai offerti a qualsiasi altro popolo indigeno, sono stati definiti "figli prediletti del regime", al grado di convertirsi nell'unico popolo indigeno messicano che non partecipa a nessuna azione di questi popoli nel paese.

Dotati di una porzione immensa dei Montes Azules dal presidente Luis Echeverría, si sono trasformati nel parapetto costante del governo contro i reclami di diritti sulla selva di comunità tzeltales, choles e tzotziles, molto maggiori in numero delle evanescenti famiglie lacandone, e alcune molto più antiche.

Appartatosi dagli altri popoli, i lacandoni sono stati l'unico popolo che ha chiesto l'annientamento militare dell'EZLN nel 1994, l'unico che ha rifiutato gli accordi di San Andrés e l'unico che ha applaudito la cosiddetta controriforma indigena del 2001, che non soddisfaceva la proposta della Cocopa. Di fatto, il loro ricatto storico da parte del potere ha fatto di loro l'unico popolo maya che non partecipa nei forum né negli incontri convocati da indigeni o dalle loro organizzazioni.

Loro stessi vittime di una mitificazione molto utilitaria da parte del governo e 'crema e panna' dell'ambientalismo internazionale, sono rimasti intrappolati in un gioco che non controllano più.

Gli storici li identificano come caribes, un popolo silvestre proveniente del Golfo, che occupò le terre e il nome di un popolo estinto, gli autentici lacandoni, i cui ultimi individui sono morti nel secolo XVIII. Questo fatto storico si usa, equivocamente, come argomento per squalificarli. Il problema con questi lacandoni, di giorno in giorno sempre più scenografici e sempre meno vincolati alla selva, è che usandoli come pretesto, "puliscono" dagli indios le "loro" terre per fini, questi sì, estranei.

È documentato come hanno lasciato l'agricoltura quasi completamente e dall'altro lato praticano la caccia che è proibita. Nel crocevia di Tumbo, nella conca del Tulijá, è frequente vederli vendere tepezcuintle (roditore della selva), o in Chensayab, vendere zanne di apale, artigli di giaguaro e becchi di tucano.

Promotori ufficiali e privati hanno facilitato loro l'accesso all'industria turistica (chiaro, su scala filantropica), permettendo loro la custodia e l'amministrazione dei posti archeologici di Bonampak e Yaxchilán. Per rigore storico, anche se questo non sembra importare a chi sta alla biglietteria, loro però non sono gli eredi di queste rovine, ma lo sono i choles della regione, che invece devono pagare 70 pesos per entrare a vedere le rovine.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home