Liberazione - 16 luglio 2002

Messico, "terra e dignità": braccio di ferro contadini-governo

I braccianti di San Salvador Atenco in lotta contro il nuovo aeroporto

di Ivan Bonfanti

Qualcosa si è mosso nella delicata vicenda del contadini messicani insorti in armi contro la costruzione sulle loro terre del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico, anche se la situazione resta critica e il rischio che finisca in un bagno di sangue non sembra del tutto scongiurato. Ieri tuttavia è stata una giornata positiva per i braccianti in lotta barricati all'interno della struttura in costruzione. I rivoltosi hanno infatti accettato "come gesto di buona volontà" di liberare i 19 ostaggi che avevano catturato 72 ore prima in cambio della scarcerazione di 12 compagni di lotta che la polizia aveva arrestato nel corso dei violenti scontri di giovedì scorso a San Salvador Atenco, alla periferia nord della capitale.

Gli ostaggi, quasi tutti agenti di polizia e per il resto funzionari dell'amministrazione locale, sono stati rilasciati simbolicamente proprio ai piedi del grande murale dedicato all'eroe nazionale messicano Emiliano Zapata (la cui scritta ancora reclama "Terra e libertà") piazzato proprio a sovrastare la piazza principale di San Salvador Atenco.

Lo scambio di prigionieri ha allentato la tensione, allontanando soprattutto lo spettro di un intervento dei reparti speciali, già pronti all'azione in prossimità dell'abitato occupato dai rivoltosi. Questi, dopo aver inizialmente minacciato di uccidere gli ostaggi, hanno salutato la liberazione dei compagni detenuti cantando canzoni rivoluzionarie e agitando in aria i lunghi machete (usati anche durante gli scontri) come segno di vittoria, il tutto davanti alle centinaia di giornalisti e operatori delle tv appollaiati a San Salvador Atenco, uno spicchio di campagna compresso tra la pestilenziale discarica di Città del Messico e le piramidi azteche di Teotihuacan.

"Siamo stati costretti dalle circostanze a prendere gli ostaggi, e se la polizia non fosse intervenuta così duramente di certo gli scontri non ci sarebbero stati" ha detto David Pajaro, uno dei leader della protesta, scusandosi pubblicamente per aver costretto le persone tenute come scudi umani a due giorni di paura. La protesta era sfociata in gravi incidenti giovedì, dopo che le autorità della zona avevano deciso di stroncare sul nascere la rivolta ricorrendo ad un brutale intervento delle forze di sicurezza. Tuttavia i "campesinos" non si sono fatti intimidire, e dopo aver affrontato gli agenti con i machete, dando fuoco a numerose auto della polizia, si sono barricati al centro della cittadina accanto alla quale dovrebbe sorgere l'aeroporto utilizzando automezzi pesanti per bloccare l'ingresso delle teste di cuoio dell'esercito.

Il ministro dell'Interno, Santiago Creel, ha annunciato che il governo è pronto a "ridiscutere" il progetto di costruzione dell'aeroporto, che prevede l'espropriazione di circa 4.000 ettari di terreno agricolo, ma ribadendo che "indietro non si torna e l'aeroporto si farà". Il governo aveva inizialmente offerto risarcimenti agli espropriati, ma né il prezzo (70 centesimi di euro al metro quadrato) né le pressioni dei politici locali hanno convinto i contadini, in maggioranza indigeni, per nulla intenzionati ad abbandonare la terra "lavorata da generazioni dalle nostre famiglie". Gli insorti vogliono colloqui diretti con il governo federale, che fino a ieri aveva snobbato la vicenda sperando che qualche manganellata avrebbe potuto calmare i locali. Ieri invece il ministro Creel ha annunciato che il governo "accetta di trattare", aggiungendo che è allo studio una proposta alternativa per le compensazioni che prevede la creazione di posti di lavoro fissi per i contadini, la costruzione di scuole case e strade nelle comunità agricole ed una permuta per i terreni che saranno espropriati, anziché risarcimenti in denaro già rifiutati dai contadini.

Eppure non è detto che il ventaglio di nuove ipotesi vada a genio ai braccianti, che al grido di "la nostra terra non è in vendita, così come la nostra dignità" (l'ha detto uscendo dal carcere Ignacio del Valle, uno dei dirigenti contadini scambiati con la liberazione degli ostaggi) premono affinché l'intero progetto venga abbandonato o dislocato altrove. Subito dopo la scarcerazione, Del Valle ha infatti annunciato che la protesta continuerà e che i blocchi stradali non saranno tolti fino alla cancellazione "definitiva" del progetto di costruzione dell'aeroporto. Il leader contadino ha comunque invitato il governo a riprendere i colloqui. Creel, che opera in stretto contato con il presidente Vicente Fox, ha escluso un ricorso alla forza ed ha ribadito che il governo intende "procedere nel dialogo".

Una marcia indietro che risponde anche all'urgenza di un governo - mancano due settimane dalla visita del Papa e in Chiapas la situazione è ancora di alta tensione - che non può permettersi l'esplosione di un nuovo conflitto sociale. Troppo alto il rischio di esasperare un Paese a tante facce, che per il presidente Fox "è la nona potenza industriale mondiale", ma che conta anche quaranta milioni di poveri, dieci milioni di analfabeti e almeno una dozzina di insurrezioni più o meno armate in sedici dei 32 stati dell'Unione.


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