La Jornada 16 gennaio 2002

Gli zapatisti accusano il governatore di usare i membri dell'ORCAO per invadere le terre

Si acutizza il conflitto tra l'organizzazione dei produttori di caffè ed i municipi autonomi chiapanechi

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Municipio Autonomo Ernesto Che Guevara, 15 gennaio - Un contadino zapatista è incarcerato da due settimane nel carcere di Cuxuljá: "Lo fanno per obbligarci a negoziare sulla sua libertà e così poter dir che sia il governo, che quelli dell'ORCAO, hanno aperto il dialogo con le basi d'appoggio (dell'EZLN)", ha denunciato oggi il consiglio di questo municipio autonomo.

Inoltre, "L'ORCAO fa manovre per creare altri problemi ancora, invece di cercare di risolverli". Hanno detto che sono delle "bugie" le accuse divulgate contro di loro dall'organizzazione dei produttori di caffè, di filiazione perredista. "Non è la prima volta che ci accusano falsamente".

Hanno aggiunto che è arrivata una grande quantità di bestiame, in TIR, per i membri dell'ORCAO in Jerusalén (municipio autonomo Primero de Enero), e anche per quelli dell'ARIC-Indipendente in San Juanito (qui, nel municipio autonomo Ernesto Che Guevara). "Sono i progetti produttivi che Pablo Salazar Mendiguchía ha promesso durante la sua campagna elettorale".

Secondo gli autonomi, il governatore chiapaneco "sta usando i fratelli dell'ORCAO come nuovi rancheros. Vogliono mettere il bestiame nelle terre 'spianate', dove prima del 1994 c'erano gli allevatori di Ocosingo. Vogliono impadronirsi delle terre recuperate e far sì che noi zapatisti torniamo un'altra volta a vivere in montagna".

In Jerusalén, nuovo centro abito vicino all'acquartieramento militare di Ocosingo, lungo la strada di Toniná, l'arrivo di più di 100 capi di bestiame ha generato minacce contro le basi d'appoggio zapatiste, da parte dei nuovissimi padroni di bestiame. "Cercano il modo per provocarci, per avanzare sulle terre che abbiamo in comune. È quello che c'è dietro ai loro piani, da che ci hanno buttato fuori dal nostro spaccio e hanno distrutto il murales".

Sono sette settimane di presidio zapatista

Il presidio per difendere lo spaccio dei sette municipi ribelli, nel crocevia della strada San Cristóbal-Ocosingo, ha compiuto sette settimane.

Tra i 100 e i 200, uomini e donne, continuano a circondare lo spaccio da cui erano stati violentemente buttati fuori dai membri dell'ORCAO e dai priisti del vicino villaggio di Cuxuljá, l'ottobre scorso.

Centinaia di contadini zapatisti hanno rioccupato pacificamente lo spaccio in novembre ed hanno dato inizio al presidio che continua. Sono stati oggetto di continue minacce da parte dei vicini. Perché rappresenta ciò che è in disputa in questi municipi autonomi ed è un nuovo simbolo della resistenza. Le terre recuperate sono di proprietà comunale, inalienabili da privati? (dai nuovi proprietari individuali che inoltre potrebbero venderle a terzi, in accordo con le leggi agrarie che partorì il salinismo).

Per ora, José Pérez Gómez, dirigente dell'ORCAO, ha accusato gli zapatisti del presidio di furto di legna e di aver aggredito con lanci di pietre la proprietà di Marcos López Gómez, membro dell'organizzazione perredista.

Secondo quanto hanno dichiarato i portavoce del consiglio autonomo a La Jornada, "è stato esattamente il contrario. Siamo stati noi quelli che sono stati aggrediti". Assicurano che il signor Martín López Muñoz, padre del presunto danneggiato, "è giunto con aggressività per cercare la proprietà di suo figlio ed ha attaccato verbalmente i compagni".

Tra incidenti, tensioni e versioni contrastanti, il conflitto tra l'ORCAO ed i municipi autonomi della regione continua senza soluzione. Anzi sembra complicarsi.

"Dalle quattro del pomeriggio fino all'una della notte stanno lì, nella strada, di fronte al presidio, i poliziotti rurali di Cuxuljá. Cercano di avvicinarsi per sorvegliare e vedere chi riescono a prendere. Il pretesto dei poliziotti è cercare ubriachi", ha detto uno dei portavoce autonomi, per poi aggiungere: "Il compagno che hanno arrestato aveva bevuto un poco per l'Anno Nuovo e i compagni lo avevano rimandato a casa sua (in un'altra comunità distante). Ma quando ha attraversato la strada, i poliziotti di Cuxuljá lo hanno preso e da 15 giorni non lo mollano.

Noi, zapatisti, siamo contro l'ubriachezza. Castighiamo quelli che bevono. Questo compagno lo avrebbe castigato la sua comunità. Però questi poliziotti hanno usato quel pretesto. Gli stanno chiedendo una multa eccessiva e ci vogliono costringere ad andare ad occuparci di lui così appaia che siamo come lui, quando è al contrario, loro vogliono che il problema continui".

Intanto, sui gradini dello spaccio sul crocevia e nei dintorni, dove fino ad un anno fa c'era un accampamento dell'Esercito federale, stanno in attesa gli indigeni provenienti dai municipi in ribellione Primero de Enero, 17 de Noviembre, Vicente Guerrero, Miguel Hidalgo, Lucio Cabañas, Olga Isabel ed Ernesto Che Guevara, che vengono dalle loro comunità per fare la guardia a rotazione.

Lo spaccio collettivo Nuevo amanecer del arcoiris continua a rimanere sotto minaccia. Un pupazzo di stracci e paglia, con cappello di foglie di palma e la testa, fatta con una borsa di plastica piena di semi, è appeso accanto allo spaccio. È un "impiccato" che hanno messo quelli dell'ORCAO a mo' di messaggio intimidatorio.

E sta lì il pupazzo, nessuno lo toglie.

Simboli ritrovati

In una casa della comunità Moisés Gandhi c'è un rudimentale campo di pallavolo, sulla spianata di cemento per far seccare i fagioli. Tanto rudimentale è, che non ha nemmeno i cestini. O meglio, un bambino arrampicato in alto fa le veci del cestino. Due squadre di ragazzini giocano con una palla per nulla regolamentare, e tirano. Se il bambino-cestino riesce a prendere la palla, è punto. Semplice no?

Il nome di questa comunità ha alimentato associazioni insperate tra le organizzazioni della società civile, tanto nazionali che internazionali, che hanno partecipato nell'accampamento civile per la pace in anni recenti. La combinazione di Moisés e di Gandhi si materializza nel murales dipinto sulla facciata della chiesetta cattolica, di legno, eretta all'entrata della comunità.

Entrambi i personaggi alzano i loro rispettivi bastoni, dando la schiena ad un arrabbiato Mar Rosso, e separano le acque perché passi il popolo. Le loro ombre, sul murales, si proiettano in direzioni opposte, dato che li illumina una stella rossa che brilla tra di loro. Sopra c'è la campana di bronzo. Questo è tutto.

L'associazione tra questi due nomi ha impregnato di spirito pacifista, "gandhiano", i visitanti solidali e gli accampamentisti che arrivano in questa comunità zapatista. Questo non è un murales dipinto dagli indigeni della comunità. Neanche quello che appare sul fianco della chiesa, dove le effigi di Zapata e del Che sono accompagnate da una donna col volto coperto dal paliacate e da un arcobaleno.

I loro murales, in altre parti della comunità - sulla scuola, sull'auditorio e sull'ostello - illustrano in modo più diretto e colorato la lotta di questi villaggi. Scene della guerra dell'Anno Nuovo, della militarizzazione, della vita quotidiana, della coltivazione del mais e degli sforzi autonomi per la salute e l'educazione. Così come il grande murales distrutto sullo spaccio di Cuxuljá, a un chilometro da qui, i murales realizzati dagli indigeni sono un autoritratto collettivo in chiave naïf, un percorso di parole e di appuntamenti nel discorso zapatista.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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