La Jornada - 10 agosto 2002

RIFIUTO DELLA VERSIONE UFFICIALE DELLA MORTE DELLO ZAPATISTA

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de Las Casas, 9 agosto - La Rete dei Difensori Comunitari dei Diritti Umani ha confermato che lo scorso 7 agosto, José López Santiz, base d'appoggio zapatista della comunità 6 de Agosto, "è stato assassinato con otto colpi di arma da fuoco" davanti ai suoi figli che hanno riconosciuto l'assassino, Baltasar Alfonso Utrilla, impresario trasportatore.

La Rete dichiara che le testimonianze del figlio e di altri testimoni "smentiscono assolutamente la versione della morte accidentale dopo una lite", diffusa nella notte dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato.

La versione ufficiale parla di "un colpo" mentre il cadavere presenta vari fori di proiettile di grosso calibro sparati a breve distanza. E non è neppure vero che "la vittima" stava "litigando" con i suoi assassini, come affermano fonti ufficiali.

Davanti "all'evidente violazione dei diritti umani da parte delle autorità nello svolgimento delle indagini preliminari del crimine", la Rete ha rilevato irregolarità sulla base del racconto dei fatti e le prove che permettono di risalire "facilmente" all'identificazione degli assassini.

Secondo la moglie, Julia Gómez Encino, José López Santiz è uscito alle 7 di sera con i figli di 11 e 8 anni "per andare alla milpa perchè un animale se la stava mangiandola". Intorno alle 22 la signora ha sentito le grida del figlio maggiore che chiedeva aiuto perché stavano uccidendo il padre. Per impedire che gli assassini fuggissero, la signora ha sgonfiato una delle gomme dell'auto Toyota con targa CX03420 di proprietà di Baltasar Alonso Utrilla.

Le dichiarazioni del ragazzino sono "provate", afferma la Rete: "Ho visto quando mio papà è stato colpito dal un colpo; ho visto chi era; non ho riconosciuto l'altro, ma solo quello che ha sparato a mio papà, don Balta". "Hanno sparato due volte a mio papà quando siamo scappati perché volevano uccidere anche noi". Il ragazzo dichiara inoltre che quando hanno ritrovato il corpo del padre, non si trovava esattamente nel luogo in cui si sono svolti i fatti, ma era nascosto nella vegetazione. Secondo gli abitanti si è trattato di "un'imboscata".

Nel loro rapporto, i membri della Rete riportano le irregolarità commesse dagli elementi della Pubblica Sicurezza che "hanno rimosso il cadavere senza la presenza del Pubblico Ministero né del medico legale, portando il corpo al municipio senza l'autorizzazione dei famigliari che si aspettavano regolari rilevamenti". Secondo la versione degli abitanti di Altamirano, i poliziotti "avevano già una tomba pronta per il corpo".

(...)

Questa mattina ad Altamirano regnava la tensione. Il municipio è chiuso e la mobilitazione della polizia è notevole. Il gruppo dei trasportatori mostra segni di grande nervosismo. Diversi mezzi di comunicazione statali si sono scagliati contro "la violenza zapatista", senza parlare dell'omicidio di José López Santiz e del fiume di irregolarità e di aggressioni commesse dall'amministrazione priista, fornendo versioni vaghe e approssimative.

Il quotidiano Cuarto Poder oggi riportava: "Furia zapatista ad Altamirano" e rilevava che Humberto Castellanos Gómez e Benjamín Montoya Oceguera, i due che stavano con l'assassino, "appartengono alla direzione municipale del PRD". Le organizzazioni indigene perrediste della regione si sono dissociate dal crimine e dichiarano di nutrire rispetto per i "loro fratelli zapatisti". La radio ufficiale insiste nel riferire che "gli impiegati municipali" erano prigionieri degli autonomi, mentre gli zapatisti dichiaravano che queste persone erano state fermate con l'accusa di omicidio e complicità nell'omicidio di José López Santiz.

Gli indigeni del Municipio Autonomo 17 de Noviembre, dichiara la Rete, continuano a non ottenere giustizia nonostante i responsabili dell'omicidio siano stati "identificati senza alcun dubbio". Hanno chiesto alla Procura di Giustizia "l'arresto immediato dei colpevoli per evitare che di fronte alla mancanza di giustizia il conflitto provochi altri atti violenti".


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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