La Jornada 7 aprile 2002

IN STATO D'ASSEDIO

Carlos Montemayor

Il risultato più significativo ottenuto dall'alleanza del presidente George W. Bush con l'Europa ed i paesi centroasiatici, con l'intermediazione del primo ministro britannico, per l'invasione dell'Afganistan, è stato l'avanzamento militare degli Stati Uniti in Asia centrale, nelle repubbliche che rientravano nell'orbita della ex Unione Sovietica. Questo non è il risultato della responsabilità di Al Qaeda e di Osama Bin Laden negli attacchi dell'11 settembre del 2001, ma è la decisione politica di presentare al mondo una guerra nuova, diversa, che sotto il concetto di lotta al terrorismo, definisse spazi, paesi, governi, dirigenti e movimenti sociali che avrebbero il diritto di esistere o che potrebbero meritare la guerra della potenza di turno. Questo riordino politico e militare non è neppure una proposta per la soluzione e né il miglioramento delle condizioni sociali dei popoli che vivono nelle zone identificate come covi del male, ma è la ricomposizione militare conforme agli interessi del governo di Bush.

Il terrorismo oggi si è trasformato, per definizione di Stato e di esercito, in un potere internazionale diffuso che contiene alcuni rischi dell'antico e preferito nemico statunitense: il comunismo internazionale. Come il vecchio comunismo, il terrorismo è definito anche come forza del male in grado di agire in qualsiasi momento e luogo contro l'integrità occidentale e la democrazia. Cioè, dopo l'11 settembre, gli Stati Uniti sono riusciti a creare il succedaneo del loro precedente nemico, anche se lo hanno trovato nei loro precedenti alleati nella lotta contro il comunismo (come avviene nelle migliori famiglie mafiose).

In questa lotta, il governo del presidente Bush è riuscito a realizzare uno strumento più potente del vecchio Mc Carthy degli anni '50: non più un maccartismo all'interno degli Stati Uniti, ma un maccartismo internazionale. Questo, con il proposito di precludere qualsiasi possibilità di comprensione di alcuni processi sociali molto complessi in diverse zone del mondo. Ora, la resistenza guerrigliera in qualche continente può essere declassata a terrorismo, disconoscendo la responsabilità sociale di governi corrotti e dittatoriali. Le invasioni future, militari od economiche nei paesi asiatici, africani o latinoamericani, saranno, come nei tempi migliori della guerra fredda, la lotta contro il nemico "terrorista" a favore della libertà e della democrazia. Proprio come durante la guerra fredda ma, adesso, con un solo protagonista che stabilisce le condizioni ed inventa la filiazione del nemico. Questi sono i benefici immediati degli attacchi dell'11 settembre.

In questo contesto, la resistenza palestinese di fronte all'avanzata dell'occupazione e alla repressione del regime di Ariel Sharon, assume un significato importante. Primo, perché l'occupazione israeliana dei territori palestinesi non viene riconosciuta come un atto di occupazione, repressione e sottomissione di popoli impoveriti, ma come la lotta contro il nemico "terrorista". Secondo, come ha spiegato Noam Chomsky nel suo saggio "Le prospettive del processo di pace", e come ha commentato in Israele Michael Warshawski, perché il progetto di espansione e di occupazione dei territori di Gaza e Cisgiordania, che avanza e si sta concretizzando in questi giorni, è cominciato nel 1967, ha assunto una forma definita nel 1971 e si è consolidato con la guerra del 1973. Da allora, gli Stati Uniti hanno appoggiato incondizionatamente Israele.

Certo, anche la famiglia reale dell'Arabia Saudita. Ma, poi, alla fine degli anni '70, hanno appoggiato anche i mujaedin di Afganistan e Pakistan. In altre parole, gli Stati Uniti sono una vecchia conoscenza dei conflitti armati e di occupazione in Medio Oriente e nell'Asia Centrale. Entrambe sono state le strade studiate per avere accesso sicuro al controllo di vasti territori abitati da musulmani. In questo contesto, l'appoggio incondizionato alle politiche israeliane di occupazione non è inaspettato.

D'altra parte, prima della sua ascesa al potere, Ariel Sharon contava su un piano di occupazione violenta della Palestina predisposto dal generale Meier Dagan, noto come il Piano Dagan. Questo progetto prevedeva, all'inizio del 2001, di screditare ed isolare progressivamente Yasser Arafat sia nei territori palestinesi che a livello internazionale, allo scopo di facilitare due obiettivi essenziali: reprimere la intifada e negoziare la pace separatamente con leader locali palestinesi, i cui territori sarebbero stati organizzati come cantoni sullo stile dei "bantustanes" del apartheid in Sudafrica. Quello a cui stiamo assistendo ora a Gaza e in Cisgiordania, è l'avanzamento di una guerra prevista e meditata da lunghi anni.

Il governo di Ariel Sharon, in questo momento gode dell'appoggio incondizionato degli Stati Uniti in termini militari, economici e politici, perché l'appropriazione israeliana di Gaza e Cisgiordania e il consolidamento dell'espansione territoriale e militare, servono in particolare a Washington per definire una nuova correlazione di posizioni militari in Oriente. Il recente posizionamento degli Stati Uniti in Asia Centrale ed il controllo degli idrocarburi in Afganistan, stanno modificando il rapporto di forze in quelle aree. Gli Stati Uniti, ora, possiedono un'influenza militare ed economica enorme in Asia Centrale. Ma questa forza sarà maggiore con l'espansione militare di Israele.

Cioè, non si tratta di due guerre, ma di una stessa guerra. In Asia centrale una fase viene condotta dagli Stati Uniti, i suoi alleati e la Unocal. L'altra fase della guerra statunitense in Medio Oriente, la sta portando avanti Israele. Nei due casi, il discorso è lo stesso: lottano contro il "terrorismo". Le tenaglie cominciano a chiudersi intorno agli immensi territori islamici che da un lato vedono la Giordania e la Siria, e dall'altro l'Iran. Un attacco decisivo all'Iraq basterebbe a modificare irreversibilmente il mondo arabo.

Il mondo (non solo quello musulmano) è quindi assediato. Gli attentati dell'11 settembre sono stati magnifici per mettere il modo intero sotto diffida. Il nuovo maccartismo ed il nuovo nemico onnipresente ed antidemocratico, sono molto utili per il paese che si propone di avere, per molto tempo, il potere egemonico sul mondo. Abbiamo la sfortuna di essere testimoni del nuovo impero che non vuole sentire né vedere la realtà dei suoi popoli, che brandisce il suo potere dietro i carri armati e i bombardamenti.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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