Lettera aperta al Presidente Vicente Fox

Parigi, 7 marzo 2002

Signor Presidente.

È arrivato per lei il momento, signor Presidente, di pronunciarsi sul rapporto di forza che oppone il mondo di oggi al mondo del domani. Sebbene Il silenzio degli indigeni del Chiapas significhi che loro non credono alle sue dichiarazioni di pace, ancora una volta mi rivolgo a lei, confidando nella parte di umanità che può esistere in ogni persona.

Immagino che segua con curiosità, se non con attenzione, i progressi nella costruzione di un altro mondo possibile definito nel Forum Sociale mondiale, svoltosi all'inizio di febbraio del 2002. Il motto di ognuno è "Agire localmente, pensare globalmente".

Un anno fa ci siamo incontrati nella sua residenza di Los Pinos. Un anno fa, la marcia zapatista per la dignità indigena faceva il suo ingresso trionfale a Città del Messico e raccoglieva circa 200 mila persone nello Zocalo. Lei si era impegnato con la società messicana e con me, a realizzare un vero cambiamento nel governo e, in particolare, riguardo al conflitto armato. Si discuteva di onorare la firma degli accordi di San Andrés, che riconoscevano i diritti degli indigeni, per creare in questo modo le condizioni adeguate per una pace giusta e degna.

Da allora ci siamo resi conto che la volontà del governo non si realizzava, perché le truppe militari si sono nuovamente installate negli accampamenti situati nella zona di conflitto, sono stati stabiliti posti di "osservazione", non sono stati liberati tutti i prigionieri zapatisti e che la legge approvata in materia indigena è contraria a quanto espresso negli Accordi di San Andrés.

Questa riforma non prende in considerazione quanto espresso dai popoli indios, ragione per cui non garantisce la pace in Chiapas e nelle regioni indigene.

Questa riforma non è stata sottoposta alla consultazione dei popoli indios. Questo costituisce una violazione del Trattato 169 della OIT.

Il processo di discussione di questa riforma, non si è svolto nei termini previsti dalla Costituzione.

Quindi, i legislatori hanno violato le regole costituzionali e dello stato di diritto.

Questa è l'occasione per lei di pronunciarsi politicamente e di farci sapere dove colloca l'interesse generale.

In Messico, l'ispirazione potrebbe provenire dalla sua Camera dei Deputati, dove 168 di loro propongono di rivedere la votazione della Legge Bartlett-Cevallos-Ortega.

A nostro parere, questo è un passaggio democratico: i rappresentanti del popolo propongono al Potere Esecutivo, di redigere una legge in conformità con le aspirazioni dei loro elettori.

È giunto il momento per lei di dire chiaramente se la pace a cui aspira è dettata dalla necessità di portare a compimento il Piano Puebla Panama, seguendo la strada economica e politica tracciata dall'OMC, dalla Banca Mondiale, con interventi di politica di riordino strutturale, e delle grandi multinazionali. Oppure se questa pace ha qualche possibilità di essere realizzata sotto il suo governo, attraverso l'interscambio e la partecipazione dei popoli indios che vivono in quelle zone, nella gestione del territorio che loro compete.

Secondo me questo potrebbe essere un tentativo fra i tanti di cercare una soluzione che porti ad uno Stato-Nazione che riconosca il carattere multiculturale e multietnico del Messico.

Questa esperienza sarebbe un arricchimento per il resto del pianeta.

"Abbiamo inventato quello che non esiste in natura: la crudeltà, la tortura, il disprezzo", scriveva François Mitterrand; "per un'applicazione perversa della ragione, abbiamo diviso l'umanità in categorie inconciliabili, i ricchi ed i poveri, i padroni e gli schiavi, i potenti e i deboli, i saggi e gli ignoranti".

L'applicazione solidale della ragione, potrebbe cambiare quello che qualche istinto maligno ha prodotto?

La prego, signor Presidente, di credere nella mia preoccupazione nella partecipazione della costruzione di un mondo pacifico.

Danielle Mitterand

Presidente della Fondazione France-Libertés


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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