La Jornada 5/2/02

Porto Alegre e il neoliberismo

Luis Hernández Navarro

Gli attentati dell'11 settembre hanno debilitato e trattenuto i movimenti che si oppongono alla globalizzazione neoliberale. L'ondata di patriottismo, che ha sconvolto gli Stati Uniti, ha arrestato la radicalizzazione politica dei lavoratori, così come pure il movimento sindacale di quel paese, ed ha spostato le forze progressiste sulla difensiva. Le mobilitazioni europee per fermare la guerra hanno spostato l'asse delle proteste del "popolo di Seattle" dalla critica alla mondializzazione all'esigenza di pace.

Stimolato dalla crisi argentina, il secondo incontro di Porto Alegre ha messo fine a questa situazione. È stato un momento chiave perché i vari gruppi che lo compongono mettessero fine alla loro dispersione, si riorganizzassero e riposizionassero politicamente. Il Foro Sociale Mondiale (FSM) ha disputato alla cumbre dei potenti di Davos-New York l'autorità nel proporre visioni del futuro e ha messo in questione la legittimità di questa nuova versione del pensiero unico e del potere costituente di fatto: la guerra contro il terrorismo.

In Porto Alegre si sono incontrati la vecchia sinistra ed i nuovi movimenti popolari. Anche se i partiti politici non hanno potuto partecipare al forum, sì lo hanno fatto i loro militanti in qualità di parlamentari, dirigenti sociali o conferenzieri. Salvo i componenti del PT brasiliano - una delle forze chiave dentro al forum - e, in minor misura, Rifondazione Comunista d'Italia, il profilo che ha avuto l'incontro è stato quello dal basso. Il protagonismo della nuova convergenza non passa per quelle file. È interessante notare anche la scarsa presenza di militanti del PRD messicano.

A differenza della radicata tradizione presente nelle sinistre internazionali, che assoggetta gli incontri internazionali all'iscrizione ad una forza politica o agli interessi di qualche paese, il FSM non dipende ideologicamente da nessuna nazione o da nessun partito. È una convergenza totalmente indipendente e autonoma. Questioni come la natura del regime cubano sono state completamente trascurate.

Nel FSM hanno convissuto con successo ampi movimenti sociali che combinano la lotta rivendicativa con le trasformazioni politiche radicali come Via Campesina, la CONAIE dell'Ecuador e i Sem Tierra, e ONG di piccolo taglio, però con la capacità per captare risorse economiche, di articolare interessi ed offrire servizi professionali. La relazione tra gli uni e gli altri è di solito difficile perché si disputano gli stessi spazi, però nel forum hanno instaurato un dialogo fruttifero.

Hanno concordato nel FSM coloro che promuovono meccanismi d'azione basati sulla centralizzazione politica e cercano prendere il potere e coloro che preferiscono costruire reti decentrate e cambiare il mondo. Si sono riuniti quelli che privilegiano l'intervento politico negli spazi istituzionali con quelli che lavorano da fuori. Hanno discusso quelli che rivendicano il primato della democrazia rappresentativa con quelli che scommettono per la democrazia di base. Hanno dialogato quelli che si presumono avanguardie politiche del processo e coloro che vedono se stessi come 'facilitatori' dell'azione popolare.

In Porto Alegre hanno trovato un punto di convergenza la lotta contro il neoliberismo e quella che è a favore della pace. L'esigenza di cancellare il debito estero, che è stata la chiave della sinistra latinoamericana a metà degli anni ottanta e che è rivissuta auspicata dalla Chiesa cattolica durante la campagna del Giubileo 2000, è stata solo una fra le varie problematiche trattate nel forum. In cambio, questioni come l'Area di Libero Scambio delle Americhe (ALCA) sono diventate assi di mobilitazione di massa tra i delegati del continente americano. Il prossimo settembre si effettuerà una mobilitazione che partirà dal Messico per arrivare alla Terra del Fuoco.

Nonostante che in vari tavoli si sia analizzata la natura del sistema mondiale realmente esistente (imperialismo o imperio) e che questioni come la situazione ed il futuro dello stato-nazione abbiano avuto grande importanza per i movimenti di fronte alla globalizzazione, nel dibattito non ci sono state ripercussioni ed i contenuti sono stati molto simili a quelli di un seminario accademico. Il ritardo delle forze politiche nell'analisi di questa problematica e nella loro nostalgia verso i vecchi concetti è risultato evidente.

Come è successo l'anno scorso, Porto Alegre si concluderà senza manifesti, dichiarazioni finali o documenti di sintesi, però questo non implica che tutto sarà uguale a com'era prima. Le 27 conferenze centrali porteranno a delle conclusioni ed i suoi partecipanti auspicheranno iniziative e piani d'azione. La dinamica di decentramento organizzativo che regola la vita del FSM non si traduce in paralisi, ma al contrario, stimola l'espressione delle iniziative dal basso.

In Porto Alegre il socialismo si è azzardato a pronunciare di nuovo il suo nome senza vergogna né camuffamenti. La rinascita della lotta d'emancipazione che è iniziata nel gennaio del 1994 ha acquisito qui una nuova dimensione.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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