da La Jornada del 1° aprile 2002

APPRENSIONE NELLA SELVA LACANDONA PER LA VIOLENZA DEI PARAMILITARI E LE MINACCE DI SGOMBERO

HERMANN BELLINGHAUSEN - inviato

San Cristóbal de Las Casas, 31 marzo - Il nord della Selva Lacandona è diventato "territorio minato" a causa delle provocazioni dei paramilitari di Taniperla e Palestina e la violenza di Paz y Justicia a Roberto Barrios e per le minacce di sgombero nei Montes Azules. Tutto questo in una zona fortemente militarizzata.

Il consiglio municipale di Ricardo Flores Magón ha diffuso un rapporto completo delle comunità a rischio di sgombero, ricollocamento o colpite, all'interno del territorio autonomo.

Quasi la metà delle 110 comunità che costituiscono uno dei municipi ribelli più estesi, si trovano in una situazione critica.

In primo luogo, Laguna el Paraíso, Laguna Suspiro, Nuevo San Pedro, Seis de Octubre, Nuevo Guadalupe Tepeyac e Nueva Cintalapa, potrebbero essere sgomberate completamente dalla riserva della biosfera a breve.

Verrebbero compromessi i diritti ejidali (nelle strutture ed ampliamenti) a causa della riserva, sia in comunità zapatiste come in altre aderenti all'Aric Independiente, come in altre priiste: San Antonio Escobar, Plan de Ayutla, Chamizal, La Culebra, Cintalapa, Limonar, Santa Rita, Taniperla, El Jardín, Villa las Rosas e Zapotal.

Inoltre, sarebbero colpiti nei loro diritti ejidali dalla cosiddetta "zona lacandona" gli abitati di Lacanjá Tzeltal, Santo Domingo, Arroyo Granizo, Plan de Guadalupe e Niños Héroes.

Altre comunità sarebbero mutilate direttamente dalla "zona di ammortamento": Monte Líbano, Santa Elena, Censo, Taniperla, Manuel Velasco Suárez, San Jerónimo, Agua Azul, Emiliano Zapata, Perla de Acapulco, El Zapotal, San Caralampio, San José, Calvario, Nuevo Monte Líbano, Guadalupe San Luis, Sibal, San Francisco, Infiernillo, Zaragoza e Lacandón.

Si aggiungono a queste le comunità colpite dalla "zona di protezione forestale" sul fiume Tulijá: San Jerónimo Tulijá, Ranchería Paraíso Tulijá, Ranchería San Isidro, Ranchería San Felipe, Ranchería San Pedro, Ranchería San Marcos, Río Jordán, San Juan e Jol Tulijá.

Omicidio a Roberto Barrios

La Rete degli Avvocati Comunitari per i Diritti Umani della zona di Salto de Agua-Palenque, ha denunciato la scomparsa di una persona priista nell'ejido di Roberto Barrios. La moglie dello scomparso, Virginia Méndez Gómez, si era recata dall'agente municipale ufficiale per comunicare che il marito, José Alirio Miranda Chávez, di nazionalità hondureña ma stabilitosi nell'ejido, "era uscito per andare a pescare il 1° marzo con Gustavo Méndez Balcázar e non aveva più fatto ritorno a casa". La signora sospettava che il marito fosse stato ucciso perché la persona che lo aveva invitato a pescare, aveva avuto un diverbio con lui e lo incolpava di aver rubato in casa di Simón Díaz Oleta il quale, il 24 febbraio, aveva accusato Miranda Chávez di avergli rubato un televisore, una radio, un fucile e degli abiti. Il 29 scorso è stato ritrovato il cadavere di Miranda Chávez dentro una fossa nelle vicinanze della comunità e del fiume.

Osservatori civili e difensori dei diritti umani hanno denunciato, in una lettera indirizzata a La Jornada, che diversi agenti del Pubblico Ministero sono entrati prepotentemente nella comunità con automezzi con targa di Campeche, ed uno di questi non portava alcuna targa, "per indagare sui fatti". Trattando la popolazione come se tutti fossero sospettati, gli agenti del PM hanno obbligato gli indigeni a riesumare il cadavere, senza attrezzature né personale adeguati, in pessime condizioni igieniche. Il cadavere era mutilato e con la sua canna da pesca accanto. Gli agenti hanno poi dichiarato che il risultato dell'analisi necroscopica sarebbe stato pronto in 72 ore. Secondo testimonianze raccolte nel municipio autonomo El Trabajo, alle 10 di sera del 2 marzo, Diaz Oleta si era presentato a casa dello scomparso, armato di fucile e machete e minacciando di morte la sua famiglia; non trovandolo si recò a casa di Cristóbal Méndez Pérez (suocero dello scomparso) per minacciarlo con il fucile. Le autorità autonome (che avevano denunciato la scomparsa ed il possibile omicidio) incolpano del crimine Carmen Cruz Balcázar, Tomás Cruz Balcázar, Humberto Balcázar Mendoza, Mariano Pérez López, Asisclo Pérez Gómez e Rubén Pérez De Mesa.

Attraverso la rete, il consiglio autonomo chiede che si prosciolgano le basi d'appoggio zapatiste da qualsiasi responsabilità per la scomparsa di José Alirio.

La rete dei difensori sollecita l'intervento delle autorità federali, statali e municipali. Gli osservatori civili, a loro volta, denunciano anomalie nelle indagini ministeriali e temono che "le autorità non agiscano correttamente".

Le basi d'appoggio dell'EZLN chiedono un'indagine approfondita sulla sparizione di Miranda Chávez così come dei crimini commessi a Roberto Barrios per i quali non si sono mai svolte indagini: la morte di Rafael Gómez Pérez e le aggressioni del 12 marzo del 1997; l'omicidio di Trinidad Cruz Pérez, il 14 marzo del 1998 e la morte di una bambina di 2 anni avvenuta il 24 maggio 1998 a causa di un incendio doloso.

Un'altra morte senza soluzione (anche se gli assassini sono stati identificati) è quella di José Tila, ucciso dopo aver testimoniato di fronte alla Prima Commissione Internazionale di Osservazione sulla violenza dei militari e dei priisti nella regione.

Il consiglio autonomo ha reso noto un comunicato in cui si dichiara: "Respingiamo qualsiasi responsabilità nella scomparsa e morte di questa persona; noi zapatisti lavoriamo per la costruzione dell'autonomia indigena ed in questo processo è molto importante il rispetto dei diritti umani. Quindi, dichiariamo di non aver alcuna responsabilità in questi fatti e non vogliamo che ci coinvolgano in fatti come la semina di sostanze stupefacenti e né con altri crimini".


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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