La Jornada del 26 ottobre 2000
Sono risorti nel 1994 e, ad oggi, ne sono stati identificati 17 in tutto il paese
Meglio preparati i gruppi armati attuali
Sono provvisti d'equipaggiamento ed armamento sofisticati e
cercano di avere maggiore presenza nella società.
Un ex guerrigliero dice che la povertà e la chiusura di spazi politici
sono i motivi della loro ricomparsa.
José Gil Olmos/IV � Dal 1994, i gruppi guerriglieri sono di nuovo comparsi sulla scena politica e in accordo a rapporti ufficiosi ne sono stati identificati più di 17 in metà degli stati del paese. Anche se gli ex combattenti avvertono molte differenze tra i gruppi armati di prima e quelli d'oggi, sostengono che la guerriglia ha una storia che continua durante questi 35 anni in tutto il territorio nazionale.
Secondo alcuni ex combattenti, a differenza di coloro che operavano nella decade degli anni '70, i gruppi attuali sono più ampi, con un programma di lotta a lungo termine e meglio preparati politicamente e militarmente.
Osservano inoltre che se negli anni '60 e '70 molti di questi gruppi erano urbani e contadini, di piccola o media entità, sembra che negli anni '90 siano più grandi e soprattutto d'origine rurale.
Si sono anche presentati come "eserciti" con comandi e truppe preparati, con slogan ed inni, con un'ampia base sociale in regioni contadine ed indigene, equipaggiati con armi d'alto calibro ed apparecchiature di comunicazione moderne.
Risaltano inoltre le differenze tra i loro proclami poiché, se in principio si pronunciavano per il comunismo ed il socialismo, e rifiutavano qualsiasi implicazione elettorale, con l'etichetta di "riformismo borghese", ora dichiarano che la loro lotta è contro il neoliberismo e la globalizzazione, per il cambiamento democratico, per una nuova Costituzione, insieme alla società civile e per mezzo di qualunque via, incluso quella elettorale attraverso pure alcuni partiti o raggruppamenti politici.
Si rendono conto, inoltre, che ora esistono altre condizioni sociali importanti, come ad esempio: commissioni e gruppi per i diritti umani, il lavoro di gruppi civili; c'è un'apertura ai mezzi d'informazione e c'è un trattamento politico diverso delle notizie sulle guerriglie; così pure è un dato nuovo importante la presenza di gruppi internazionali e lo sviluppo degli strumenti di comunicazione.
Tuttavia, evitano di parlare degli effetti sociali negativi prodotti dalla guerriglia degli anni '70, come alcuni assalti di banche dove ci furono dei morti, come quello che eseguirono Leopoldo Angulo Luken (alias Melchor) e Diego Lucero (alias Toño), insieme ad altri tre "espropriatori" del cosiddetto nucleo centrale, il 3 febbraio 1974 al Banco de Comercio in via Baja California. In questa rapina o "esproprio" Melchor uccise il poliziotto che non obbedì all'ordine di mani in alto. "Melchor era serio e preoccupato per la sorte del poliziotto e Toño cercava di giustificarlo: 'era la sua vita contro la nostra', gli diceva, 'se avesse obbedito non gli sarebbe successo niente' continuava a dirgli", ci dice José Luis Alonso Vargas, nel suo libro inedito Los guerrilleros mexicalenses, dove racconta vari assalti realizzati dal nucleo centrale per procurarsi risorse per la guerriglia urbana e in seguito per quella rurale di Lucio Cabañas.
La miseria nella campagna
La ricomparsa della guerriglia nella decade degli anni '90, soprattutto nelle zone rurali, è spiegata da Felipe Edgardo Canseco, ex attivista nella propaganda del PROCUP-PDLP, dalla persistenza della povertà e dalla chiusura di spazi politici.
Evidenzia il fatto che se la decade degli anni '80 era marcata da un "silenzio sospettoso" perché apparentemente si era ceduto all'impatto dei movimenti armati, questo stesso lasso di tempo è quello durante il quale questi si raggruppano nella clandestinità, soprattutto nello scorso decennio, quando si sentono di più gli effetti del liberismo e della globalizzazione economica in ampi settori del paese.
"Proprio nei sessenni scorsi si sono avuti 40 milioni di messicani poveri. Se non riconoscessimo queste condizioni e la chiusura di spazi politici in molte regioni del paese, non ci spiegheremmo l'insurrezione degli zapatisti nel 1994. Si è mantenuta una politica di repressione sorda, quella che gli specialisti definiscono come guerra di bassa intensità, con 600 morti del PRD".
Mario Ramírez Salas, ex compagno di Lucio Cabañas ed attuale collaboratore del governo federale in programmi sociali, avverte che quando gli ex guerriglieri lasciarono le armi negli anni '70 non pensarono mai che sarebbero riapparsi i gruppi armati, anche se molta gente diceva: "Risorgeranno!".
"Pensai che un'esperienza che si esaurisce in termini ideologici e politici, difficilmente si riproduce, ma è successo qualcosa che l'ha fatta rivivere. Credo che non tutti siamo cambiati in questo periodo e, anche se nella clandestinità, si sono recuperati relazioni e contatti.
Inoltre la miseria e la povertà in alcune comunità hanno aiutato il suo risorgimento. L'EZLN lo dimostra. Credo che in Chiapas si ricollegarono i sopravvissuti degli anni '70, quelli del gruppo di Monterrey; mentre quelli dell'EPR si formarono da coloro che proseguirono nel PROCUP-PDLP".
Salvador Castañeda, anch'egli scrittore di racconti sulla guerriglia ed ex dirigente del Movimiento de Acción Revolucionaria - uno dei 60 guerriglieri messicani che hanno ricevuto preparazione militare in Corea negli anni '70 - sostiene: "C'è qualcuno che dice che non esiste ragione storica per l'esistenza dei gruppi armati, che è obsoleto pensare alla guerriglia, ma lo dicono dalle città. Chi sta in montagna, i contadini dimenticati, che non hanno accesso a niente e continuano ad essere ridotti alla fame, non dicono la stessa cosa".
Secondo loro, una delle evoluzioni della guerriglia in queste tre decadi e mezzo è che i movimenti armati attuali non hanno fretta di agire, non interessa loro entrare in azione subito e apparentemente non fanno nulla: "agiscono però molto in termini d'organizzazione, di adattamento, nell'accumulo di risorse e fusioni".
"Credo che sia un'importante assimilazione nel loro pensiero che tutte le lotte sono valide, perché prima dicevamo che o era attraverso la guerriglia, altrimenti niente: provavamo avversione nei confronti dei gruppi civili aperti. Ora si può pensare in un fronte ampio di forze, non più nel settarismo. Per quanto si può vedere, credo che abbiano fatto una buona assimilazione delle esperienze, non sono più ansiosi di sparare colpi: io credo che stiano creando le condizioni materiali per entrare in azione o in ogni caso per contare su una maggior presenza nella società".
I gruppi armati più recenti
Dal '94, compaiono nuovi gruppi, essenzialmente nelle zone rurali del paese: l'EZLN, il 1� gennaio del '94 in Chiapas, con un proclama su rivendicazioni basiche: "lavoro, terra, tetto, alimentazione, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace".
Il 18 maggio, sempre nel 1994, si è costituito l'EPR - secondo il suo organo di diffusione El Insurgente - e il primo maggio del 1996 nasce il Partido Democratico Popular Revolucionario (PDPR), che comprende 14 raggruppamenti: i comandi armati Francisco Villa, Morelos, Genaro Vazquez e Vicente Guerrero; le brigate Obrera de Autodefensa, Obrera 18 de Marzo e Campesina de Ajusticiamiento; le cellule comuniste, l'Organizacion Revolucionaria Armada del Pueblo, il PROCUP-PDLP e l'Unión de Comandos Revolucionarios.
I loro proclami di lotta sono: per un nuovo governo, per una nuova Costituzione, per la costruzione della repubblica democratica popolare e per il riordinamento economico.
Con la decisione dei loro principali dirigenti di disintegrare l'EPR-PDPR, si forma l'Ejército Revolucionario del Pueblo Insurgente (ERPI) l'8 gennaio del '98 e, secondo alcune interpretazioni, i suoi membri raggruppano le loro antiche organizzazioni.
Prima, nel gennaio del '97, compaiono in Guerrero l'Ejército Justiciero del Pueblo Indefenso (EJPI) ed il Frente Armado para la Liberación de los Pueblos Marginados de Guerrero (FALPMG), con comunicati nei quali, il primo, annuncia atti di "giustizia" contro "autorità ladre, assassine e corrotte", e il secondo sostiene che lotteranno contro "la politica caciquil dei governi statale e municipale, impopolari ed imposti".
L'anno scorso sono sorti l'Ejército Villista Revolucionario Popular (EVRP) ed il Comando Justiciero 28 de Junio (in memoria dei contadini morti il 28 giugno del '95, ad Aguas Blancas). Mentre l'8 aprile del 2000 è apparso il più recente di questi gruppi: le Fuerzas Armadas Revolucionarias del Pueblo (FARP), a Xochimilco.
Quest'ultimo gruppo si è definito come "parte della risposta popolare contro il neoliberismo che pretende di consegnare tutto il potere alle corporazioni transnazionali" e si è pronunciato per quattro punti: un nuovo governo provvisorio democratico-popolare, una nuova Costituzione, la costruzione della repubblica democratico-popolare e sovrana ed un nuovo modello e riordinamento economico.
Carlos Montemayor avverte che abbiamo l'abitudine di pensare che i movimenti armati siano l'inizio o l'origine dell'instabilità o della violenza sociali, ma in realtà sono la fase finale di un lungo processo di deterioramento sociale che evidenzia i problemi reali: fame, emarginazione, analfabetismo e disoccupazione.
"Pertanto, i movimenti armati sono una manifestazione finale di questo processo e si propongono non di dar voce alla violenza sociale, bensì il contrario, di sospenderla".
A conclusione afferma: "C'è una parte del paese che indubbiamente ha raggiunto uno sviluppo politico fondamentale. Facendo un inventario dell'alternanza dei partiti politici nei poteri municipali, statali e federali, dobbiamo arrivare alla conclusione evidente che ci sono profondi cambiamenti in Messico, ma non comprendiamo ancora il mondo indigeno, dove persiste un'arretratezza uguale a 30 o 40 anni fa. Il giorno in cui la trasformazione sociale arrivi a modificare in modo più giusto queste regioni, spariranno i movimenti armati".
(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico - Brescia)
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